Synecdoche, New York: la spiegazione del finale del film di Charlie Kaufman

Synecdoche, New York è un film del 2008 che segna il debutto come regista di Charlie Kaufman e che presenta un epilogo complesso: qual è la spiegazione del finale?
Di seguito la spiegazione del finale del film Synecdoche, New York di Charlie Kaufman

Articolo pubblicato il 9 Maggio 2024 da Arianna Casaburi

Pochi sono i registi che oggi possono vantare un debutto strabiliante allo stesso livello di Charlie Kaufman con il film che segna il suo esordio alla regia Synecdoche, New York del 2008. Conosciuto soprattutto per aver scritto le sceneggiature di altrettanti lungometraggi celebri quali Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee e Se mi lasci ti cancello, nel suo primo capolavoro Charlie Kaufman conferma la sua complessità stilistica commistionata di esistenzialismo e filosofia allo stato puro. Seguono il finale e la spiegazione del finale di Synecdoche, New York il film di debutto del regista Charlie Kaufman.

Il finale di Synecdoche, New York di Charlie Kaufman

Prima di passare alla spiegazione del finale del film Synecdoche, New York occorre rammentare gli eventi e i personaggi chiave della narrazione per poi passare all’illustrazione del finale. La storia è incentrata sul personaggio di Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman), un direttore teatrale che si ritrova a dover combattere non solo con il suo lavoro e la famiglia, ma anche con una grave malattia che gli viene diagnosticata a inizio film. Nelle scene finali Caden sta portando a termine con difficoltà il suo ultimo, nonché folle lavoro, di realizzare un’opera teatrale incentrata sulla sua vita con sfondo una replica a grandezza naturale di New York edificata tra le mura di un magazzino. Nelle scene che compongono il finale, vediamo Caden aggirarsi per le strade della sua New York ormai desolata, guidato dalla voce di Ellen in auricolare che gli dice cosa fare come da copione. Caden scorge l’attrice che in un sogno ha interpretato la mamma di Ellen e si ferma a parlare con lei. Caden le dichiara di aver avuto un’idea e di sapere finalmente come realizzare lo spettacolo, mentre sullo schermo appare lentamente una dissolvenza dai toni grigi, pronunciando le ultime parole “Penso… che se ognuno…” la voce di Ellen sussurra “Muori” e lo schermo diventa completamente grigio.

La spiegazione del finale di Synecdoche, New York di Charlie Kaufman con Philip Seymour Hoffman

Oltre a una indispensabile spiegazione del titolo e quella del significato del film, è necessario, dopo aver riportato i fatti che compongono l’epilogo del film Synecdoche, New York dare una spiegazione del finale. Nella sua magna opera Synecdoche, New York, Charlie Kaufman ha eretto – allo stesso modo in cui Caden ha fatto con la replica della sua New York – un vero e proprio metaspettacolo. Fin dal primo momento in cui decide di realizzare l’epica architettura all’interno di un magazzino per la sua ultima opera teatrale, Caden sceglie volontariamente di eliminare una volta per tutte quel confine labile che ancora poteva esistere tra la sua vita e il teatro. A confermare questo, vi è il momento clou in cui, dopo aver completato il cast del suo spettacolo, dove il personaggio di Caden è interpretato da una moltitudine di attori, e aver realizzato metaforicamente sul palco il momento del suo funerale e dunque della sua morte, Caden si ritrova prosciugato dalla sua malattia e privo di forze per cui scambia il suo ruolo da direttore teatrale con Ellen, la sua donna di pulizie.

Questa strabiliante e assurda coincidenza tra realtà e finzione, tra vita e palcoscenico, viene ulteriormente fondata nella sequenza del finale che precede la morte di Caden in cui Ellen pronuncia la battuta “Ora sei qui, sono le 7:44” e l’orologio disegnato a mo’ di graffito su una parete rappresenta il medesimo orario. Caden, da che rimpicciolito, schiacciato, annichilito dal pensiero di avere ancora poco tempo da vivere, decide di ricreare una replica della sua vita tale e quale a quella che sta vivendo, così come avvenuto per la città di New York, come se all’interno delle mura del magazzino il dolore, il peso dell’esistenza potesse essere alleggerito dal potere terapeutico dell’arte. Il teatro, da essere il lavoro a cui ha dedicato tutta la sua vita, diventa ora la vita del suo lavoro, il vero cuore pulsante che anima come un deus ex machina tutto il fermento e l’azione di quella New York riprodotta a grandezza naturale. Caden in quanto persona in carne e ossa dunque non esiste più senza il suo spettacolo, nel quale la sua vita è stata completamente assorbita. Ecco perché nella scena finale, quando finalmente trova come realizzare la sua opera teatrale, Caden muore, perché la sua vita è l’opera, e dunque il sipario sul palcoscenico deve chiudersi, lo spettacolo, come la sua esistenza, deve finire, deve morire. Così le ultime parole pronunciate da Caden prima della sua morte, “Penso…che se ognuno…” riecheggiano in sottofondo mentre non resta a noi spettatori che contemplare uno schermo grigio, accompagnato dalla 17esima traccia dell’album della colonna sonora originale di Synecdoche, New York composta da Jon Brion intitolata Little Person, che riassume in poche strofe l’intera narrazione del film:

I’m just a little person
One person in a sea
Of many little people
Who are not aware of me
I do my little job
And live my little life
Eat my little meals
Miss my little kid and wife

And somewhere, maybe someday
Maybe somewhere far away
I’ll find a second little person
Who will look at me and say—
I know you
You’re the one I’ve waited for
Let’s have some fun
Life is precious, every minute
And more precious with you in it
So let’s have some fun