Cerca
Close this search box.

Recensione – Batman: il primo cinecomic di Tim Burton

Il film che ha rivoluzionato la figura di Batman nell’immaginario collettivo e che ha fatto esplodere definitivamente la carriera di Tim Burton come regista.
Batman: la recensione del primo film di Tim Burton

Dopo l’inaspettato successo di Beetlejuice: Spiritello Porcello, al regista Tim Burton viene affidata la regia di Batman, l’ambizioso cinecomic che esce nel 1989. Il lungometraggio si rivela essere uno dei più grandi incassi della storia del cinema e rimane impresso nell’immaginario collettivo, divenendo grande fonte d’ispirazione per il genere e per numerosi autori.

La trama di Batman di Tim Burton

Ispirato alle primissime storie a fumetti create da Bob Kane e Bill Finger alla fine degli anni 30, alla run Batman: Strane Apparizioni scritta da Steve Englehart, alla graphic novel Batman: The Killing Joke scritta da Alan Moore ed alla run Batman: La Vendetta Del Joker scritta da Dennis O’Neil, Batman è il primo capitolo della quadrilogia cinematografica iniziata da Tim Burton e conclusa da Joel Schumacher. Il film presenta infatti la seguente trama:

La città di Gotham è avvolta dalla criminalità e dalla corruzione. Mentre la polizia continua ad intraprendere una dura lotta contro la malavita, Batman, un misterioso vigilante travestito da pipistrello, interviene durante la notte per catturare ladri ed assassini. L’identità segreta dell’uomo mascherato è il miliardario Bruce Wayne, il quale nasconde a tutti la sua attività eroica (fatta eccezione del suo fedele maggiordomo Alfred) per continuare ad agire indisturbato. Vicky Vale, celebre giornalista di cronaca nera, sembra l’unica donna a mettere un po’ di serenità nel cuore di Bruce. Tra i gangster che tengono sotto scacco la città, spicca Jack Napier, il quale, a causa di uno scontro con Batman, cade in una vasca di rifiuti tossici che lo deformano, trasformandolo in Joker, un uomo con la faccia da pagliaccio ancora più pericoloso di prima. Sarà compito di Batman fermare il Joker una volta per tutte.

Recensione - Batman: il primo cinecomic di Tim Burton

La recensione di Batman di Tim Burton

La mano di Tim Burton si sente tutta quando, all’inizio del film, viene inquadrata la città di Gotham: il regista immerge in atmosfere completamente gotiche, con i grattacieli che sembrano inglobare i cittadini come gigantesche nuvole nere. Il look di Gotham si rifà agli anni 40, creando immediatamente l’impostazione visiva di un noir ambientato in quel decennio, ma l’influenza dell’Espressionismo Tedesco adottata da Burton ritorna comunque preponderante: le cime dei palazzi hanno le forme di facce, le tubature sono deformate in direzioni imprecise, il fumo dello smog si mescola con la nebbia e diverse piano catturano Gotham rifacendosi ai campi lunghi di Fritz Lang in Metropolis, uno dei film più importanti del movimento citato. Nei primi minuti, si vede una famiglia di turisti, formata da due genitori ed un bambino, che cercano di orientarsi spaesati negli immensi quartieri di questa imponente ed inquietante città. Vengono immediatamente inseriti dei piccoli elementi che evidenziano la mancata attenzione alla sensibilità: la famiglia perde il Taxi che li avrebbe guidati a causa di un atto di scorrettezza, nel momento in cui un cittadino indifferente entra nel veicolo quando toccava a loro la precedenza. Altro elemento, che porterà la famiglia su un’altra strada, è quando il piccolo figlio prova ad indicare al padre la direzione in cui andare grazie alle indicazioni della cartina, ma il padre, accompagnato da un orgoglio da maschio alpha, non ascolta il bambino perché è piccolo, portando la famiglia ad entrare in vicoli di un quartiere malfamato. Se il padre avesse ascoltato il bambino invece di avere pregiudizi per la sua giovane età, probabilmente nessuno di loro avrebbe incontrato dei rapinatori spietati che li aggrediscono prendendosi i loro averi. Batman viene inquadrato per intero per la prima volta quando compare alle spalle dei due ladri, in lontananza sullo sfondo, silenzioso, perfettamente mimetizzato con la Gotham cupa, nera e buia.

