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The Human Voice mette in scena l’assenza e il desiderio amoroso

The Human Voice è il primo cortometraggio non in lingua spagnola del regista Pedro Almodóvar con protagonista assoluta Tilda Swinton: può dirsi riuscito?
Di seguito la recensione di The Human Voice, corto di Pedro Almodóvar con Tilda Swinton

Presentato in anteprima nella sezione Fuori Concorso della 77esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, The Human Voice è il primo cortometraggio in lingua inglese del 2020 del regista spagnolo Pedro Almodóvar con protagonista Tilda Swinton, basato sul monologo teatrale di Jean Cocteau. Segue la trama e la recensione di The Human Voice, il corto di Pedro Almodóvar con Tilda Swinton.

La trama di The Human Voice: di che parla il cortometraggio di Pedro Almodóvar con Tilda Swinton?

Di seguito si riporta la trama di The Human Voice, il primo cortometraggio in lingua inglese di Pedro Almodóvar con Tilda Swinton. Il corto racconta la storia di una donna (Tilda Swinton) e un uomo che vivono la loro separazione in quanto ex amanti. Mentre lei rimane nella casa dove hanno vissuto insieme, vagando per le stanze e sedendosi accanto alle valigie di lui con il suo cane attendendo che arrivi per portare via le sue cose, l’uomo non si vede mai, si palesa solo tramite le chiamate telefoniche destinate alla sua ex amante, ma di cui non udiremo mai la sua voce.

La recensione di The Human Voice, di Pedro Almodóvar: quando l’amore è sia ascia che benzina

Tutto ha inizio con un‘inquadratura peculiare, che estrania lo spettatore e fa emergere molti interrogativi circa la natura di ciò che si sta guardando, in cui si ritrae Tilda Swinton seduta di spalle su uno sgabello, con addosso un abito stravagante, con gonna stile rinascimentale, tutto di un colore rosso acceso. Di fronte a lei una sorta di quadro dalla cornice in legno ma al cui interno vi è solamente una pellicola trasparente. Nella sequenza successiva, l’attrice indossa ora un abito nero e ai piedi delle calzature strambe, come se emulassero degli zoccoli o artigli di un animale. Così ha inizio la narrazione drammatica di The Human Voice, il cortometraggio che adatta su pellicola l’omonimo monologo teatrale del 1930 dello scrittore francese Jean Cocteau. Trattandosi di un monologo, il racconto è interamente affidato all’unico personaggio ideato da Cocteau presente fisicamente sulla scena, qui interpretato da Tilda Swinton. L’attrice non solo esegue con la sua solita e incredibile maestria un copione, ma lo fa in totale solitudine, fatta eccezione per il cane Dash che appartiene all’ex amante con cui condivide il suo “lutto” della perdita del loro padrone.

Trovandosi a dover occupare la scena in modo completamente autonomo, lei con l’assenza del suo ex amante e il suo desiderio che ancora continua ad ardere (come vediamo nella scena finale in cui la donna finalmente esce dalle mura domestiche mandando la casa in fiamme con lo stesso fuoco della sua passione inutilizzata). Tilda Swinton lo fa con una naturalezza tale da far dipanare la matassa drammatica in modo lineare, svelando poco a poco dettagli della sua storia personale senza mai tediare, evitando così di appesantire la visione. Inoltre, il corpo dell’attrice non è solo fondamentale in quanto l’unico ad agire, a muoversi – da cui il significato vero di “dramma” – ma anche per trasformarsi in vero segno nel senso semiotico carico di significato. Oltre alla sua voce, l’unica “voce umana” come segnalata dal titolo a essere percepita nei 30 minuti di durata del corto, sono gli abiti che si ritrova a indossare a diventare infatti un campo di ermeneutica cromatica, partendo dal rosso (lo stesso colore della tanica di benzina) simbolo della passione come quello dell’inizio del film, al completo sempre rosso con cui si addormenta sul letto accanto a quello nero del suo amante, non indossato, vuoto, che segnala l’assenza dell’uomo, dello stesso colore nero, di quello che vediamo indossare quando è da sola come in segno del dolore di non-vita senza il suo amante, come in lutto.

La scelta di mantenere l’unità di luogo artistotelica originale del monologo teatrale – con l’eccezione della scena in ferramenta – della casa dove i due amanti una volta vivevano insieme, che scopriamo essere in realtà una sorta di set cinematografico/teatrale, accentua maggiormente la drammaticità della storia. Infatti, la donna protagonista si ritrova imprigionata tra le mura della “casa”, una gabbia d’oro in cui i ricordi trascorsi insieme al suo amante, tutti gli oggetti che fungono da correlativo oggettivo del loro amore passato – vedesi l’ascia e la tanica di benzina che la donna acquista all’inizio del film come simbolo dei suoi stati d’animo – contribuiscono insieme a costruire una violenta nostalgia che finisce per assalirla e a incitarla a farla finita una volta per tutte e a tentare di togliersi la vita, in uno scenario ionescano che ricorda la sovrabbondanza degli oggetti che rimanda a un vuoto, a un’assenza come nella pièce Le sedie del 1952, ma in generale del suo teatro dell’assurdo e di come commedia e tragedia siano due facce della stessa medaglia.

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La locandina di The Human Voice
The Human Voice
The Human Voice

The Human Voice è un cortometraggio che racconta la travagliata separazione di due amanti che si ritrovano a dover lottare con il dolore della rottura definitiva del loro rapporto.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

13/05/2021

Regia:

Pedro Almodóvar

Cast:

Tilda Swinton

Genere:

Drammatico

PRO

L’interpretazione drammatica di Tilda Swinton
L’ambientazione scenica
L’ermeneutica cromatica
Nessuno