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Recensione: Wolverine – L’Immortale: il sequel spin-off di James Mangold

Wolverine – L’Immortale è il secondo capitolo della trilogia con protagonista il mutante artigliato interpretato da Hugh Jackman.
Wolverine - L'Immortale: la recensione del cinecomic di James Mangold

Dopo il riscontro medio di X-Men: L’Inizio, la 20th Century Fox riprende l’iconico mutante artigliato. In questo modo il nuovo spin-off, intitolato Wolverine: L’Immortale, presenta il protagonista in un contesto inedito.

La trama di Wolverine – L’Immortale

Ispirato alla serie a fumetti Wolverine scritta da Chris Claremont, Wolverine è il secondo capitolo della trilogia spin-off dedicata al personaggio interpretato da Hugh Jackman, nonché sequel di X-Men: Conflitto Finale. Il cinecomic presenta infatti la seguente trama:

Logan vive come un eremita nelle montagne dello Yukon, essendo ancora depresso a causa della morte di Jean che non riesce ad accettare. Improvvisamente si presenta Yukio, una ragazza mutante al servizio di Yashida, un uomo giapponese che fu salvato dalla bomba atomica di Nagasaki proprio grazie all’intervento di Logan durante la seconda guerra mondiale. Wolverine si reca in Giappone su richiesta dello stesso Yashida, il quale sta morendo. Una volta arrivato, Yashida chiede a Logan di rinunciare alla sua apparente immortalità per porre fine alle sue sofferenze, proponendogli di dare a lui quel potere grazie alle loro tecnologie. Logan rifiuta, ma, dopo la morte di Yashida, il suo potere mutante inizia davvero a non funzionare più mentre la malavita attacca Mariko, la figlia di Yashida che il protagonista è deciso a proteggere.

Recensione - Wolverine: L'Immortale - il sequel spin-off di James Mangold

La recensione di Wolverine – L’Immortale

Il film parte con un prologo davvero avvincente, mostrando Wolverine che riesce a salvare un soldato giapponese dall’attacco di una bomba atomica, facendo da scudo umano. Prima dello scoppio, la scena evidenzia una grande nota di umanità attraverso le azioni del soldato Yashida, il quale decide di salvare anche i prigionieri americani per impedire loro di essere presi dalla morte, così come cerca di aiutare Logan prima che quest’ultimo gli ricambi il favore salvandolo. Dopo un momento di solidarietà tra popoli, avviene una splendida scena d’azione di straordinario impatto, con Wolverine che viene investito dalle radiazioni, finendo brutalmente ustionato per poi guarire di fronte a gli occhi sorpresi del giovane soldato. La grande messinscena di James Mangold rappresenta il protagonista come un umano con i poteri di un dio attraverso lo stupore degli occhi di Yashida, il quale pensa di star guardando un guerriero mitologico che verrà tramandato nelle leggende.

Quando l’ambientazione si focalizza sul presente, Logan è un eremita che non parla con nessuno, bloccato nella solitudine di sentirsi un uomo che ha fallito la più grande lotta della sua vita dopo aver perso la donna che ama. A tal proposito sono molto belle le scene in cui Jean gli appare in sogno, rappresentando non solo il senso di colpa di averla uccisa, ma anche la paura di non poter più avere nessun’altra persona accanto a lui per paura che a quest’ultima possa accadere qualcosa di brutto proprio come è successo con il suo precedente amore. La figura di Jean è anche un muro verso il futuro, avvolgendo a Logan la mancanza di accettazione del lutto e la voglia di morire a causa della mancanza di volontà di andare avanti dopo troppo dolore e troppe delusioni. L’unico elemento debole di questo interessante lato del personaggio è il voto di non fare del male a nessuno con i suoi artigli, un’idea interessante ma che viene soltanto menzionata due volte per poi essere subito abbandonata come se non fosse mai esistita, cosa che appare una scelta inspiegabile.

