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Vox Lux presenta un’idea originale ma non la esprime al meglio

Film discusso che ha diviso in due la critica, Vox Lux è scritto e diretto da Brady Corbet: si tratta di un atto di arroganza o di un’idea originale?
Recensione film Vox Lux 2018

Vox Lux è un film del 2018 scritto e diretto da Brady Corbet, attore che ha preso parte a numerosi lungometraggi nel corso della sua carriera ma che poi ha deciso di intraprendere la strada della regia. Dopo L’infanzia di un capo, premiato al Festival di Venezia come opera prima e miglior regia nella sezione Orizzonti, Vox Lux è il secondo lungometraggio del cineasta ed è stato presentato in concorso alla 75esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Dato che si tratta di un film che ha diviso la critica, com’è qualitativamente parlando? Di seguito la recensione.

La trama di Vox Lux, film di Brady Corbet con Natalie Portman

Di cosa parla Vox Lux? Il film di Brady Corbet è incentrato sulla figura talentuosa di Celeste, prima interpretata da Raffey Cassidy e poi da adulta da Natalie Portman. Dopo aver vissuto un’esperienza traumatica nel 1999, anno in cui la ragazza sopravvive in maniera miracolosa alla sparatoria di un suo compagno di classe nella scuola da lei frequentata, e pur avendo riportato una ferita alla colonna vertebrale, Celeste diventa una star del pop grazie alla canzone con la quale entra in classifica. Nella seconda metà del film, ambientata nel 2017, Celeste conduce una vita complessa per via di vari scandali che hanno minato la sua carriera da cantante.

La recensione di Vox Lux, film dove l’idea è originale ma non viene esposta al meglio

Il secondo film di Brady Corbet offre una visione alquanto affascinante, seducente negli intenti ma respingente per una realizzazione evidentemente troppo caotica. La prima metà ambientata nel 1999 vede la protagonista Celeste affrontare il dramma che segue la sua miracolosa sopravvivenza, e di fatto l’incipit – con la presentazione dei titoli di testa – è messo in scena con una lucidità paradossalmente fuori dagli schemi: si passa dal filmino ritraente la protagonista da piccola al brutale evento dell’attentato a scuola, dove il suo compagno di classe è stato truccato in maniera inquietantissima. La voce narrante extradiegetica è di Willem Dafoe, la quale ha l’obiettivo di inserire lo spettatore in un mondo grigio e dai toni spenti, dove soltanto la voce di Celeste riesce a riaccendere una fioca luce di speranza. L’ingresso di un Jude Law inaspettatamente trasandato nel ruolo del manager della futura diva del pop accresce la curiosità sia attorno alla sua figura che per ciò che avverrà, fungendo lui stesso da spartiacque tra le due sorelle. Il parallelismo con l’attentato alle torri gemelle è evidente in tal senso, dando risalto all’evento fulcro del decadentismo degli Stati Uniti.

Insomma, l’apertura di Vox Lux si concentra sull’eccesiva facilità con la quale circolano le armi in America, mentre nel blocco centrale è una nuova forma di violenza ad incrinare in via definitiva la psiche individuale – Celeste emerge senza riuscire a dimenticare e alimentando il trauma, sua sorella finisce nell’ombra nonostante il talento – e collettiva. Da questo punto di vista appare originale l’idea di Corbet di costruire l’immagine di una nuova regina del pop decostruendone l’adolescenza, compiendo un’ellissi forzata tramite cui Celeste viene celebrata in quanto vittima, e poi ascoltata come una voce ammaliante abile nel restituire serenità. Dopo 16 anni, di genesi e di rigenesi per l’appunto, la protagonista viene interpretata da una Natalie Portman in formissima perché sfruttata al meglio dal regista, il quale sapiente di ciò che l’attrice stessa avrebbe potuto offrire in termini di performance, decide di renderla nevrotica, egocentrica, egoista e logorroica, esattamente come il personaggio. Raffey Cassidy viene comunque utilizzata nel ruolo della figlia di Celeste, a proposito di rinascita.

