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Perché il Joker di Joaquin Phoenix è fedele ai fumetti

Il Joker interpretato da Joaquin Phoenix è più fedele ai fumetti di quanto si pensi, nonostante i cambiamenti fatti per il villain DC siano notevoli.
Joker di Joaquin Phoenix: quali fumetti leggere

Quando si pensa a Joker di Todd Phillips, non è di certo per la sua fedeltà ai fumetti. Il film con protagonista Joaquin Phoenix, al di là della sua grande accoglienza, genera molte controversie tra gli appassionati della DC proprio per gli enormi cambiamenti che hanno dato una nuova visione al personaggio. Da questo lato, il cinecomic è estremamente divisivo, perché alcuni sostengono che il personaggio di Joaquin Phoenix sia l’iconico villain soltanto nel nome, mentre altri ritengono che la sua ideologia sia comunque rispettata nonostante le differenze. A seguire, la spiegazione del perché il Joker del film di Todd Phillips può essere ritenuto fedele ai fumetti.

L’attinenza ai fumetti del Joker di Joaquin Phoenix

Solitamente, nel momento in cui si paragona Joker di Todd Phillips alla materia originale da cui è tratto, si menziona immediatamente la graphic novel Batman: The Killing Joke scritta da Alan Moore, essendo la storia che racconta le origini del Joker per eccellenza e da cui il regista ha dichiaratamente preso alcuni elementi. Tuttavia, prima di analizzare le analogie con l’opera di Moore, sarebbe meglio iniziare con altri parallelismi. Al di là di alcuni momenti che richiamano a tratti tipici del mondo di Batman, il film stand alone con protagonista Joaquin Phoenix è stato presentato fin dall’inizio come una versione completamente diversa, avente elementi inediti che stravolgono il personaggio come mai nessuna trasposizione ha fatto prima di esso. Todd Phillips non ha mentito, dal momento che quasi nessun elemento narrativo è tratto da una vicenda accaduta nei fumetti, a differenza di ciò che era stato portato sul grande schermo da Tim Burton, Joel Schumacher, Christopher Nolan e Zack Snyder (ed anche Matt Reeves, l’ultimo autore arrivato dopo Phillips). Tuttavia, rispettare la mitologia del personaggio non significa soltanto raccontare le stesse storie, ma anche saper coglierne lo spirito.

Batman: La Morte Della Famiglia, celebre run scritta da Scott Snyder, è considerata una delle versioni più cattive e spietate del giullare del genocidio: quest’ultimo infatti si riattacca la faccia (strappata dal suo volto a seguito dell’ultimo combattimento) con le spillatrici, creando un unico immobile e sanguinolento ghigno sorridente degno dei più spaventosi film horror, il tutto mentre va in giro a tormentare la famiglia di Bruce Wayne nei modi più macabri possibili dopo aver apparentemente scoperto l’identità segreta dell’Uomo Pipistrello. Che cosa potrà mai centrare questa storia pubblicata nel 2012 e così tanto diversa dal cinecomic con Joaquin Phoenix? Non è infatti quello che fa Joker a dover essere evidenziato, quanto ciò che lo circonda. Nella storia Un’Invasione Di Sorrisi, appartenente alla run, il celebre villain ritorna a Gotham dopo un anno di attività. Nel momento in cui i giornali descrivono il ritorno di Joker, qualcosa esplode nella città, perché numerose persone si truccano da clown e vanno a manifestare (con tanto di cartelli che presentano la scritta Lunga Vita Al Joker), per poi cominciare a diffondere il caos per le strade urbane.

I fumetti che hanno ispirato il Joker di Todd Phillips
(I cultori di Joker in Un’Invasione Di Sorrisi)

Durante la storia, Batman spiega che Joker è un simbolo per Gotham, perché corrompe le anime delle persone nel modo più inaspettato. Infatti i numerosi seguaci del Joker non sono soltanto dei pazzi, ma anche dei cittadini normali che approfittano della presenza del supercriminale per convertirsi al loro lato più oscuro. A Gotham c’è una linea sottile in cui le persone mantengono la loro sanità mentale affrontando la dura vita quotidiana di tutti i giorni. Quando Joker è presente in città, il filo si spezza: dove c’è violenza, i cittadini si sfogano tirando fuori la loro rabbia repressa e le loro perversioni nascoste. Joker diventa quindi il lato oscuro di Gotham. Il Joker interpretato da Joaquin Phoenix diventa esattamente questo alla fine del film: un pazzo violento che i cittadini seguono e acclamano come un eroe, poiché, grazie al suo esempio di assassino dato durante il talk show mandato in onda, adesso le persone hanno il lasciapassare per trasformare Gotham in un cumulo di macerie, generando caos per dare sfogo alla loro aggressività. L’America presentata da Todd Phillips diviene così un incubo reazionario che toglie ogni spazio alla ragione, inglobandosi nella follia del Joker.

