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Recensione – Castelrotto: il primo film scritto e diretto da Damiano Giacomelli

Una favola nera, scissa tra dramma e commedia, che sfugge dalle etichette di genere per raccontare la realtà di periferia e l’universo interiore al suo disilluso protagonista.
La recensione del film di Damiano Giacomelli Castelrotto

Presentato in anteprima al 41° Torino Film Festival, Castelrotto è il primo film scritto e diretto dal regista marchigiano Damiano Giacomelli, per un’opera che si addentra in una piccola comunità per raccontare l’incontro-scontro generazionale, contando un cast corale dove si eleva Giorgio Colangeli nel ruolo dell’irruento protagonista.

Castelrotto, la recensione: la trama del primo film di Damiano Giacomelli

L’opera prima del regista si ambienta nella località appenninica marchigiana e vede al centro della storia il burbero personaggio di Ottone Piersanti. Questo vive nel piccolo paesino di Castelrotto, dove è conosciuto da tutti e si guadagna dagli abitanti l’appellativo di “maestro” per via del suo passato da insegnante nelle scuole elementari. Con gli acciacchi della vecchiaia che sicuramente non aiutano, Ottone deve fare i conti con un evento di qualche anno fa che non gli ha solo procurato un grande trauma, ma lo ha spinto ad isolarsi sempre di più dalla comunità e dalla propria famiglia. Questo accadimento ha fatto poi accrescere la sua antipatia verso una famiglia di venditori proveniente dalla Calabria, con Ottone ad essere il solo ad essere convinto che questa sia coinvolto nell’accaduto, anche grazie al suo lavoro.

Oltre ad essere un ex insegnante, il “maestro” è infatti anche un ex cronista che per decenni ha documentato i piccoli fattarelli che impegnavano la zona, da sempre effettivamente emarginata dalla storia e dove a regnare è sempre stata una certa tranquillità. Tuttavia, un giorno la pacata esistenza del borgo di Castelrotto viene infatti scardinata a causa della scomparsa di Rambaldi, un venditore ambulante e concorrente della famiglia dei “calabresi”. La polizia inizia ad indagare sul caso e viene chiesto proprio ad Ottone di contribuire alle delicate indagini, sebbene il “maestro” non abbia dubbi su chi possa essere il colpevole ed è pronto a tutto per poterlo dimostrare.

Castelrotto, la recensione: un storia di vendetta per Giacomelli che all’esordio non tradisce la sua terra

Inaugurando la recensione del film Castelrotto urge sottolineare come questo sia un tipico esempio di visione che sfugge dalle classiche etichette di genere cinematografico. L’opera d’esordio del regista e sceneggiatore Damiano Giacomelli si mostra ora come drammatico ora come commedia, sfruttando le indagini del crime ed arrivando a toccare le corde (più stilistiche che narrative) del noir e del western. Il punto di congiunzione è quello di una favola nera, drammatica e divertente, che ha 2 grandi protagonisti volti a raccontare un incontro-scontro generazionale.

Il primo dei protagonisti è il suo disilluso eroe Ottone, un moderno Don Chisciotte alieno al mondo di oggi e che vive la piazza del borgo come un’estensione del proprio nido di dolore e rimpianti. “Andarci vicino conta solo a bocce” è un vecchio detto che maledice infatti il personaggio interpretato con grande dedizione da Giorgio Colangeli (La cena, C’è ancora domani), il quale punta il focus sull’importanza di raggiungere l’obiettivo e con il resto che perde inevitabilmente valore. In un film dove la narrazione prende pieghe investigative l’obiettivo non può dunque non essere il ricostruire la verità storica dei fatti accaduti, con Ottone che da sempre rincorre lo stesso fine nel scoprire quella stessa verità circa il traumatico evento che lo colpì anni fa. Ma la parola “verità” è a dir poco eterea oggigiorno nell’era dei social, dove le fake news sono sempre in agguato pronte a colpire ignari lettori ed ascoltatori, soprattutto se quelle notizie provengono dalle malelingue dei vicoli di un borgo estraneo al mondo.

Prima di addentrarsi nell’analisi di merito, così come le bocce impattano sul campo da gioco così la sceneggiatura incastra nel film senza genere un incontro e scontro generazionale, dove il vecchio cronista Ottone si relazione con la giovane giornalista Mina, dove le forze di polizia della grande città devono collaborare con l’autorità di periferia, dove il il rigore linguistico si traduce nel dialetto locale, dove la carta della “mitragliatrice” deve tenere conto di quella immateriale online. Sotto questo specifico aspetto Castelrotto pone sì l’accento sul cambiamento del tempo e della trasformazione culturale, ma senza affondare però definitivamente il colpo e lasciando il tema alquanto in sospeso.