Ancora prima della sua figura intera, l’eroe compare di sfuggita mentre osserva dall’alto le azioni criminali dei due ladri mentre assalgono una famiglia: lui è silenzioso e lontano da tutti, ma allo stesso tempo percepisce tutto ciò che accade a Gotham. In poche inquadrature, nonostante la scena dovrebbe mostrare il suo intervento eroico, Burton mette già in evidenza la solitudine e l’oscurità che avvolge il personaggio, diversamente dagli altri eroi del tempo. La prima cosa che fa davanti ai criminali è alzare il suo lungo mantello nero, come se volesse avvolgerli con la sua stessa oscurità a suo vantaggio. Burton inserisce il suo primo elemento grottesco: pur essendo il primo intervento dell’eroe a manifestarsi nel film, l’azione la iniziano i criminali per primi, sparandogli… e Batman, nella sua trionfante presentazione, cade a terra. Si tratta di un altro contrasto con l’eroe tradizionale: la prima azione di Superman nel film di Richard Donner fu quella di volare e salvare una donna afferrando un elicottero, mentre Burton evidenzia il protagonista mentre si becca un proiettile. Questa caduta però è solo un’illusione, dal momento che l’eroe si rialza subito e ha la meglio con facilità sui criminali, generando quindi una divisione tra il lato umano ed il lato surreale che viene riassunta in due azioni diverse. Burton quindi non rinuncia ad un contesto anche giocoso e grottesco, per quanto la cupezza della corruzione di Gotham sia comunque sempre forte e presente.

Gli anni 80 sono il periodo in cui gli action muscolari, con protagonisti figure aventi corpi che sembrano scolpiti nel bronzo (si pensi ad Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone), sono i film più popolari. Si tratta quindi di una grande sorpresa quando viene rivelato che Tim Burton, come interprete dell’Uomo Pipistrello, ha scelto l’attore Michael Keaton. La cosa suscita molto clamore prima dell’uscita del film, dal momento che Michael Keaton è conosciuto esclusivamente per commedie (tra cui Beetlejuice) ed il suo fisico è completamente diverso da qualsiasi eroe tradizionale venga in mente al pubblico, essendo basso e apparentemente mingherlino. Una scelta tanto fuori dagli schemi viene fatta perché l’autore vuole ritrarre Bruce Wayne come un individuo che, a prima vista, non può mai dare l’impressione di essere Batman. La figura burtoniana di Bruce Wayne distrugge lo stereotipo dei ricchi, ritenuti dai personaggi di Gotham come dei miliardari boriosi, mentre il protagonista è un tipo molto chiuso in sé stesso e per nulla vanesio. Tuttavia la vera destrutturazione arriva, appunto, con Batman: Burton vuole comunicare al pubblico che individui strani e particolari possono nascondere capacità che la società non potrebbe mai immaginare, abituata ad etichettare le persone che non appaiono perfette. La cosa è espressa anche visivamente nel momento in cui i personaggi di Knox e di Vicky si guardano allo specchio, la cui successiva inquadratura rivela la presenza di una telecamera all’interno di quest’ultimo mentre spia le due figure. Lo specchio, abituato ad essere la rivelazione apparente di qualsiasi figura, appare quindi completamente diverso al suo interno, così come qualsiasi persona può nascondere qualcosa di totalmente inaspettato nella propria anima. Knox e Vicky infatti si illudono di aver già inquadrato la figura di Bruce Wayne, ma in realtà è Bruce ad avere inquadrato loro, sia concettualmente che fisicamente.

Batman: la recensione del cinecomic di Tim Burton

La trasformazione del Batman e del Joker di Tim Burton

Il costume è una trasformazione che richiama alla doppia personalità: quando Bruce diventa Batman, lui si trasforma e la figura del pipistrello diviene la reale essenza di sé stesso, permettendogli di apparire temibile ed imponente, quando pochi minuti prima sembrava qualcosa di completamente diverso. Il costume non è solo un modo per nascondere la sua identità, bensì anche un’estensione della propria personalità che si rivela in tutta la sua fermezza e sicurezza. Bruce Wayne è un uomo solitario e Burton lo dimostra nelle inquadrature di lui che indaga all’interno della batcaverna mentre le ombre delle pareti lo avvolgono. Mentre fa le indagini, Bruce indossa gli occhiali per vedere meglio: negli anni 80 gli occhiali erano visti come un handicap nella società, tanto che il loro ruolo nelle storie di Superman (che li usa per nascondere l’identità) sono sempre stati visti dagli spettatori come un inganno per nascondere la vera forza dell’uomo. Invece Burton non ha alcun problema a mostrarli in un eroe che li usa nella propria intimità mentre sta analizzando dei dati e non per ingannare le apparenze, continuando la sua idea di dare voce agli emarginati, i quali diventano protagonisti assoluti.

