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I film di Isao Takahata: la classifica dal peggiore al migliore

Dal peggiore al migliore, la classifica dei film del cofondatore dello Studio Ghibli: Isao Takahata. Qual è il più bello?
La classifica dei film, dal peggiore al migliore, del regista giapponese Isao Takahata

Pochi ma buoni, anzi ottimi; non c’è altro modo per sintetizzare la filmografia di uno dei registi più sofisticati di sempre (qui trovate la retrospettiva del regista), facendo la storia del cinema con la casa di produzione da lui co fondata: Lo Studio Ghibli. La media qualitativa dei lungometraggi da lui diretti raggiunge le vette più alte della montagna più alta del mondo; un autore che ha fatto della pazienza, della nostalgia e della memoria le colonne portanti della sua poetica. Oltre al fantasy, ha saputo valorizzare la tecnica animata raccontando la quotidianità, il realismo e la tradizione giapponese, sapendo rimanere efficace anche col passare delle decadi, parlando al pubblico di tutto il mondo, di tutte le età. Ma qual è il migliori film di Isao Takahata? Di seguito la classifica dei suoi film d’animazione (dal 1988 in poi), dal peggiore al migliore.

5) Pom Poko (1994)

Favola divertente e piacevole (qui trovate la recensione), adatta a tutte le età, con un occhio di riguardo per i più piccoli. La resistenza dei tanuki all’urbanizzazione della montagna è un ammonimento sulle conseguenze che l’essere umano già oggi è costretto a fare i conti, figlie di dell’avidità e dell’ingordigia nell’inseguire il benessere materiale. Pecca solamente nel ripetere alcune situazioni già ampiamente messe in scena, come le trasformazioni dei protagonisti, principalmente riproposte in chiave comica e un didascalismo eccessivo, abusando del voice over, marchio di fabbrica del regista.

4) La tomba delle lucciole (1988)

La tragedia della Seconda Guerra Mondiale raccontata dalla prospettiva di chi non ha mai visto i campi di battaglia, ma ne ha subito le conseguenze (qui trovate la recensione). Pellicola di derivazione neorealista, dove si dimostra che, aldilà dei vincitori e dei vinti, il conflitto bellico è una barbaria disumana per tutti, in cui nessuno ci guadagna (o quasi) ma tutti ci perdono; lungometraggio struggente e difficile da metabolizzare. Certo è che non è difficile far commuovere il pubblico con protagonisti dei bambini che muoiono di fame, ma spaventa per la sua attualità, svegliando la gente dall’illusione che certi scenari non siano più possibili.

3) I miei vicini Yamada (1999)

Straordinario nel dare valore alla vita di tutti i giorni (qui trovate la recensione), sviscerando all’interno dei toni da commedia le varie dinamiche del focolare domestico, analizzandone pregi e difetti, seguendo i punti di vista di ogni membro del nucleo familiare. La tecnica d’animazione va oltre il semplice omaggio alla cultura dei manga giapponesi, trasformando dei semplici episodi in poesia cinematografica, parlando agli spettatori di tutto il mondo.

2) Pioggia di ricordi (1991)

Una pellicola sulla memoria, sul ripensare al passato per capire cosa si vuole dal futuro, un’espediente per riflettere ancora una volta sulla società giapponese, ma non solo. Una sorta di “Amarcord” dello stesso Takahata (qui trovate la recensione), che decide però di raccontarsi tramite un personaggio femminile. Comicità e serietà coesistono e si alternano in perfetto equilibrio, la messa in scena comunica in maniera sublime lo stato d’animo e i sentimenti dei personaggi, azzeccando la struttura non lineare, facendo uso dei flashback come se fossero tessere di un puzzle; una volta completo, il quadro si mostra per la sua illustre magnificenza.

1) La storia della Principessa Splendente (2013)

Lavoro di anni, purtroppo non ripagato a livello commerciale data la mancata risposta al botteghino, ma niente può offuscare la magniloquenza di un’opera d’arte come questa (qui trovate la recensione). L’unico film di Takahata ad essere stato candidato agli Oscar nella categoria “Miglior film d’animazione”, è il lascito perfetto che un artista potrebbe donare al pubblico: capace di mettere in crisi con le sue argomentazioni sul vissuto umano, sulla nostalgia del tempo passato che non torna più indietro e il rammarico per aver lasciato qualcosa lungo la strada, probabilmente la felicità stessa. Intramontabile grazie alla costruzione dei suoi personaggi, al modo di comunicare i loro sentimenti e rapire per la sua cifra stilistica ed estetica, semplicemente perfetta.