A funzionare con maggiori risultati è invece lo sviluppo dell’intreccio narrativo, tanto nello stile quanto nelle dinamiche riscontrate. Sfruttando il ritmo sostenuto, dal giusto bilanciamento dei suoi tempi espositivi, la frizzante sceneggiatura riesce innanzitutto a saper divertire senza togliere forza al lato drammatico ed emotivo delle vicende narrate, ma riuscendo anche a giocare con lo spettatore. Quest’ultimo è infatti chiamato non solo a mettere insieme i pezzi del puzzle dell’indagine principale del film, ma anche a ricostruire il passato dello stesso Ottone, concentrandosi su quale evento possa aver cambiato drasticamente la sua vita e il rapporto con il resto della comunità. La rivelazione è sentita e “realistica”, senza inutili spettacolarizzazioni che potessero tradire quella semplicità che dà forza al film, il quale riesce comunque a rivelare anche non pochi colpi di scena, risultato pronosticabile quando si manipola quella parola tagliante che è “verità”.

Passando poi agli elementi più prettamente tecnici e sottolineando l’importanza nel film del vigoroso sonoro (che convince soprattutto nel riempire le solitarie mura di un assordante silenzio), la regia di Giacomelli è accogliente nella ripresa quasi completamente camera a mano, tendendo ad attaccarsi al suo imprevedibile protagonista che da solo reggerebbe sulle sue spalle l’intera visione. Quest’ultimo, tuttavia, non è l’unica voce della comunità di Castelrotto, che vive infatti per la coralità dei suoi abitanti e dunque anche del suo cast.

Il regista temporeggia nelle case e nei locali di questa gente, entrando nella vita di una comunità dove ogni voce (soprattutto le malelingue) vale molto, dove ognuno ha un ruolo nel microsistema della realtà periferica. In questa si presentano molti personaggi che vanno dalla Mina di Denise Tantucci (Tre piani, Un medico in famiglia) all’Agnese di Antonella Attili (Nuovo Cinema Paradiso, Prima del tramonto), passando per il sergente Martini di Andrea Caimmi e il personaggio che, nel “silenzio”, risulta alla fine fondamentale per l’economia del film, ovvero quello di Giorgio Montanini. Vero è che questi nomi, dall’importante passato cinematografico e televisivo, acquistano nella visione di Castelrotto il peso espositivo (narrativo ed in termini di minutaggio) delle altre e numerose comparse che per necessità movimentano lo stesso film. Ma ci sarebbe, tuttavia, da fare un plauso alla prova di Mirco Abbruzzetti che, come il regista, non fa sentire il peso del proprio debutto per un’importante produzione cinematografica, presentando un personaggio divertente e divertito che ben si relazione al carattere di quello di Ottone, interpretato da un granitico Giorgio Colangeli.

Il secondo protagonista alla quale si accennava è poi la zona appenninica marchigiana, le sue colline e i suoi borghi. Sfruttando infatti una scenografia funzionale al narrato, la bella fotografia tende a mostrare spesso una vera e propria cartolina della zona, con l’esaltazione della scena rurale attraverso la campagna e le umili abitazioni. In questo modo il racconto si pregna di autenticità e diventa convincente, con Giacomelli che al suo esordio risalta non tradendo la propria terra.

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La locandina del film di Damiano Giacomelli Castelrotto
Castelrotto
Castelrotto

Il film è l'opera d'esordio di Damiano Giacomelli che, attraverso una storia di vendetta e sullo scontro generazionale, racconta la sua terra.

Voto del redattore:

7.5 / 10

Data di rilascio:

10/02/2024

Regia:

Damiano Giacomelli

Cast:

Giorgio Colangeli, Mirco Abbruzzetti, Denise Tantucci, Antonella Attili, Andrea Caimmi, Giorgio Montanini

Genere:

commedia, drammatico, thriller

PRO

Pregevole capacità di bilanciamento del dramma e della commedia
Importante comparto tecnico, specialmente nel sonoro
Granitica prova del protagonista Giorgio Colangeli
Il tema generazionale avrebbe meritato una maggior rigorosità
Le sequenze oniriche vengono apprezzate più per il concetto che per la mera realizzazione
Il resto del cast, salvo eccezioni, non riesce ad incidere