A seguito di ciò, è impossibile non citare Joker: L’Anno Del Criminale, unico fumetto della DC scritto dal regista John Carpenter. Nella storia Joker, approfittandosi di un adolescente che soffre di una malattia mentale, si traveste da Batman e va per le strade di Gotham uccidendo gente. Il Joker di Carpenter crea una visione distorta del supereroe ed utilizza il suo costume da vigilante come pretesto per fare del male, riuscendo addirittura a scatenare una folla inferocita contro l’Incantatrice, indicandola come nemico da sconfiggere in nome della libertà di Gotham. L’autore ritrae Joker in modo coerente con i film della sua carriera, dipingendo nuovamente un’America fascista e violenta che distorce figure (originariamente nate con lo scopo di proteggere) in mostri presenti all’interno di una società senza speranza. La storia è stata pubblicata nel dicembre 2019, due mesi dopo l’uscita del film di Todd Phillips. L’autore non può quindi aver preso ispirazione dal fumetto di Carpenter, ma è interessante il fatto che nello stesso anno uno dei più grandi registi del cinema post-moderno abbia avuto un’idea molto simile a quella presente nel cinecomic: entrambi infatti hanno creato un mondo in cui gli eroi non esistono, con la città condannata alle fiamme ed ogni idea di giustizia completamente distorta e convertita al male.

Il Joker di Joaquin Phoenix è uguale ai fumetti
(Joker, nei panni di Batman, che raduna il suo esercito in L’Anno Del Criminale)

I fumetti che hanno ispirato il Joker di Joaquin Phoenix

Nonostante Todd Phillips abbia dichiarato di aver ignorato la maggior parte delle storie presenti nei fumetti di Batman, ha anche ammesso che, allo stesso tempo, si è ispirato ad alcune opere scritte negli anni 80. La più evidente è The Killing Joke, la già citata graphic novel che spiega le origini del Joker. Nella storia di Moore, il villain viene descritto come un uomo che originariamente, in un solo giorno, perde la moglie incinta, viene coinvolto in un’azione criminale e cade in una vasca di rifiuti tossici che lo deformano e lo trasformano in Joker. Alan Moore crea la teoria che un uomo sano di mente può perdere il senno e non riprendersi più dopo una sola giornata andata storta. Il Joker di Joaquin Phoenix riprende lo stesso concetto tragico, raccontando un uomo buono che, a seguito di numerose cose orribili che gli capitano una dopo un’altra, impazzisce completamente e si trasforma in un folle criminale. La differenza più grossa è che Todd Phillips ha deciso di spalmare la cosa in più giorni, poiché, come ha ammesso anche in un’intervista, ritiene più credibile che una persona possa non riprendersi a seguito di un periodo orribile e non a seguito di un solo giorno orribile. Ad un certo punto nel film, il personaggio interpretato da Joaquin Phoenix omaggia esplicitamente la storia di Moore, pronunciando l’iconica frase Ho avuto una brutta giornata. Inoltre nella graphic novel Joker, prima di diventare un supercriminale, è un comico che non riesce ad emergere e fallisce totalmente, elemento che diviene una delle basi portanti del film di Todd Phillips. Molti pensano che un’altra analogia con The Killing Joke sia il finale di Joker: in quest’ultimo infatti ci sarebbe l’ambiguità delle azioni fatte nel corso del film che sarebbero tutte nella testa del personaggio, proprio come Joker, nel fumetto di Moore, afferma che il suo passato possa essere inventato da lui.

Per chi scrive, questo concetto è da escludere, perché il cinecomic di Todd Phillips tende ad essere molto esplicito nel comunicare quando le azioni di Arthur siano delle visioni fittizie, cosa che non avviene nel finale che appare lineare e coerente con tutti gli atti concreti realizzati dal personaggio. Ricollegandosi alla psicologia di quest’ultimo, va evidenziato che, nonostante la creazione di un passato tragico non sia una novità per la storia del Joker, molti sostengono che dare al villain troppi elementi che esprimono compassione sia un fallimento, poiché il giullare del genocidio non può in alcun modo essere compatito. Tuttavia va ricordato che compatire non significa giustificare: pensare che dietro alla follia sia nascosta una tragedia non da carta bianca per tifare per tutto ciò che il personaggio comincia a fare nelle scene successive. Al di là delle origini spietate mostrate in Batman: The Killing Joke, lo stesso fumetto di Alan Moore termina con Joker che rivela la sua sofferenza interna, attraverso la quale afferma di essere un malato che non ha alcuna speranza di essere salvato, a differenza del film di Todd Phillips che termina con il personaggio che si bea della sua nuova trasformazione. Il Joker di Alan Moore, prima di mostrare definitivamente la sua fragilità, ha paralizzato (e forse stuprato) una donna ed ha torturato psicologicamente e fisicamente il padre di quest’ultima, ma la conclusione della storia avviene evidenziando il volto di un uomo afflitto e non quello di un mostro sanguinario. La stessa cosa avviene nella graphic novel Joker scritta da Brian Azzarello: nonostante le continue scene in cui il clown assassino commette le cose più orrende (tra cui scorticare vivo uno dei suoi scagnozzi) e appare insensibile ad ogni cosa, c’è un unico momento di silenzio in cui lo si vede piangere mentre abbraccia Harley Quinn.