La Celeste adulta è rimasta coinvolta in spiacevoli episodi che hanno minato la sua credibilità pubblica, ma in realtà ormai la sua figura – tramite la musica pop – è rimasta così ancorata all’immaginario collettivo da non permetterle di avvertire il senso del dovere, e ciò vale sia in termini di qualità, con l’ammissione di produrre video sempre più mal curati che vendono ugualmente ed in maniera automatica grazie ad un fruttuoso meccanismo commerciale, che di volontà nel prendersi le proprie responsabilità. Nel 21esimo secolo, e Vox Lux se ne dichiara un ritratto, il decadentismo di una nazione si nasconde dietro il glitter, la patina glamour, i testi musicali leggeri e le melodie orecchiabili, nel tentativo di costruire una cultura di massa in grado di assuefare il pubblico distogliendone attenzione e pensiero dai veri problemi sociopolitici. D’altronde, è esattamente ciò che fa Celeste assumendo specifici comportamenti di fronte il tragico evento in Croazia. Sul fronte estetico è certamente notevole il distacco tra la prima e la seconda parte del film, ambientate dunque in due momenti differenti dove l’uno è la conseguenza dell’altro, eppure per alcuni scivoloni di troppo il lavoro di Brady Corbet non risulta memorabile come dovrebbe.

Innanzitutto, il voice over ferma le immagini per fornire degli “spiegoni” inutili e didascalici sul passato di Celeste; tale scelta sembra soltanto essere un richiamo al cinema di Lars Von Trier, che Corbet tra parentesi conosce bene per ovvi motivi. Willem Dafoe ha un ruolo simile in Dogville (2003), ma la sua funzionalità assume ben altre connotazioni nell’opera con Nicole Kidman, mentre in Vox Lux rallenta il ritmo senza che ve ne sia una reale necessità. La seconda parte del film ruota attorno – tramite un atto di pedinamento – alle urla e al dolore di Celeste, tuttavia le parole vengono vomitate con cinismo dalla protagonista e dagli altri personaggi, mentre i gesti smisurati non provocano lo sgomento promesso nell’incipit. La verbosità e la ridondanza sono i due passi falsi compiuti da Brady Corbet nella parte ambientata nel 2017, per di più se si pensa che Natalie Portman canta palesemente in playback durante il concerto finale (ottime le canzoni di Sia), il quale funge da chiusura senza però incantare lo spettatore extradiegetico, a differenza del pubblico diegetico mostrato dal regista: fare il verso alle pop star del 21esimo secolo come Lady Gaga, Taylor Swift e Ariana Grande potrebbe essere un atto coraggioso e analitico per certi aspetti, ma con una messinscena così ridimensionata (le coreografie sono il minimo indispensabile) non sussiste alcun “graffio” tangibile. Vox Lux termina in un amarissimo nulla di fatto ed espone concetti audaci e contemporanei in modo superficiale, trasformando ciascuno di essi in parole scontate, costruendo immagini nemmeno così indimenticabili.

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Vox Lux (2018) recensione
Vox Lux
Vox Lux

Vox Lux si pone come una riflessione cinematografica sulla società contemporanea, e lo fa nell'arco di un racconto la cui durata è di circa 18 anni, incentrato sull'emblematica figura della cantante Celeste.

Voto del redattore:

6 / 10

Data di rilascio:

12/09/2019

Regia:

Brady Corbet

Cast:

Natalie Portman, Jude Law, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Willem Dafoe, Jennifer Ehle, Matt Servitto, Natasha Romanova, Daniel London

Genere:

Drammatico

PRO

L’originalità dell’idea e di conseguenza del soggetto
La costruzione della figura della pop star Celeste partendo dal concetto di vittima
L’interpretazione di Natalie Portman
La seconda parte del film, ambientata nel 2017, è troppo verbosa e ridondante
La voce narrante è una scelta fuori contesto: funge semplicemente da richiamo al cinema di Lars Von Trier
Il concerto finale non è così pop come dovrebbe: si vede che il canto avviene in playback e le coreografie rasentano il minimo indispensabile