Se da un lato Batman è un eroe oscuro e solitario che quasi si confonde con la città, dall’altra parte c’è un enorme contrasto che si crea con Joker, il suo avversario. Prima di diventare il clown del crimine, Jack è un gangster che viene tradito dal suo capo Carlo, il quale lo consegna alla polizia dopo aver scoperto che sua moglie va a letto con lui. Quando Jack esce dall’acido, con la sua mano che emerge dalle scorie chimiche mentre viene inquadrata come se fosse la resurrezione di uno zombie, si sottopone ad un intervento chirurgico che lo trasforma in un essere dalla faccia da clown. Jack vede il suo volto e impazzisce: spaccando la lampadina, distrugge l’ultima luce di umanità che gli è rimasta. Il suo volto da clown mostra che il male, stavolta, è pieno di colori, in contrasto con il nero che avvolge Batman. La prima volta che Jack appare trasformato da Joker, esce dall’ombra in tutta la sua spavalderia, diversamente dalla prima apparizione di Batman che invece rimaneva nascosto. Joker vuole costantemente attirare l’attenzione e gioca sempre con la morte fin dal suo primo momento in cui continua a sparare a Carl come se stesse facendo un balletto, nonostante quest’ultimo sia già deceduto ai primi due proiettili. Una volta eliminato Carl, Joker continua la sua ascesa nella malavita, ponendosi l’obiettivo di diventare un gangster con il potere assoluto. Anche lui è una persona particolare e bizzarra ma, come aveva già dimostrato con il personaggio di Beetlejuice, Burton dimostra che la stranezza e la follia possono essere usati anche per fare del male.

L’autore pone anche attacchi molto sottili nei confronti del consumismo, mostrando il pazzo clown del crimine che inserisce veleno all’interno dei prodotti cosmetici e alimentari che i cittadini di Gotham utilizzano nella vita di tutti i giorni, rimanendo uccisi nella sua trappola. L’obiettivo di Joker è indubbiamente il potere, ma la sua cattiveria è accompagnata anche da un grande divertimento, tanto che Burton sfrutta l’ironia dell’antagonista per mostrare la bellezza dell’arte che sovverte i canoni. Quando infatti Joker entra nel museo, si diverte a distruggere le opere all’interno dell’edificio, ma il suo modo di imbrattare i dipinti con la vernice ed il suo fare a pezzi le statue è, paradossalmente, un’altra idea di creare ulteriore arte. Agli occhi dello spettatore vengono mostrati il totale divertimento del personaggio nel creare caos, mostrando un parallelismo tra la sua macabra natura ed il modo in cui può creare la propria espressione: infatti, ad un certo punto, l’unico dipinto che ordina ai suoi seguaci di risparmiare è proprio un dipinto gotico (il Francis Bacon), il quale rappresenterebbe il suo genere di visione artistica. Joker si definisce un artista dell’omicidio poiché uccide le persone con creatività, perché ama modellare la morte a sua immagine e somiglianza, esattamente come il suo gas velenoso che fa morire le persone creando nei loro volti un gigno identico al suo.

