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L’odio: la spiegazione del finale del film di Mathieu Kassovitz

L’odio è un film del 1995 di Mathieu Kassovitz, di nuovo al cinema restaurato dal 13 maggio 2024, dal finale aperto: qual è la spiegazione?
Di seguito la spiegazione del finale de L'odio, il film di Mathieu Kassovitz con Vincent Cassel

Di ritorno nella sale cinematografiche italiane dal 13 maggio 2024 in versione restaurata 4K, L’odio (La Haine) è un film drammatico del regista francese Mathieu Kassovitz del 1995 che ha segnato il successo sul grande schermo dell’attore Vincent Cassel. Tratto da una storia vera, il secondo lungometraggio del regista racconta un fatto di cronaca in un modo tutto particolare, tenendo lo spettatore con il fiato sospeso fino alla fine. Segue il finale e la spiegazione del finale di L’odio, il film di Mathieu Kassovitz con Vincent Cassel.

Il finale di L’odio, film di Mathieu Kassovitz con Vincent Cassel

Prima di passare alla spiegazione del finale di L’odio, occorre rammentare quali sono i fatti chiave che accadono nel film e quelli che costituiscono il suo epilogo. Il trio di amici formato da Vinz, Hubert e Saïd abitano nelle banlieu di Parigi e in seguito alla notizia sentita al telegiornale che un loro compagno, Abdel, è stato sparato dalla polizia durante una rivolta, Vinz ruba una pistola e insieme decidono di vendicarsi. Durante una delle loro notti trascorse nei quartieri della periferia parigina, per aiutare Saïd a recuperare dei soldi, Hubert e Vinz vengono arrestati e subiscono i modi violenti e poco accomodanti degli agenti di polizia. Alla notizia della morte di Abdel, Vinz ha dei ripensamenti e dimostra di non essere pronto a compiere la vendetta premeditata, così lascia la pistola a Hubert.

Nella scena finale, tornati insieme nella periferia, Hubert saluta Vinz e Saïd i quali vengono fermati dall’auto di un poliziotto in borghese a cui partirà per sbaglio un colpo di pistola ferendo a morte Vinz. Nel mentre Hubert, vedendo la scena da lontano, cerca di avvicinarsi ma non fa in tempo a fermarlo. Con in sottofondo il rumore del ticchettio di un orologio Hubert estrae la sua be la punta contro il poliziotto, che fa lo stesso contro il giovane. Nel mentre la camera inquadra il volto di Saïd, stringendo il campo sul suo sguardo, accompagnato dalle sue parole in voice over “è la storia di una società che cade e che a mano mano si ripete senza sosta per rassicurarsi fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene. L’importante non è la caduta, è l’atterraggio”. Colpo di pistola e schermo nero.

La spiegazione del finale di L’odio o una riflessione se è possibile rompere la catena della violenza

Sono minuti carichi di tensione quelli che compongono la scena finale di L’odio di Mathieu Kassovitz. Anzi, come indicato dalla scritta che compare in sovraimpressione sullo schermo, il momento nevralgico si svolge nell’arco di un solo minuto. In quel minuscolo frangente di tempo, Hubert trova la lucidità di dirigersi in soccorso dei suoi amici, uno dei quali, Vinz, è già morto a terra per mano dell’agente in borghese, perché carico della notizia della morte di Abdel, l’odio e la vendetta acquisiscono concretezza non appena assiste all’ennesimo omicidio, stavolta di un suo caro amico. Significativo il fatto che è proprio Hubert a essere incaricato ora di compiere la vendetta per il suo amico Vinz ucciso, dato che è proprio il giovane in una scena del film a pronunciare con consapevolezza la frase “l’odio chiama odio”. Nel suo gesto di tornare indietro dai suoi amici, dopo che si erano appena separati, Hubert dimostra di non essere un codardo, che ricorda la conversazione tenuta tra Saïd e la nonna di Vinz: “Se tutti se la dessero gambe quando c’e’ da discutere ma dove si andrebbe a finire?” “Ah bhe almeno di sicuro nella stessa direzione è certo”.

Nell’inquadrare in primo piano lo sguardo di Saïd, così come in una delle prime scene iniziali, il film si chiude in modo circolare anche perché ripete la frase di apertura dell’uomo che cade da un palazzo, ora sostituito metaforicamente dall’immagine di una società in crisi, denuncia di cui il film si fa portavoce. Nell’ultimissima sequenza, che precede lo schermo nero e dunque i titoli di coda, si concretizza tramite il faccia a faccia tra Hubert e il poliziotto in borghese, l’incontro idealizzato allo specchio per cui a lungo si erano preparati i personaggi. Nel momento stesso in cui i due sembrano essere decisi a spararsi, la comparsa dello schermo nero impedisce la visione ma è il rumore dello sparo a confermare l’atto che viene riprodotto nel momento in cui viene pronunciata la parola “atterraggio” come a simulare il fragore di una caduta. In questo finale aperto, in cui non si sa con certezza se è Hubert o il poliziotto ad aver sparato, oppure entrambi in contemporanea, è da cercare il vero significato. Quella in cui vivono gli abitanti delle banlieu parigine è una società fatiscente, che poggia la sua politica sul disseminare la paura tramite l’uso della violenza e che obbliga i suoi cittadini a rispondere con la medesima carta per tenersi stretto il sacrosanto diritto di vivere. Ecco perché non importa sapere chi ha sparato a chi, in quanto nella scena finale non sono due uomini distinti, ma l’uno il riflesso dell’altro in quanto entrambi contribuiscono a loro modo a tenere in piedi la società.