Articolo pubblicato il 19 Luglio 2024 da Bruno Santini
Nell’universo cinematografico e televisivo, molto spesso, soprattutto in opere che richiedono una certa continuità narrativa e di evoluzione e gestione dei personaggi, si sente parlare di reboot. Trattasi di un termine che, ad esempio, è stato utilizzato per l’universo DC voluto da James Gunn, il quale ha deciso di rebootare tutto ciò che era stato precedentemente realizzato, a partire dai film di Zack Snyder. Dal momento che ci si confronta così tanto con questo termine e con tutte le varie accezioni, vale la pena offrirne una significazione maggiore: che cos’è un reboot e che cosa significa questo termine? Nel delineare le caratteristiche fondamentali di questa pratica, si indicano anche le tipologie di reboot al cinema.
Che cosa significa reboot e le origini del termine
Reboot è una parola che, con molta probabilità, deriva direttamente dal gergo informatico: in ambito di programmazione, infatti, reputo significa riavvio di un sistema informatico; tuttavia, rispetto alla sua controparte, in ambito cinematografico questo termine viene utilizzato per indicare anche un cambiamento rispetto alla gestione precedente di alcuni dati: se il riavvio di un sistema operativo o di uno strumento non comporta il cambiamento dei programmi o le modifiche ai dati preesistenti, in campo cinematografico reboot indica anche una modifica sostanziale di quella che è la trama che era stata sviluppata nell’universo immaginario di riferimento.
In termini specifici, dunque, che cosa significa reboot? Chiamato anche rilancio o riavvio in italiano, questo termine viene utilizzato per rappresentare il nuovo inizio che viene stabilito in un universo immaginario, in un’opera, in un franchise o in una serie. La caratteristica peculiare del reboot si ritrova nello scartare tutta la narrazione che era stata precedentemente portata avanti, con l’eliminazione di personaggi, trame e contesti che, molto spesso, coincidono anche con un cambiamento di attori, registi e stile narrativi che saranno successivamente inaugurati.
Le tipologie di reboot e la differenza con il soft reboot
Dal momento che il termine reboot è sempre stato molto criticato, nel corso degli anni, non essendo in grado di esprimere chiaramente le differenze che ci sono tra un cambiamento di narrazione e quello che, invece, può avvenire all’interno di un remake, vale la pena specificare quali possono essere alcune tipologie di reboot. In questo modo, pur non risolvendo l’annosa questione, è possibile tentare di chiarire quali prodotti sono ascrivibili al novero del reboot e quali no. In termini tecnici, si chiama reboot quell’opera che porta ad una modifica sostanziale della narrazione con l’eliminazione di elementi non essenziali ai fini della trama delle opere successive; in un’accezione più recente, i reboot sono considerabili tali soltanto con modifiche che appaiono più radicali, volte ad eliminare l’insieme degli elementi di trama che erano stati precedentemente conosciuti.
Il reboot cinematografico è diverso da quello televisivo: nel primo caso, si parla di rilancio con dei nuovi progetti che appaiono piuttosto sicuri per uno studio (come il Superman di James Gunn, per intendersi), in termini di produzione, dal momento che rappresentano film su cui si può puntare, per incassi potenzialmente favorevoli, così da avviare tutta una narrazione successiva. Affinché il reboot possa dirsi tale, in genere c’è bisogno di una distanza temporale rispetto alla narrazione precedente, o di un’innovazione totale, che però dovrà essere contestualizzata tramite la presentazione di nuovi cast, nuove trame e nuove tipologie di narrazione. In ambito televisivo, invece, il reboot viene considerato anche per quelle serie che tornano in produzione a seguito di una pausa o di una cancellazione: in questo caso, il reboot stabilisce una nuova narrazione che non necessariamente tenga conto della continuità dell’opera, di fatto con una riorganizzazione (o retooling) della premessa fondamentale della serie, che può cambiare anche da un momento all’altro. In quest’ultimo caso, di solito si incontra una grossa polemica, soprattutto nel momento in cui alcune serie, che mantengono il proprio nome per motivi di franchising, tendono a rappresentare storie e narrazioni che siano completamente differenti rispetto al proprio spirito originario.
C’è, infine, anche un’ultima accezione che risiede nel termine soft reboot: trattasi sempre di un riavvio, con le medesime caratteristiche precedentemente descritte, che però mantiene alcuni elementi di continuità con il franchisee o con la serie originale. A cambiare, in questo senso, non sarà tanto la narrazione, l’insieme dei personaggi o il cast, ma lo stile dell’opera, soprattutto nel caso in cui ci sia un cambiamento negli autori di una serie o dei dirigenti di un determinato franchise.