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I migliori film sul rapporto genitori-figli

Che vi siano figli, madri o padri come protagonisti, seguono i migliori film sul rapporto genitori-figli: ma quali sono?
Di seguito i migliori film sul rapporto genitori-figli, in ordine cronologico in base alla loro data di uscita nei rispettivi paesi di produzione

Il cinema si fa carico di esplorare alcuni aspetti della vita che sarebbero difficili da trattare altrimenti. Uno fra questi è rappresentato dal rapporto delicato tra genitori-figli, molto spesso scelto come tema centrale da alcuni registi per dar vita ai loro film. Che si tratti di madri, padri, figlie o figli letterali o figurati, le combinazioni sono molteplici: quali sono i migliori film sul rapporto genitori-figli?

Quali sono i migliori film sul rapporto genitori-figli?

Prima di riportare la lista dei migliori film sul rapporto genitori-figli, occorre premettere che la scelta dei titoli è basata puramente su criteri soggettivi, ma è basata su quei film in cui la tematica del rapporto genitori-figli costituisce il tema centrale e che dimostrano di svilupparlo in modo approfodito e senza mai scadere nel melodrammatico o nel banale. Per queste ragioni, sono rimasti esclusi dalla seguente lista quei film in cui il motivo del rapporto genitori-figli rimane in realtà superficiale o di fondo alla struttura narrativa. Di seguito i migliori film sul rapporto genitori-figli, in ordine cronologico in base al loro anno di uscita nei rispettivi paesi di produzione.

Viaggio a Tokyo (1953) di Yasujirō Ozu

Definito come un classico intramontabile del maestro giapponese Yasujirō Ozu, Viaggio a Tokyo è uno straordinario ritratto senza tempo delle dinamiche tra genitori e figli e del rapporto ambivalente di amore e dolore che a volte può nascere da esse. Nel film una coppia di genitori, Shukishi e sua moglie Tomi, partono per un lungo viaggio in treno dal paesino in cui abitano, Onomichi vicino a Hiroshima, per andare a trovare i loro due figli a Tokyo. Al loro arrivo però, i due genitori si ritrovano sballottati ospiti prima presso la casa del figlio Koichi e poi presso quella della figlia Shige. Troppo indaffarati e disturbati dalla loro presenza che sembra non essere affatto gradita, i due genitori trovano finalmente una calda accoglienza presso l’umile dimora di Noriko, la moglie vedova del loro terzo figlio morto in guerra. Nel film Ozu riesce in modo sublime a dimostrare come le mancanze nei rapporti di sangue genitori-figli possano essere tranquillamente sostituibili in presenza di sentimenti e intenti puri, senza secondi fini. Così facendo i genitori trovano una nuova figlia in Noriko, e quest’ultima a sua volta una famiglia con cui poter condividere il dolore.

I 400 colpi (1959) di François Truffaut

Figlioccio del regista della Nouvelle Vague François Truffaut, l’attore Jean-Pierre Léaud ha sempre dimostrato un’estrema fedeltà per la sua storica collaborazione con il regista fin dal suo esordio nel film I 400 colpi, primo capitolo della parabola del personaggio Antoine Doinel. Il film racconta la storia rocambolesca delle mille peripezie di un bambino, circondato da adulti incoscienti, in primis i suoi genitori che non sanno come contenere il figlio dal combinarne di tutti i colori, da cui il titolo del film. Nonostante la tenera età, Antoine presenta un atteggiamento molto sfrontato e arrogante, per cui si ritrova nei guai anche con la giustizia, per cui verrà portato in un riformatorio. I 400 colpi è la storia di un bambino che si trova costretto a crescersi da solo, per colpa dell’assenza o della presenza apparente e troppo apprensiva dei suoi genitori, e che, film dopo film vediamo evolversi incredibilmente fino all’età adulta.

Moving (1993) di Shinji Sōmai

Nel film Moving del regista giapponese Shinji Sōmai, Renko è una bambina ribelle ma introversa che vive in un mondo tutto suo, a cui viene chiesto di crescere troppo in fretta rispetto alla sua tenera età. La narrazione è filtrata in prima persona dalla bambina che dichiara di raccontare la storia dettagliata degli eventi strani che accadono alla sua famiglia, gli Urushibara. Renko vive da sola con sua madre con cui ha un rapporto conflittuale, causando continuamente problemi e facendola preoccupare per il suo comportamento sfuggente. Separata dalla figura del padre, che vede occasionalmente ma con cui trascorre gli unici momenti spensierati e di gioia, a Renko viene chiesto di spostarsi e ad adattarsi ripetutamente, non solo per il trasloco, ma anche metaforicamente per poter andare avanti nella vita e realizzare il suo rito di passaggio verso la vita adulta.

