Articolo pubblicato il 23 Luglio 2024 da Christian D’Avanzo
The Protagonists è il film che segna l’esordio di Luca Guadagnino dietro la macchina da presa, con un cast che comprende Tilda Swinton e attori italiani. Si tratta di un lungometraggio drammatico del 1999 che è stato adattato a finto documentario, il quale presenta una durata di circa 92 minuti. Inoltre, questo titolo è stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Nuovi Territori al Festival del Cinema di Venezia, anche se ad oggi del film in questione se ne parla davvero poco. A tal proposito: com’è qualitativamente l’esordio del noto regista italiano? Di seguito la recensione di The Protagonists.
La trama di The Protagonists, film d’esordio di Luca Guadagnino
La trama di The Protagonists è incentrata su una troupe cinematografica che parte dall’Italia verso Londra con l’obiettivo di realizzare una rappresentazione fittizia di un delitto che si è consumato nella grande metropoli inglese nel 1994. La troupe è guidata da Tilda Swinton, anche narratrice del film, la quale ricostruisce gli eventi accaduti qualche anno prima: due ragazzi ad un incrocio hanno accoltellato e sgozzato un uomo in macchina, per poi tornare alla loro vita di tutti i giorni. L’attrice guida la troupe nei luoghi dove è accaduto quanto descritto, ripercorrendo le orme dei due assassini e riproponendo il loro incontro con la vittima, così come il successivo processo.
La recensione di The Protagonists, un esordio che non va oltre l’essere un mero esercizio di stile
The Protagonists ha delle ambizioni di base suggestive e interessanti, ma il rischio che vi si para di fronte ciascun esordio è sempre quello di cadere vittima dei numerosi stimoli a disposizione, alcuni dei quali vengono alimentati sia dal momento stesso delle riprese che dalla fase di post-produzione. Insomma, Guadagnino con questo film ha tentato di condurre una riflessione sulla mente criminale di due giovani ragazzi che hanno ucciso un uomo per poi continuare normalmente la loro giornata fin quando non sono stati perseguiti dalla legge. La tematica è spaventosa, contemporanea nella sua universalità, eppure sembra indurre il regista a creare un’opera vanagloriosa nella forma, intaccando in maniera integrale il contenuto. Il linguaggio cinematografico adoperato qui deve molto alla Nouvelle Vague, ma i trucchi del racconto sono così eccessivi da offuscare la storia narrata, manifestando l’immaturità artistica di un Guadagnino palesemente alle prime armi.
Se da un lato è giusto dare spazio alle proprie intuizioni estetiche e alla propria idea di cinema, dall’altro appare inopportuno non metterle a disposizione di ciò che si racconta, e dunque del suo contenuto. Le tendine, la frequente deformazione delle immagini, l’uso irreale dei colori (rosso su tutti, ma anche blu), la trasformazione fisica ed espressiva degli attori/personaggi, l’impiego della termocamera e tutta la restante serie di effetti irrompono continuamente nell’elaborazione del contenuto, lasciando trasparire con maggior preponderanza la volontà di Guadagnino di esercitarsi piuttosto che mostrare sul serio elementi tangibili. I simulacri sono i veri protagonisti perché di veritiero c’è ben poco durante tutto il film, anzi, quasi sempre è il discorso metacinematografico ad avere inutilmente la meglio: The Protagonists è un dramma travestito da finto documentario, ma a sua volta è un documentario (?) sperimentale che vorrebbe fare giustizia sociale, mettendo in evidenza i tratti della psiche dei due assassini.
A proposito di immagini artificiose e posticce, il montaggio nevrotico non consente di percepire null’altro che la ricostruzione di riprese da inchiesta televisiva, i salti spazio-temporali tutt’altro che giustificati, i camera-car accompagnati da canzoni fuori luogo e simboli acerbi (come accade in Melissa P.) come il colore rosso associato all’omicidio, quindi al sangue. In The Protagonists è il fascino magnetico di Tilda Swinton a restituire un minimo di pacatezza ad un racconto fuori fuoco, senza una finalità e senza una vena creativa degna del Luca Guadagnino futuro, regista ben più abile e centrato di quanto dimostrato nei suoi primi due lavori. Tra costruzione e decostruzione, rappresentazione e verità, tempo della storia e tempo del racconto, finzione e realtà, l’esordio del cineasta italiano è faticoso da seguire, poco interessante (nonostante il soggetto e il suo tentativo di sperimentare) e infine sovrabbondante in tutto e per tutto.