Sanremo 2024: Perché non è stata invitata Paola Cortellesi?

La 74°esima edizione del Festival di Sanremo si è appena conclusa, tra vincitori e vinti. Perché non è stato trovato spazio per omaggiare Paola Cortellesi e il successo del suo film? Nell’articolo l’approfondimento a riguardo.
L'esclusione di Paola Cortellesi sul palco dell'Ariston durante le serate del Festival di Sanremo

Articolo pubblicato il 11 Febbraio 2024 da Giovanni Urgnani

Tra il 10 e l’11 febbraio si è conclusa la settantaquattresima edizione del Festival di Sanremo, ufficialmente l’ultima condotta da Amadeus; una conclusione coi fuochi d’artificio, dato che ogni record pare essere stato infranto: dall’affluenza al televoto, l’ascolto della playlist generali, fino ovviamente alle percentuali di share, in grado di raggiungere livelli paragonabili solamente agli ascolti della nazionale italiana di calcio durante le finali di Europei o Mondiali. Un trionfo riconosciuto praticamente all’unanimità, senza macchia, o in questo caso, senza stonature, se non una leggerissima parentesi legata a John Travolta (qui trovate l’approfondimento a riguardo) oscurata velocemente già dalla sera successiva. A bocce ferme, qualcuno però potrebbe notare un’assenza pesante, un’esclusione che a pensarci risulta quasi clamorosa, destinata però con alta probabilità a non causare il minimo rumore.

Sanremo 2024, perché Paola Cortellesi non è stata invitata?

Il 28 gennaio 2024 Jannik Sinner ha compiuto l’impresa straordinaria di conquistare la vittoria ai centododicesimi Australian Open, il primo italiano nella storia a raggiungere questo traguardo. Non sono dovuti passare molti giorni per osservare quanto lo stesso Amadeus si sia prodigato in prima persona (giustamente) per invitare il fuoriclasse altoatesino sul palco dell’Ariston per celebrare la conquista del Grande Slam. Con lo stesso entusiasmo e la stessa energia si sarebbe dovuto omaggiare e festeggiare un’altrettanta stupefacente, quanto impronosticabile, impresa, questa volta non sportiva, ma cinematografica, riguardante l’anno appena trascorso.

Il 2023 infatti, è stato senza il minimo dubbio l’anno di C’è ancora domani (qui trovate la recensione), prima opera da regista per Paola Cortellesi, diventata ben più di un film di successo, ma un vero e proprio fenomeno di massa, infrangendo record su record, non limitandosi a cucirsi addosso il primo posto nella classifica dei maggiori incassi nel territorio italiano dell’annata sopracitata. Un evento a dir poco epocale se si pensa a quali cattive acque nuota il cinema nostrano, non riuscendo quasi mai a catturare l’attenzione del suo pubblico; aggiungendo poi come tale risultato sia stato ottenuto da una donna esordiente dietro la macchina da presa. Per quale motivo allora non si è trovato spazio tra le cinque serate del Festival per invitare la fautrice di questo successo? Cosa è mancato?

La risposta potrebbe benissimo racchiudersi in una sola parola: l’interesse; l’arte cinematografica in Italia non conta nulla, i vari traguardi che in essa possono essere raggiunti, non sono ritenuti degni di attenzione o di riconoscimento, la cosiddetta “ultima ruota del carro”. Seguendo un ragionamento ipotetico, verrebbe anche da chiedersi se la stessa indifferenza si sarebbe mostrata qualora il lungometraggio in questione fosse stato diretto da un regista uomo, magari con “pedigree” più altisonante, un possibile Gianni Amelio, Pupi Avati, Marco Bellocchio, Nanni Moretti etc. Oppure si potrebbe pensare che la RAI abbia voluto evitare l’imbarazzo di riconoscere i meriti ad altre maestranza che a differenza sua hanno creduto nel progetto, rischiando di cadere in una situazione sgradevole e di difetto a casa propria, dovendo magari ammettere implicitamente l’errore.

Aldilà di qualsiasi altra ipotesi si possa elaborare, il fatto certo resta quello di aver perso un’enorme occasione: in primis di riconoscere i sacrosanti meriti ad un’artista; in secundis la possibilità di rinvigorire, se non addirittura di rivitalizzare l’intero movimento cinematografico nazionale, attualmente lasciato nella condizione di un morto che parla.