Joker è un presuntuoso che vuole il potere e la sua arte omicida è solo un pretesto per soddisfare il suo ego. Infatti, quando Vicky chiede qual è il suo obiettivo, il clown gli risponde dicendo di desiderare la sua faccia stampata sui biglietti da un dollaro. In questo modo Joker può avere fama e ricchezza ottenuti in una sola volta, ma attraverso il terrore. Eppure tale terrorista riesce a spaventare i cittadini, ma questi ultimi cambiano idea sul killer non appena lui fa una presentazione trionfante attraverso una parata mentre distribuisce soldi gratis. La gente dimentica in fretta tutte le cattiverie fatte dal criminale non appena riceve denaro. Burton mostra l’immoralità che fa da padrona perché è la società a farsi corrompere facilmente, mentre Joker scatena tutta la colpa del terrore a Batman, approfittando del silenzio di quest’ultimo diversamente dal suo avversario che si lascia costantemente prendere dalla sua voglia di apparire. Joker è ritratto come un politico che accusa gli emarginati che sono diversi facendoli apparire come i cattivi, usando il carisma della propria apparenza giocosa e colorata per traviare le persone, ma dietro di lui è nascosto il male. Infatti, nel creare la bozza in cui Joker riesce ad ammaliare la folla, Burton si è ispirato alle inquadrature di Charles Foster Kane in Quarto Potere di Orson Welles, celebre lungometraggio che mostra quanto l’espressività del corpo e la propria voce è capace di governare i media e, di conseguenza, di controllare il mondo (e lo stesso Kane è presentato come una persona fortemente egocentrica).

Batman: la recensione del cinecomic con Michael Keaton

Il tormento del Batman di Tim Burton

In un colpo di scena, si scopre che Joker è l’assassino dei genitori di Bruce, quindi, di conseguenza, Joker ha creato Batman e Batman, facendo cadere Jack nella vasca, ha creato Joker. Nel ritratto di Burton, il male crea il bene che ritorna più forte in seguito ed il bene crea il male che ritorna più forte in seguito, dipingendo una lotta eterna. Tale lotta terminerà, temporaneamente, con la morte di Joker che cade dalla cattedrale dopo aver rapito Vicky, citando il finale di Metropolis di Fritz Lang. Tim Burton continua a dare voce alle varie forme di emarginazione anche negli altri personaggi: Knox è un giornalista che viene preso in giro da tutti perché indaga su Batman, figura su cui inizialmente molte persone non credono, e non solo alla fine ha ragione, ma dimostra anche di essere coraggioso cercando di fermare alcuni criminali che aiutano il Joker a gettare il gas narcotizzante nella città. Dall’altra parte la fotografa Vicky, pur essendo una ragazza che rispetta i canoni estetici della società con il suo fisico sontuoso e la sua splendida chioma bionda, prova una forte attrazione nei confronti delle storie più strane, così come è ammaliata dalla stranezza di Bruce Wayne essendo un tipo solitario e particolare. Il rapporto tra Bruce e Vicky è di per sé molto difficile, perché tutta la fermezza che Bruce ha quando diventa Batman non le presenta in altre occasioni.

Infatti Bruce Wayne non sa comunicare ed invita Vicky in una sala da pranzo in cui entrambi, che cenano a capotavola, vengono separati dalla lunga asse tipica di un uomo ricco. Vicky infatti nota che la casa non assomiglia affatto alla personalità di Bruce e lo esorta ad andare a mangiare in una semplice cucina in cui entrambi si aprono con maggiore intimità. Eppure, nonostante un momento intenso che li vede fare l’amore, Vicky si sveglia e non trova Bruce accanto a lei nel letto, perché lui è appeso a testa in giù nell’altro lato della stanza, come se fosse distaccato. La sua natura oscura e solitaria lo porta infatti lontano da Vicky, da cui si allontana completamente. L’autore fornisce spesso scene in cui si nota il completo distacco di Bruce, come il momento in cui scopre che Jack è ancora vivo (avendo creduto che fosse morto nell’acido) e la sua concentrazione nei confronti del criminale gli impediscono di sentire il dolore di un proiettile che lo colpisce nel braccio durante una sparatoria, come se fosse un insetto. Nella stessa scena, Vicky si avvicina a Bruce per soccorrerlo, ma lui la ignora di nuovo e scappa via. La fissazione di Bruce verso la giustizia gli impedisce di provare un legame nei confronti degli altri e forse anche verso sé stesso. Quando Batman chiude la batmobile con un sistema di sicurezza, quest’ultima diviene così impenetrabile da risultare inaccessibile a qualsiasi passante, esattamente come è l’animo di Bruce.