I Tenenbaum (2001) di Wes Anderson

Wes Anderson è conosciuto per esplorare nei suoi film i rapporti disfunzionali famigliari, di cui molto spesso i suoi protagonisti sono vittime indifese e che subiranno per il resto della loro vita anche da adulti. Un esempio lampante e sfaccettato è il film I Tenenbaum, un racconto corale dell’eponima famiglia del titolo. Dopo essere stati sposati per anni e avuto tre figli brillanti, Royal e Etheline Tenenbaum si sono separati causando sofferenza, fallimento e senso di depressione nella vita dei loro figli ora adulti. Nel film, la famiglia si ritrova riunita al completo ritrovandosi così costretta a ripercorrere e ad affrontare gli errori del passato, portando i due genitori a riconoscere la responsabilità delle loro azioni per lo stato di disperazione in cui si trovano ora i loro figli.


Prova a prendermi (2002) di Steven Spielberg

Con un giovanissimo Leonardo DiCaprio nei panni del protagonista, in Prova a prendermi il regista Steven Spielberg racconta la vera storia di Frank Abagnale Jr., un giovane che prima di compiere 19 anni si ritrova ad assumere varie identità false e a svolgere professioni illegalmente, riuscendo a sfuggire all’agente FBI – interpretato da Tom Hanks – che vive da solo lontano dalla sua bambina, fino a che non viene colto di sorpresa e incastrato. Nel film vediamo come il giovane Frank abbia imparato l’arte della truffa e dell’imbroglio dalla figura del padre, il quale a sua volta ha causato ingenti debiti e problemi alla famiglia, con cui condivide il medesimo nome di battesimo. Sempre pronto a proteggere suo figlio, e nonostante l’implicito amore provato da Frank Abagnale Sr. per lui, il rapporto padre-figlio tra i due si rivela essere disfunzionale sotto molti aspetti e viene sostituito con il legame di fiducia che si instaura lentamente tra criminale e agente.

Big Fish (2003) di Tim Burton

Come può un film solo raccontare la storia di una vita, anzi addirittura la vita in sé? In Big Fish Tim Burton ci riesce meravigliosamente, catturandoci e immergendoci in un mondo in cui realtà e pura immaginazione si mescolano fino a non distinguerle più, lasciandoci a bocca aperta. Big Fish è la storia di Edward Bloom, un uomo che, arrivato alla fine della sua vita, si ritrova a dover confermare la veridicità dei suoi racconti fantastici al figlio ormai adulto William. Per questo motivo, per William la figura del padre è stata sempre avvolta in un alone di mistero e da cui si è sentito molto distante, risultando in un rapporto padre-figlio molto freddo. Ora che sa che manca poco tempo prima di perderlo per sempre, William è disposto ad ascoltare i racconti del padre per ricostruire la sua vita e così anche i loro ricordi trascorsi insieme.

The Tree of Life (2011) di Terrence Malick

Dalla nascita, ai primi passi, fino alla crescita e all’età adulta, in The Tree of Life il regista Terrence Malick racconta che cosa significa essere un bambino nato in una famiglia del Texas degli anni ’50 composta da due genitori che sono completamente l’uno l’opposto dell’altra. Jack, che è il figlio maggiore, viene cresciuto infatti da un padre autoritario, interpretato da Brad Pitt, che vorrebbe insegnargli l’aggressività, e una madre affettuosa e amorevole, interpretata da Jessica Chastain, che comprende il timore del figlio nei confronti della figura paterna. Ora che è un adulto, Jack – interpretato da Sean Penn – risente degli effetti derivati da un’infanzia scissa in due e si ritrova a riflettere su domande esistenziali quali il significato della sua vita e in generale di quella di tutti gli esseri umani.

È stata la mano di Dio (2021) di Paolo Sorrentino

In È stata la mano di Dio, il regista premio Oscar Paolo Sorrentino si mette sì dietro la camera, ma decide allo stesso tempo di svelare una parte di sé e della sua vita affidandola al protagonista del film, il giovane Fabietto. Ambientato nella sua cara Napoli degli anni ’80, il film traccia il racconto di formazione di un ragazzo che vorrebbe diventare un regista, appassionato di calcio, ma soprattutto della leggenda della sua squadra del cuore, Maradona. Fabietto vive la sua giovinezza in modo spensierato, in compagnia dei suoi genitori che rappresentano per lui l’incarnazione dell’amore vero, fino a quando una tragedia colpisce la sua famiglia. Il mondo da qual momento crolla, e con esso i suoi sogni sembrano infrangersi, ma Fabietto riesce a sopravvivere al dolore proprio grazie a tutto ciò che gli è stato insegnato dai suoi genitori.

