Articolo pubblicato il 16 Marzo 2024 da Giovanni Urgnani
Ispirato a fatti realmente accaduti, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 5 gennaio 2024, mentre in quelle italiane il 14 marzo dello stesso anno. ma qual è il risultato di Race for Glory – Audi vs Lancia? Di seguito la trama ufficiale e la recensione del film di Stefano Mordini.
La trama di Race for Glory – Audi vs Lancia, film di Stefano Mordini
Di seguito la trama ufficiale di Race for Glory – Audi vs Lancia, diretto da Stefano Mordini:
“1983. Cesare Fiorio, direttore sportivo della Lancia, vuole vincere il campionato del mondo di rally, ma la tedesca Audi è dotata di un comparto finanziario e industriale superiore, e soprattutto ha dotato le sue nuove macchine da corsa di quattro ruote motrici, rendendole imbattibili. La risposta di Fiorio sarà creare la Lancia 037, un modello molto leggero con un motore centrale potente e due ruote motrici che, in mano al pilota giusto, potranno competere con l’Audi sull’asfalto (ma non sul suolo sterrato o innevato).”

La recensione di Race for Glory – Audi vs Lancia, con Riccardo Scamarcio e Daniel Brühl
Quando si tira in ballo la rivalità sportiva tra Italia e Germania, il pensiero si sposta immediatamente sul calcio: numerosi sono gli incroci rimasti indelebili nella memoria dei tifosi, dal “4-3” della semifinale mondiale di Messico 1970, la vittoria del 1982 in finale o ancora nel 2006, sempre nella medesima competizione. Il duello raccontato dal film in questione invece, riguarda non solo un altro sport, ma una categoria specifica: il rally; un tassello che si aggiunge ad altre proposte cinematografiche con protagonista il mondo dei motori, in particolare delle “quattro ruote”, ancora una volta trasponendo vicende realmente accadute, con le dovute e fisiologiche licenze narrative del caso.
Operazione commerciale costruita seguendo pedissequamente ogni cliché di genere possibile, dalla struttura alla caratterizzazione dei personaggi, cercando in tutti i modi di presentare allo spettatore un’atmosfera familiare, non concedendosi alcun rischio creativo né il minimo tentativo di uscire dai binari del biopic sportivo. Per una pellicola come questa, da non sbagliare sono le sequenze di corsa: sul determinato fronte si possono fare i complimenti alla regia e al montaggio, capaci di renderle comprensibili, con i giusti stacchi e le giuste inquadrature, dando nettamente più spazio alla gara finale; il budget a disposizione non è paragonabile a quello delle grandi Majors hollywoodiane, infatti il collage con le immagini di repertorio servono a compensare, ma si nota l’impegno e la ricerca della qualità nel rendere il dinamismo e la frenesia tipica dell’ambiente, impresa difficile poiché la categoria rally non si svolge all’interno di un circuito apposito.
Il risultato viene portato a casa in maniera dignitosa, ottenendo un esito accettabile e godibile, di fatto l’obiettivo fin dall’inizio prefissato. Sul fronte dei personaggi non bisogna assolutamente aspettarsi qualcosa di approfondito a proposito della caratterizzazione, se non qualcosa di abbastanza interessante dal protagonista. Il Cesare Fiorio di Scamarcio, pienamente coinvolto nel progetto anche come produttore, è il classico uomo ossessionato dal rendimento ma soprattutto non in grado mai di staccare la testa dal proprio lavoro, influenzando il suo modo di rapportarsi con le altre persone, ai suoi occhi pedine da muovere per raggiungere un preciso fine, senza che ciò significhi cattiveria, ma semplicemente denota una mentalità rigida, quasi autodistruttiva.
Le note più dolenti si riscontrano nella rappresentazione degli avversari: un romanzamento della rivalità fin troppo banale, se non addirittura stucchevole, con tanto di tono arrogante e altezzoso da parte degli antagonisti; le, per fortuna non troppo lunghe, sequenze di confronto dialogico tra i due direttori sportivi rallentano il ritmo, dimostrandosi i momenti più noiosi dell’intero lungometraggio. Data la scelta di raccontare la vicenda da una singola prospettiva, tanto valeva rimuovere completamente le parti sopracitate, concentrandosi esclusivamente sul duello in strada, suggerendo solamente di sfuggita le suddette figure avversarie. Mettendo quindi sui piatti della bilancia ogni fattore, positivo e negativo, ne consegue un complessivo discreto livello generale, per nulla scontato quando si tratta di cinema industriale, sposando in pieno lo stile dell’“usa e getta”.