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Io sono l’amore: perché si chiama così e la spiegazione del finale del film di Luca Guadagnino

Io sono l’amore è un film del 2009 diretto da Luca Guadagnino dal titolo e dal finale alquanto ermetici: qual è la loro spiegazione?
Di seguito la spiegazione del finale e perché Io sono l'amore, il film di Luca Guadagnino, si chiama così

Quarto lungometraggio del regista Luca Guadagnino, Io sono l’amore è un film del 2009 presentato nella categoria Orizzonti di Venezia66 con Tilda Swinton nei panni della figura femminile protagonista Emma. Io sono l’amore, tuttavia, si presenta come più di un semplice progetto cinematografico: qui il regista attua un vero campo di studio in cui poter spargere i segni del proprio linguaggio filmografico e sperimentarli, giocarci fino a sviluppare lo stile maturo dei suoi film più recenti. Per comprendere a pieno la semiotica di Io sono l’amore, dunque, occorre analizzarlo nei suoi singoli elementi. Seguono il perché Io sono l’amore si chiama così, il finale e la spiegazione del finale del film di Luca Guadagnino.

Io sono l’amore: perché si chiama così? Il significato del titolo del film

Io sono l’amore. Un titolo che, già solo pronunciato, si presenta come un tentativo di dichiarare e anticipare di per sé il contenuto e ciò a cui lo spettatore sta per assistere, perciò per arrivare alla spiegazione del significato del titolo occorre obbligatoriamente soffermarci sul personaggio cardine della narrazione. Nel film, Emma (Tilda Swinton) è una donna nata in Russia che dopo aver conosciuto il suo futuro marito si trasferisce nella città di Milano, dove insieme mettono su famiglia e proseguono l’eredità della loro azienda tessile. Emma sembra avere tutto ciò che vuole: una casa e una famiglia perfette, abiti e gioielli di lusso. Cosa è che le manca allora? Il suo mondo perfetto e scintillante sembra crollare nel momento in cui Emma scopre il desiderio, che da eros – mera passione – passa poi a essere himeros – pulsione sessuale – nei confronti di un ragazzo molto più giovane di lei, amico di suo figlio (con cui la madre intrattiene un amore definito storgé, ossia familiare tra genitori e figli) che si ritrova a essere cuoco per la sua famiglia e piatto dopo piatto, la farà follemente innamorare per poi finire insieme rompendo il legame di anteros (amore corrisposto e reciprocità) che credeva esserci tra lei e suo marito. Ecco che dal momento in cui comincia a esplodere la passione tra Emma e Antonio, si inizia a percepire che la sua figura incarna in realtà un ideale ben più profondo e invisibile della mera bellezza estetica esteriore che dimostra di avere.

L’espressione “io sono l’amore” del titolo del film trova dunque il suo destinatario, o meglio, il suo emittente: Emma infatti è un concentrato di amore puro, incondizionato (espresso dal termine greco agape) che abbraccia amorevolmente, che ingloba, che illumina tutto ciò che la circonda che emette sensualità, sia nella sua accezione più comunemente usata, ma anche nel modo in cui dà spazio a trecentosessanta gradi alla sua vita sensoriale e a quella degli altri. Emma è una sorta di matrona romana che veglia affinché ogni pranzo o cena di famiglia a cui si siede a tavola vada per il meglio per far sentire le persone a cui vuole bene a loro agio. In questo senso il suo personaggio ricorda molto quello della Signora Ramsay del romanzo Gita al faro di Virginia Woolf, per la sua estrema e delicata empatia che mostra nei confronti di chi la circonda – come nel caso della figlia Betta che rivela solo a lei di essere omossessuale dopo averlo detto a suo fratello Edo. Ecco che dunque da mera affermazione anonima, all’inizio priva di senso, Io sono l’amore diventa un titolo parlante che ricalca un’autoaffermazione della protagonista (come il concetto greco di amore inteso come realizzazione personale di pothos), un grido liberatorio che si erge come una giustificazione delle proprie scelte amorose, viste dall’esterno come sbagliate in quanto incestuose, ma che dal suo punto di vista, in quanto “io sono l’amore”, risultano totalmente concesse.

Come finisce Io sono l’amore? Il finale del film di Luca Guadagnino

Prima di passare alla spiegazione del finale, occorre rammentare cosa accade nell’epilogo del film. Nelle scene finali di Io sono l’amore, la famiglia Recchi si trova al funerale del figlio Edoardo Jr., morto in seguito a un trauma cranico dopo aver battuto la testa sul marmo della piscina mentre stava discutendo con la madre Emma perché aveva scoperto la sua relazione extraconiugale con il suo amico cuoco Antonio. Dopo la scena dentro alla chiesa, in cui Emma confessa al marito Tancredi di amare Antonio e dunque di averlo tradito, la donna scappa di corsa verso casa dove la aspetta la domestica che la aiuta a vestirsi in fretta, per poi ritrovarsi di fronte a Betta e a tutto il resto della famiglia in lutto: la camera inquadra prima madre e figlia, poi Eva, la fidanzata di Edo che aspetta un bambino, di nuovo Emma per poi volatilizzarsi nel nulla.

La spiegazione del finale di Io sono l’amore

Nel finale di Io sono l’amore, Emma comprende di non avere più niente da perdere. Dopo la morte del suo amato figlio Edoardo, dopo aver confessato il suo amore incestuoso per il giovane Antonio a suo marito Tancredi, ora la donna non è più frenata da nulla, niente più la tiene rilegata a quel nucleo famigliare, perché semplicemente era lei il nucleo, il centro che teneva tutto e tutti insieme e uniti. In quanto impersonificazione ed emissaria dell’Amore, Emma si trova ora costretta a seguire il suo cuore, ad ascoltare ciò che le dice, ad assaporare i nuovi gusti di questa nuova passione, sempre però conservando dentro di sé i ricordi di ciò che è stato. L’atto di fuggire questa volta (un vero e proprio thélema ossia un amore per l’azione per seguire i propri interessi) rispetto a quello che aveva già attuato nelle visite segrete ad Antonio, è esplicitamente definitivo, senza ritorno. Emma lo fa, a malincuore sapendo di abbandonare la sua famiglia, ma si sente di poterlo fare perché sa che non si tratta di un tradimento, anzi, avrebbe tradito in primis se stessa se avesse deciso di rimanere, continuando a fingere una vita che non era più la sua. Invece Emma fa ciò che più è coerente al comportamento di ciò che incarna: scappa, fugge, diventa volatile proprio come l’Amore.