Articolo pubblicato il 17 Marzo 2024 da Arianna Casaburi
Iconico per i suoi film in cui l’horror si mescola sempre al fantastico, al folklore o al soprannaturale, Robert Eggers è un regista che si avvale delle immagini piuttosto che delle parole per far emergere il contenuto dei suoi progetti. Un esempio è il film horror fantastico The Lighthouse del 2019, ambientato alla fine dell’800, in cui le scene della lenta discesa nella follia dei due protagonisti guardiani del faro dell’isola sperduta, interpretati da Robert Pattinson e Willem Dafoe, si alternano con momenti dedicati a puri riferimenti della letteratura e dell’arte. Di seguito tutte le citazioni letterarie e artistiche presenti nel film The Lighthouse di Robert Eggers.
Le citazioni letterarie in The Lighthouse, film di Robert Eggers
Parlando di citazioni letterarie, la prima da cui si potrebbe partire e che sorge spontanea è quella che deriva dal titolo stesso del film. The Lighthouse infatti rimanda subito al romanzo To the Lighthouse (Gita al faro) della scrittrice inglese modernista Virginia Woolf,non tanto per la trama o il genere, ma piuttosto per la medesima volontà di affidare un simbolismo al faro, oggetto centrale delle due opere, ma con una connotazione differente. Di fatto se nel libro della Woolf il faro incarna un punto di riferimento, metafora della figura materna di Mrs. Ramsay, nel film di Eggers si erge a microluogo claustrofobico di pazzia in cui i due protagonisti si ritrovano costretti a vivere senza via di uscita perdendo così il lume della ragione.
Parlando di follia, è impossibile non vedere un’analogia tra Thomas e Ephraim e quella di cui cade vittima Kurtz, il protagonista del romanzo Cuore di tenebra (1899) di Joseph Conrad, che sparge il sangue dei colonizzati per pura sete di potere. Il racconto narrato in The Lighthouse, così come quello di Cuore di tenebra, è una vera metafora della discesa agli Inferi dei suoi protagonisti, relegati in luoghi non solo dimenticati dall’uomo ma anche ai confini del mondo e per questo soggetti alla dominazione del male in tutte le sue forme. Allo stesso modo in cui Kurtz vede i colonizzati non come uomini, ma come fonte di profitto, così anche Thomas sfrutta Ephraim per il lavoro duro da condurre al faro, portandolo alla spossatezza fisica e mentale. Il tormento che Ephraim subisce con effetti sovrannaturali riflette quello provato dal narratore de La ballata del vecchio marinaio (1798) di Samuel T. Coleridge e de Il corvo di Edgar Allan Poe.

Da quest’ultimo testo, la scena in cui Ephraim viene perseguitato dal beccare di un gabbiano sul suo davanzale finché non gli spara sembra essere ripresa dal passaggio che apre il racconto di Poe in cui un corvo batte con il suo becco alla finestra del narratore. L’uccisione di un uccello è anche al cuore de La ballata del vecchio marinaio, in cui il narratore è colpevole di aver colpito un albatros che fino a quel momento li stava guidando in mare, e in seguito per espiare la sua colpa è costretto a raccontare la sua storia a chiunque incontri. Thomas riferisce a Ephraim che fare del male a un gabbiano può causare cattiva sorte, poiché sono questi uccelli a detenere le anime dei marinai che si perdono tra le acque. Un’altra opera di evidente ispirazione nel film è Moby Dick di Herman Melville, nel modo in cui Thomas sembra avere sembianze molto analoghe al capitano Achab per la sua barba bianca, la sua pipa e in quanto zoppo da una gamba. A confermare questa interpretazione è Ephraim stesso che appella il suo compagno Thomas come una parodia di Achab.
Per la lingua arcaica parlata dai due personaggi Thomas e Ephraim, una sorta di mix ibrido di dialetti del New England, Robert Eggers ha rivelato di essersi ispirato a quella usata da Sarah Orne Jewett nelle sue prose e poesie. Originaria del Maine, la scrittrice era solita ricorrere a regionalismi all’interno dei suoi testi, per rappresentare il ritmo e la cadenza della lingua parlata. In particolare, la tecnica della cesura e delle pause da interpunzioni impiegate nelle sue poesie è servita per il dialetto e l’accento colloquiali del personaggio di Thomas interpretato da Willem Dafoe. Nello specifico, due opere di Jewett come Strangers and Wayfarers (Stranieri e viandanti) e Tales of New England (Racconti del New England), entrambe del 1890, sono state essenziali per le testimonianze di marinai e capitani locali in modo da adattare lo stile di vita e il modo di parlare dei personaggi. Come ultime citazioni letterarie va menzionata l’influenza del racconto Il richiamo di Cthulhu del maestro dell’orrore H. P. Lovecraft nella scena in cui Ephraim possiede sessualmente prima una sirena e poi una creatura tentacolare e squamosa simile alla descrizione del mostro viscido del racconto.
Le citazioni artistiche in The Lighthouse, film di Robert Eggers
Al di là della scelta di usare una pellicola in 4:3 che permette di trasmettere allo spettatore la sensazione di isolamento e follia di cui i due protagonisti fanno esperienza, e il bianco e nero per dare l’impressione di essere catapultati nell’epoca in cui è ambientato il racconto, nel suo The Lighthouse Robert Eggers costruisce l’estetica della fotografia del film grazie a un immaginario che affonda le sue radici a vari riferimenti di alcune opere d’arte. Prima di passare alle vere e proprie citazioni artistiche, occorre menzionare anche alcune ispirazioni che hanno contribuito alla creazione dei personaggi e dell’ambientazione come per esempio il ritratto del postino Joseph Roulin dipinto da Van Gogh nel 1888 che ricorda molto Thomas, o Il faro di Two Lights di Cape Elisabeth di Edward Hopper (1929) per la scenografia.


Per quanto riguarda le citazioni artisiche esplicite vi è quella quella di Hypnosis (1904) del pittore e scultore tedesco Sascha Schneider, rappresentante del simbolismo e della bellezza dei corpi, nella sequenza onirica in cui Thomas è nudo in piedi di fronte a Ephraim, che emana un fascio di luce dai suoi occhi e che catapulta lo spettatore in una dimensione parallela tra follia e soprannaturale.

Infine, nella sequenza finale vediamo il personaggio di Ephraim sdraiato a terra nudo, mentre alcuni gabbiani gli divorano l‘intestino e gli occhi, come nel dipinto St. Vincent (of Saragossa) del pittore e incisore francese Théodule-Augustin Ribot (1864). Qui, Ephraim sembra richiamare la figura centrale del mito greco di Euripide di Prometeo e dell’adattamento di Percy Bysshe Shelley nel poema Prometeo liberato (1820), il titano che ruba il fuoco sacro dal Monte Olimpo. Zeus, per punirlo, lo incatena a una roccia e per tutta la vita un’aquila gli mangerà il fegato e gli occhi, e, poiché immortale, Prometeo sarà costretto ogni giorno a rivivere la medesima pena, così come Ephraim nella conclusione del film.