The Fabelmans (2022) di Steven Spielberg

Altra pellicola in cui un regista si ritrova a fare i conti con la propria storia tracciando un personale racconto di formazione, The Fabelmans è un film in cui Steven Spielberg si ispira liberamente ai ricordi della sua infanzia, dal colpo di fulmine per il cinema e dai suoi primi esordi dietro la macchina da presa, fino ad arrivare a quelli più tragici che vedono coinvolti la sua famiglia. Cresciuto da genitori amorevoli, che lo hanno fin da sempre sostenuto nelle sue passioni, Sammy è dapprima un bambino e poi un giovane adolescente felice, fino a che si ritrova ad assistere alla malattia mentale della madre. Sammy, non riuscendo inizialmente ad accettare di vedere i suoi genitori separarsi, si rifugerà in quello che per lui ha fin da sempre costituito il suo posto felice: il cinema e fare film, i due luoghi sicuri in cui ricordo di infanzia dei due genitori ancora uniti e insieme può essere proiettato all’infinito come in una sala cinematografica.

Leila e i suoi fratelli (2022) di Saeed Roustaee

Normalmente, quando si parla di un rapporto genitori-figli viene da sé pensare che siano i primi a doversi occupare e prendere cura degli altri, in modo da assicurare loro una corretta crescita fino ad accompagnarli nell’età adulta da cui poi cammineranno in modo autonomo. Nel film Leila e i suoi fratelli del regista iraniano Saeed Roustaee non è così. Capeggiata da un padre irresponsabile, capriccioso e che pensa solo alle sue ambizioni e da una madre succube e ingenua, la famiglia protagonista del film si trova in grave crisi economica poiché composta da cinque figli, tra cui Leila e i suoi quattro fratelli: uomini infantili, pigri e disoccupati che si fanno mantenere. L’unica ad avere un lavoro stabile è proprio Leila, la quale, agendo alle spalle e contro la volontà del padre, riesce a escogitare un piano per tirare fuori la sua famiglia dai debiti.

Aftersun (2022) di Charlotte Wells

Racconto autobiografico di una vacanza estiva, in Aftersun la regista Charlotte Wells immortala i suoi ricordi luminosi e felici di infanzia trascorsi insieme al suo giovanissimo padre, interpretato da Paul Mescal, che vanno a mescolarsi con un presente nostalgico e buio causato dalla mancanza della figura paterna. Il film è una pura rappresentazione del rapporto padre-figlia che supera le difficoltà della separazione dei due genitori implicita alla storia, affrontata con una tenerezza e una delicatezza disarmanti. Aftersun è un film che prima ti spezza il cuore, ma subito dopo è lì pronto ad aiutarti a ricomporre i suoi mille pezzi, lasciandoti con un messaggio finale di speranza: per quanto lontane, le persone care potranno essere ritrovate sempre in una stanza del cuore.

Bonus: Million Dollar Baby (2004) di Clint Eastwood

Talvolta un legame stretto come quello fra genitori e figli può nascere e instaurarsi anche lì dove non c’è un’effettiva parentela. Questo è il caso del film Million Dollar Baby in cui Clint Eastwood, non solo alla regia ma anche nel ruolo del protagonista maschile, veste i panni di Frankie Dunne un allenatore di pugilato chiuso in se stesso dopo che sua figlia lo ha allontanato dalla sua vita. Quando Maggie Fitzgerald, una giovane ragazza ricca di ambizioni e di forza di volontà alle prime armi con la boxe, gli chiede di essere allenata da lui, inizialmente Frankie rifiuta affermando di non allenare donne, nascondendo invece che teme di non essere pronto a farlo perché gli ricorda molto sua figlia. Dopo ostinate insistenze, Frankie cede e inizia ad allenare Maggie fino a farla diventare una delle migliori e talentuose boxeur donna. Tuttavia, per Frankie lo scontro più difficile sul ring della sua vita non è sconfiggere il proprio rivale, ma al contrario è quello di restare indifesi e non reagire opponendosi alla paura di soffrire, ma ricostruire lentamente quel rapporto metaforico padre-figlia.