Articolo pubblicato il 3 Giugno 2024 da Christian D’Avanzo
Tra i film di maggior successo scritti e diretti da Christopher Nolan c’è Inception, il cui cast stellare ha certamente contribuito a renderlo un cult assoluto. Ancora oggi in tanti guardano per la prima volta o si approcciano per l’ennesimo rewatch al lungometraggio con Tom Hardy, Cillian Murphy, Michael Caine e Leonardo DiCaprio, e ogni volta si resta davvero colpiti da quanto raccontato dalla complessa sceneggiatura e dalle sequenze visivamente suggestive realizzate dal noto cineasta britannico. Le scatole cinesi di Inception rendono la (con)fusione tra sogno e realtà a dir poco elettrizzante, per cui si arriva a interrogarsi sul significato dell’emblematico finale. A tal proposito: come finisce Inception? La spiegazione del finale del film del premio Oscar Christopher Nolan.
Come finisce Inception? Cosa succede nel finale del film di Christopher Nolan
Nel finale di Inception si vede Cobb che è costretto a scendere proprio nella zona dove i suoi compagni di squadra non volevano finisse, siccome si tratta esattamente del suo inconscio. Nelle parti più remote del proprio sé il capo della missione cerca di trattenere proprio i suoi sogni, il suo trauma ed il suo lutto, una dimensione che potrebbe potenzialmente diventare una trappola senza via di uscita. Infatti, nel corso del film di Nolan viene più volte fatto presente quanto possa essere pericoloso viaggiare nell’inconscio, siccome si potrebbe restare bloccati all’infinito in un sogno senza risveglio.
Per cercare di tracciare una mappa, e quindi un percorso, si indica che il quarto livello è quello nel quale il protagonista si ritrova faccia a faccia con la sua defunta moglie Mal (Marion Cotillard), ed è in quel momento che viene rivelato agli spettatori quanto accaduto in passato: la donna si è suicidata a causa dell’innesto inseritole nella mente da Cobb per obbligarla a uscire dal lunghissimo sogno che avevano condiviso. Infatti, una volta tornata alla realtà Mal era comunque convinta di star vivendo nell’ennesimo sogno, e l’unico modo per uscire – secondo la sua concezione – era quello di cadere, per cui si butta giù per svegliarsi. Cobb riesce nonostante tutto a portare a termine il colpo ed esce dal limbo insieme a Saito, ottenendo di conseguenza il tanto ambito lasciapassare per tornare in America a casa sua.
Nell’ultima scena il protagonista interpretato da DiCaprio entra in casa e si ritrova faccia a faccia con suo suocero (Michael Caine), scorge i suoi figli giocare dalla finestra e decide di far girare la famosa trottola sul tavolo prima di dirigersi verso di loro per concedersi un caloroso abbraccio. Il totem di Cobb, ossia la trottola, è il mezzo per comprendere se si trova nella realtà o nel sogno: se cade è per via della gravità, quindi è reale, se invece continua a vorticare costantemente si tratta della dimensione onirica. Inception si conclude con un primo piano della trottola e uno stacco netto di montaggio al nero, che lascia partire i titoli di coda: è reale oppure no? Cobb è tornato a casa o è rimasto bloccato nel sogno?
La spiegazione del finale di Inception: sogno o realtà?
Uno dei concetti chiave del cinema nolaniano è la manipolazione della verità, per cui in Inception il sogno e la realtà sono due binari paralleli che finiscono con il sovrapporsi. Il confine tra i due mondi si fa gradualmente più districato e di conseguenza la situazione diventa più complessa, nonché delicata: più si scende di livello maggiori sono i pericoli dati dall’inconscio. Il totem di Cobb, ossia la trottola, non smette di ruotare prima della fine del film e quindi ci si interroga sull’effettivo ritorno a casa del protagonista.
Suo suocero compare soltanto nelle scene reali e mai nei sogni, ma al contempo i figli del personaggio interpretato da DiCaprio hanno gli stessi vestiti dell’incipit: dunque, in quali dei due mondi ci si trova? Michael Caine a suo tempo dichiarò in un’intervista che il suocero di Cobb compare solo in situazioni reali, mentre negli altri casi si tratta di un sogno; eppure, come avviene nella dimensione onirica, il tempo potrebbe non essere passato come indicano i bambini con indosso i medesimi indumenti.
Difficile pensare che uno attento a ogni dettaglio come il cineasta britannico abbia tralasciato questo elemento, nulla è dato dal caso, quindi si potrebbe avanzare l’ipotesi per la quale lo spettatore e i personaggi sono ancorati allo stesso sguardo soggettivo. Infatti, non si può conoscere la realtà oggettiva, ma solo quella strettamente individuale, e allora ecco che chi guarda il film accetta il compromesso e si cala in una serie di livelli – scatole cinesi – onirici, e ottenere la verità assoluta è pressoché impossibile.