Dopo metà film, viene rivelato allo spettatore che Bruce, ogni periodo, va in un vicolo a depositare una rosa: quel vicolo è il luogo in cui sono stati uccisi i suoi genitori quando era un bambino. L’omicidio dei suoi genitori è il punto di rottura in cui ha conosciuto il male, creando un’ossessione nella sua testa che lo hanno fatto diventare distaccato da ogni legame per combattere in nome della giustizia, così che un omicidio come quello capitato a lui non succeda più. In questo modo, Bruce diviene un uomo perso nel suo dolore, avvolto da una continua solitudine che solo la luce di Vicky, creata dall’amore della ragazza nei confronti di Bruce, è capace di poter alleviare un po’. Quando Bruce, travestito da Batman, si confronta con Vicky, quest’ultima le chiede se lui si senta una persona normale, ma il vigilante risponde che è il mondo a non esserlo. Batman sembra pazzo, ma la sua follia gli appare lucida poiché é il male delle persone a risultare molto più illogico del suo bizzarro costume. Bruce definisce i pipistrelli come maestri dell’arte della sopravvivenza, perché è proprio ciò che è lui: un emarginato che tenta di sopravvivere al male del mondo, lottando con tutte le proprie forze. Con Batman, Tim Burton crea, per la prima volta nel cinema, un eroe che non è solare e divertito, bensì folle e malato. Tuttavia la sua follia, per quanto difficile da sostenere, non è una cosa negativa, bensì la sua salvezza.

Questo non significa che non sia difficile trovare il giusto equilibrio per accrescere i propri legami: al di fuori del costume, Bruce prova a rivelare la sua identità a Vicky, ma è talmente incapace a comunicare con le altre persone che, in un momento così importante, si ingarbuglia con le parole e non riesce ad essere chiaro. Questa insicurezza di Bruce crea più empatia nei confronti dello spettatore, perché l’autore mostra che chiunque può essere un eroe, anche le persone che sembrano bizzarre e malate. Burton evidenzia al pubblico l’interno della mente di Bruce per dimostrare che la sua apparente malattia mentale in realtà può apparire razionale, esattamente come i lavori dell’autore che appaiono macabri e inquietanti quando in realtà nascondono tutt’altro. In un altro dialogo con Vicky, Bruce dice che sente di dover combattere il male perché nessun altro può farlo come lui, quindi Burton sottolinea anche l’individualità unica di una persona diversa da tutte le altre. Grazie alla figura di Batman, Bruce mostra il lato migliore di lui sfruttando la sua oscurità, anche con scene visive imponenti, come il Batwing che copre la luna o la sua figura illuminata dal bat-segnale mentre risponde all’aiuto della polizia. Con Batman, l’oscurità appare più luminosa della luce stessa e non è più una paura, ma una salvezza.

Batman: la recensione del film di Tim Burton con Michael Keaton

Batman non ha soltanto consacrato l’arte di Tim Burton come autore da tenere d’occhio negli anni a venire, ma ha stravolto la figura dell’eroe stesso, creando nei confronti del pubblico il fascino verso i personaggi più cupi, allontanandosi dai canoni delle mode dell’epoca e dando maggiore spazio agli emarginati che, per la prima volta, possono apparire intriganti e imponenti. La sua straordinaria regia e le impattanti scenografie, accompagnati dalle splendide performance di Michael Keaton e di Jack Nicholson, sulle note dell’immortale colonna sonora di Danny Elfman, rendono il lungometraggio sull’Uomo Pipistrello uno dei più grandi cinecomic di tutti i tempi.

1,0
Rated 1,0 out of 5
1,0 su 5 stelle (basato su 1 recensione)
Batman: la recensione del film con Michael Keaton
Batman
Batman

Bruce Wayne si traveste da vigilante travestito da pipistrello, noto come Batman, per affrontare i criminali e fermare il temibile gangster Joker.

Voto del redattore:

9.5 / 10

Data di rilascio:

23/06/1989

Regia:

Tim Burton

Cast:

Michael Keaton, Jack Nicholson, Kim Basinger, Michael Cough, Robert Wuhl, Billy Dee Williams, Jack Palance, Pat Hingle, Tracey Walter

Genere:

Supereroistico, noir, action, drammatico

PRO

L’incredibile regia di Tim Burton
Le performance perfette di Michael Keaton e Jack Nicholson
La rivoluzione della figura supereroistica
La rappresentazione simbolica dell’eterna lotta tra bene e male
Il ritmo non sempre è scorrevole