Articolo pubblicato il 27 Marzo 2024 da Andrea Boggione
Dopo la grande popolarità ottenuta dal suo primo film “Io Prima di Te” (2016), la cineasta inglese Thea Sharrock (“L’Unico e Insuperabile Ivan”, 2020 e “Cattiverie a Domicilio”, 2023) torna dietro la macchina da presa per dirigere “The Beautiful Game”, film targato Netflix e prossimamente in uscita sulla famosa piattaforma streaming, il racconto di una squadra nazionale di calcio composta da persone senzatetto che partecipa alla Homeless World Cup: una manifestazione internazionale sportiva alla quale possono partecipare squadre composte dai cosiddetti senzatetto che si svolge, anno dopo anno, in diverse città del mondo. Di seguito la trama più nel dettaglio e la recensione del film Netflix con protagonisti Michael Ward e Bill Nighy. .
La trama di “The Beautiful Game” di Thea Sharrock
Vinny, interpretato da Michael Ward, è un giovane talento inespresso che finisce per mandare a rotoli la propria carriera nel mondo nel calcio e la propria vita. Il ragazzo è costretto a vivere da tempo in macchina, vedendo saltuariamente la figlia affidata alla madre ed ex-compagna, mentre tenta invano di lavorare e rimettersi in sesto. Un giorno, però, per puro caso incontra un uomo che gli propone di entrare a far parte della sua bizzarra squadra. Si tratta di Coach Mal (Bill Nighy), un famoso ex allenatore che ora riveste il ruolo di selezionatore della nazionale inglese di persone senzatetto. Mal è convinto che con il talento di Vinny ci sia una possibilità concreta di aggiudicarsi la Homeless World Cup, la quale si terrà a Roma. Questa sarebbe una vittoria sia per lo storico mister, ma, sopratutto, una grande occasione di rivalsa per i componenti della squadra, anche per lo stesso Vinny che, però, inizialmente non pare molto entusiasta, convinto che possa rivelarsi la sua ennesima scelta sbagliata.

La recensione del film Netflix “The Beautiful Game”
Sulla falsariga dei precedenti lavori della Sharrock, la cineasta inglese pone l’attenzione ancora una volta su un piano umano e racconta una storia liberamente ispirata alla reale Homeless World Cup, una vera e propria competizione calcistica riconosciuta a livello mondiale che offre una cosiddetta seconda possibilità a quelle persone che, per un motivo o per l’altro, si è ritrovata senza una casa ed un lavoro e finisce per vivere per strada. Una manifestazione che punta sulla sensibilizzazione e sulla condivisione di valori che vanno oltre lo sport. Un gran numero di ottime premesse che vengono assolutamente rispettate nella realtà, ma che sfortunatamente non vengono approfondite lungo la pellicola.
Se la storia, basandosi su del materiale in parte realmente accaduto, affronta tematiche importanti, il resto del film finisce per risultare estremamente scontato e banale, senza riuscire a cogliere la vera essenza dei valori di questa competizione sportiva. Una serie di stereotipi e scelte poco originali finiscono per rendere poco coinvolgenti le quasi due ore di durata, tranne per alcuni brevi e piccoli momenti dove, però, quasi forzatamente il pubblico viene convinto a provare una leggere commozione. Una scelta che tenta di colpire l’umanità dello spettatore, ma finisce per non esserci nient’altro. In una povertà di natura tecnica che si limita ad inquadrare pedissequamente i luoghi e le ambientazioni in cui gravitano i personaggi, la regia non si sbilancia e anche i momenti o quelle sequenze che avrebbero dovuto essere più d’impatto non ottengono il risultato sperato.
Nel panorama cinematografico, più di una volta, il pubblico si è trovato di fronte a prodotti di simile fattura, alternando spesso visioni più gratificanti a vistosi copia e incolla di non altrettanta pregevole fattura. “The Beautiful Game” rientra in quel gran numero di film che tentano invano di confezionare quella classica storia strappalacrime che punta a quella fetta di spettatori più occasionali. Un pubblico che si appresta meno frequentemente alla visione, ma che comunque condivide quello stesso desiderio di trovarsi di fronte ad un’opera d’intrattenimento coinvolgente ed il più delle volte anche a lieto fine.
Il film diretto da Thea Sharrock risulta, però, imperfetto fin dalla struttura: ogni avvenimento avviene in maniera schematica, ma più di una volta dialoghi, inquadrature e scelte di regia finiscono per ribaltare il punto di vista e spesso molti elementi del racconto pare siano sconnessi tra loro. Le note più positive restano i due protagonisti: da un lato Bill Nighy, un attore di lunga data che dimostra la sua intramontabile stoffa anche in una pellicola considerabile minore della sua immensa filmografia, mentre dall’altro Michael Ward, un giovane in rampa di lancio fresco vincitore lo scorso anno del BAFTA alla miglior stella emergente. Fanno parte del resto del cast anche Susan Wokoma, Callum Scott Howells, Kit Young, Tom Vaughan-Lawlor, Cristina Rodlo e Valeria Golino.

Una storia tra sport e solidarietà
Insomma, “The Beautiful Game” resta una storia che mescola sport ed un messaggio di solidarietà di fondo dall’animo scontato e pressoché banale, nonostante un finale che riesce quantomeno a restituire una piccola vetrina per una manifestazione di grandissimo valore sportivo ed umano. Questo, però, non basta ed il film finisce per risultare un susseguirsi di scelte sbagliate, proprio come quelle che finiscono per intraprendere i vari protagonisti, prima di trovarsi di fronte a loro stessi e rimettersi nuovamente in gioco. La pellicola resta un breve viaggio, inizialmente intrigante, che tenta di proporre sullo schermo un’insieme di storie originale, ma purtroppo all’interno di un grande calderone dove al suo interno retorica e stereotipi la fanno da padrone.
“The Beautiful Game” sarà disponibile dal 29 marzo 2024 su Netflix e, nonostante i tanti difetti, resta un’occasione unica di scoprire questa solidale e bellissima competizione sportiva mondiale. Nel suo riprendere i luoghi più conosciuti della capitale italiana, dove si svolge gran parte della storia, il film funge da vera e propria cartolina per la Homeless World Cup, ma è evidente che non basta il giusto spirito e delle ottime intenzioni per realizzare un buon film che non punti solo sulla lacrima facile. Dietro quello che viene raccontato c’è molto di più, solo che per una scelta alla base del progetto non viene mai affrontato sul serio, limitandosi a confezionare un favola dalla poca sostanza, a differenza del profondo quanto emozionante messaggio di fondo.