Wolverine - L'Immortale: la recensione del film Marvel

La mortalità di Wolverine – L’Immortale

Dopo l’eccezionale prologo, è bello vedere un Logan che, nonostante tutta la sua sofferenza, si riattiva grazie ad un istinto di protezione che lo porta a farsi avanti ogni volta che vede degli innocenti in pericolo. Si tratta di un aspetto che mantiene affascinante il personaggio, nonostante il rapporto con le donne che incontra non lasci spazio a particolari approfondimenti. Mariko e Yukio sono dei personaggi gradevoli sorretti principalmente dalle ottime interpretazioni di Tao Okamoto e Rila Fukushima, ma al di là di dialoghi simpatici in cui cercano di andare d’accordo con il protagonista affezionandosi a lui, non offrono particolari simbologie o caratterizzazioni che forniscono maggiori sfumature al personaggio. Lo spreco maggiore avviene soprattutto nella figura di Mariko, la quale poteva essere molto più incisiva per fare da contrasto al senso di colpa verso Jean, cosa che viene sfruttata soltanto una volta.

L’idea di togliere a Logan il potere rigenerante, facendogli sentire molto di più il dolore delle ferite impresse dagli avversari ed aumentando la pericolosità dei combattimenti, è sicuramente un elemento vincente, anche perché crea più ansia nelle scene di tensione in cui è circondato dai nemici (la scena del treno è davvero superba) e fornisce originalità al personaggio. Peccato che tale espediente non sia utilizzato anche per esplorare il concetto stesso di mortalità, evitando di approfondire il tormento di Logan nell’aver avuto una vita particolarmente complessa e togliendo l’ambiguità al suo dispiacere di aver ricevuto una maledizione del genere. Non aiutano i villain fiacchi, essendo dei banali mercenari che vogliono ricchezza e che servono puramente a fare da carne da macello per Logan. Viper, nonostante i suoi poteri inquietanti, è una figura piatta che non offre alcun spunto interessante, mentre l’ossessione di Kenuichio Harada di prestare troppo fede alle tradizioni di famiglia potrebbe già essere più stimolante, ma purtroppo la sua risoluzione è eccessivamente veloce e risulta essere così un altro spreco. Da lodare invece il colpo di scena finale, il quale evidenzia come la mancanza di accettazione della mortalità possa togliere empatia e causare dolore, anche se è un peccato che tale elemento venga esplorato soltanto alla fine dopo uno svolgimento che poteva essere sviluppato meglio.

Wolverine - L'Immortale: la recensione dello spin-off con Hugh Jackman

Wolverine: L’Immortale sfrutta l’ambientazione giapponese attraverso scene d’azione ben girate che intrattengono grazie ad un intelligente espediente narrativo che rende il protagonista più vulnerabile. Tuttavia la mancanza di approfondimento dei personaggi secondari e l’eccessiva focalizzazione sugli inseguimenti, a discapito della simbologia del personaggio presentata con un prologo eccezionale, fa pensare che si sarebbe potuto fare molto di più. Sicuramente si tratta di un grande passo avanti rispetto al disastroso X-Men: Le Origini – Wolverine, ma le potenzialità per una grande storia stand alone sono ancora lontane.

1,0
Rated 1,0 out of 5
1,0 su 5 stelle (basato su 1 recensione)
Wolverine - L'Immortale: la recensione del film con Hugh Jackman
Wolverine: L'Immortale
Wolverine: L’Immortale

Logan si reca in Giappone per ricollegarsi ad un'importante vicenda del suo passato, ma il suo potere rigenerante scompare mentre nuovi nemici lo attaccano.

Voto del redattore:

6.5 / 10

Data di rilascio:

26/07/2013

Regia:

James Mangold

Cast:

Hugh Jackman, Tao Okamoto, Famke Janssen, Rila Fukushima, Hal Yamanouchi, Svetlana Chodčenkova, Will Yun Lee, Brian Tee

Genere:

Supereroistico, azione, fantascienza, drammatico

PRO

Lo splendido prologo
Le scene oniriche con Jean Grey
L’idea di togliere il potere rigenerante a Wolverine
Il colpo di scena finale
Interessanti espedienti che non vengono più ripresi
I personaggi secondari non abbastanza sviluppati
I villain piatti
Il concetto di immortalità non approfondito