Nope: come finisce? La spiegazione del finale del film di Jordan Peele

Nope è uno dei film horror fantascientifici più suggestivi degli ultimi anni: ma come finisce? Segue la spiegazione del finale.
La spiegazione del finale di Nope

Articolo pubblicato il 13 Giugno 2024 da Christian D’Avanzo

Nope è un film horror e di fantascienza diretto da Jordan Peele, distribuito al cinema nel 2022 e con protagonisti Daniel Kaluuya e Keke Palmer. Si tratta di un prodotto che in termini prettamente commerciali non ha inciso quanto ci si aspettava, specie perché è il lungometraggio più costoso nella carriera del regista afroamericano, qui al terzo film. Tuttavia, Nope si presta a numerose interpretazioni e a varie letture per il suo finale alquanto ambiguo, avvincente e perciò ricco di pathos: ma, a tal proposito, come finisce l’opera di fantascienza horror del regista afroamericano?

Come finisce Nope?

Per catturare l’alieno i due fratelli Haywood, OJ ed Emerald, architettano un elaborato piano insieme ad Angels e ad Antlers Holst, regista conosciuto all’inizio del film sul set in cui avviene l’incidente con il cavallo. Mentre il commesso del negozio di elettronica dove i protagonisti fanno acquisti di prodotti all’avanguardia, quindi digitali, il cineasta vecchia scuola porta con sé una macchina da presa in pellicola con una vecchia manovella da girare continuamente per catturare le immagini. Tuttavia, durante i blackout dovuti alla presenza dell’extraterrestre Antlers vedere qualcosa di inspiegabile, un evento probabilmente impossibile da replicare che svela numerosi segreti sull’esistenza stessa, una bellezza fuori scala che soltanto tramite la sua apparecchiatura – filtrando quindi lo sguardo – è riuscito a osservare, restandone vittima.

Dunque, con i due “soci” ormai fuori gioco, i fratelli Haywood sfidano in un triello la creatura proveniente dallo spazio cercando di distogliere lo sguardo al momento giusto e aguzzando l’ingegno: OJ corre a cavallo da un lato, Emerald in moto dall’altro. Il primo indica proprio gli occhi alla sorella, poi si mette a fissare la creature che sfoggia non solo i suoi tentacoli bianchi, ma ne tira fuori altri verdi come delle fauci a forma di pellicola. In sottofondo si sentono le urla delle persone divorate in precedenza, Emerald comincia a correre per attirare a sé l’alieno e la porta verso il ranch a tema di Ricky Park dove riesce a far volare l’enorme gonfiabile a forma di sceriffo. L’alieno viene così attirato e ingannato, la ragazza inserisce le monete nel pozzo che scatta le foto analogiche e attende l’attimo migliore per azionarlo: il predatore ingurgita il gonfiabile, e mentre lo afferra l’immagine viene finalmente catturata. Nope finisce con l’esplosione dell’extraterrestre in seguito alla foto scattata da Emerald, con l’esultanza di quest’ultima e l’incontro finale tra lei e suo fratello OJ che nel frattempo l’ha raggiunta al ranch, così come la polizia locale.

Nope: la spiegazione del finale del film di Jordan Peele

L’emblematico finale di Nope conclude il discorso imbastito per tutta la durata del racconto, il quale è prettamente metaforico. Infatti, non è un caso che la creatura aliena ricordi molto l’occhio di una cinepresa e che sia proprio lo sguardo ad azionarla in quanto predatrice. Trattandosi di un animale, il collegamento che OJ fa per capire come muoversi per catturarla è direttamente legato a quanto visto nell’incipit del film: il cavallo non può essere guardato diritto negli occhi altrimenti perde il controllo, si sente minacciato. Lo stesso meccanismo vale allora per l’extraterrestre, perché in fondo è pur sempre dotato di istinti primordiali, e avendo dei tentacoli molto simili alla pellicola non fa altro che avvalorare l’idea per cui si tratti di una rappresentazione fantascientifica dell’intera industria dell’intrattenimento.

Infatti, nell’idea di Jordan Peele c’è probabilmente la volontà di criticare il capitalismo americano che ha reso schiava in passato la comunità afro, come dimostra l’esempio fornito circa il prozio fantino di cui la storia non parla praticamente mai, e di una società ugualmente schiava – a prescindere dall’etnia – delle immagini. La qualità non è più all’ordine del giorno, tantomeno la veridicità di ciò che viene trasmesso in televisione come al cinema, e allora la morte del regista in Nope, Antlers, serve proprio a rimarcare come l’umanità non meriti di vedere ciò che appare inspiegabile, è una chiarezza che deve restare necessariamente nell’ombra. Il fascio di luce da cui l’uomo è assuefatto è persino paragonabile alla novità, o in genere alla tendenza, che cattura gli spettatori-consumatori, poco importa se scaturisce loro dei danni (come accade anche nel caso di Gordy la scimmia).

Il digitale è un futile mezzo per creare immagini fittizie, per aggiungere o rimuovere al computer e in post-produzione quello che si vuole sulla base delle esigenze, dunque l’intera industria dell’intrattenimento ne è rimasta vittima impigrita, sfrutta e fornisce prodotti spazzatura delle volte (il cosiddetto trash). Abbassare lo sguardo significa essere degli spettatori consapevoli che non stanno al gioco, ecco perché i fratelli Haywood non si lasciano catturare dall’alieno. Anzi, nel finale di Nope i protagonisti riescono a gestire al meglio lo sguardo e imbrogliano la creatura dandole in pasto un’enorme gonfiabile, volendo uno spettatore fittizio, rompendo così lo schema dell’industria predatrice. Inoltre, è tramite una macchina fotografica analogica (infallibile rispetto al digitale), ossia il pozzo, che catturano l’immagine dell’extraterrestre, per cui sono loro ad avere il controllo mediatico ora. Per loro in quanto afroamericani si tratta anche di una rivalsa, riprendendo il discorso del prozio fantino, in quanto possono dimostrare al mondo di poter provare l’esistenza degli alieni.