Perché il Joker di Todd Phillips è fedele ai fumetti
(A sinistra il Joker di The Killing Joke e, a destra, il Joker dell’omonima graphic novel di Azzarello, nei loro unici momenti di umanità)

In Batman: The Killing Joke, Joker descrive la follia come unico metodo per sfuggire ad una realtà negativa: il solo modo, per il pazzo, di salvarsi da un mondo crudele, è credere che nulla nell’esistenza abbia senso. Se nulla ha senso, allora non esiste moralità che possa tenere l’uomo ancorato al mondo. Se nulla tiene l’uomo ancorato al mondo, allora quest’ultimo è libero di commettere qualsiasi cosa, perché è meglio togliere valore alla vita piuttosto che entrarci per prendere consapevolezza delle cattiverie commesse e subite. Per questo Joker ride in continuazione: tutto è uno scherzo, con la risata che ha quindi il suo valore macabro attraverso omicidi concepiti con una perversione vergognosa. In Joker, Arthur Fleck riflette sul valore della risata stessa, spiegando che è legittimo che un uomo possa trovare divertente la morte e l’omicidio. Infatti, quando Joker fa del sangue il trucco per il suo sorriso da clown, realizza che il caos e le uccisioni sono l’unico modo per attirare l’attenzione della gente, scatenando orrori o esaltazioni contorte. Qualunque sia il risultato, lui reagirà in un sorriso sincero, perché finalmente c’è una luce proiettata su sé stesso. Un pazzo uomo in un pazzo mondo, dove ciò che dà un senso alla vita è avere la libertà contorta di togliere la vita stessa con leggerezza, chiudendo un ciclo in cui l’umanità definisce legittime azioni reazionarie che fanno del male.

Nella graphic novel di Brian Azzarello, Joker dice che la cosa che odia più di tutte sono le scuse, perché lui non vuole farsi perdonare per la sua follia mostruosa e vuole ribadire la sua libertà di essere consapevolmente un pazzo al di fuori della moralità del mondo, infliggendo dolore (da qui il pianto per Harley, perché ogni tanto un briciolo di lucidità umana salta fuori). Joker abbraccia la sua identità di omicida, così come Arthur e tante incarnazioni cartacee prima di lui. Che sia il fumetto di Moore, il fumetto di Azzarello o il lungometraggio di Phillips, Joker trova il suo rifugio totale nella follia. Un uomo che vive la propria esistenza solo all’interno della sua testa, uccidendo persone e bazzicando nel male assoluto, non è un’essere che fa pena? E provare pena per un omicida non è semplicemente un altro modo per ricordare l’importanza di agire come esseri umani che mantengono il buon senso, piuttosto che abbandonarsi e finire come un matto del genere? Provare pena per Joker non vuol dire tifare per lui e definirlo una figura tragica, sottolineando che tutti possono diventare Joker, non sminuisce la gravità delle sue azioni.

Joker con Joaquin Phoenix: quali fumetti lo hanno ispirato
(Joker che entra definitivamente nella follia in Batman: The Killing Joke)

A tal proposito, per quanto nel cinecomic sia nato dal marciume di Gotham, tutte le azioni omicide che Arthur compie sono per sé stesso, così come non gli importa nulla della rivoluzione di Gotham, purché i riflettori siano puntati sulla sua figura. Il Joker interpretato da Joaquin Phoenix è vanesio ed egocentrico, perché uccide, appunto, affinché la gente lo guardi, in modo da non tornare la persona ignorata come prima perché malata. Spesso nei fumetti il divertimento degli omicidi di Joker sono generati dalla sua vanità e dall’idea di essere il re dei comici: persino nel videogioco Batman: Arkham Knight, basato su uno degli universi più iconici dell’Uomo Pipistrello, viene rivelato che la più grande paura di Joker è quella di essere dimenticato. Anche il Joker interpretato da Jack Nicholson nel cinecomic Batman di Tim Burton afferma che il suo desiderio è vedere la sua faccia stampata sui biglietti da un dollaro, ennesimo elemento che conferma la vanità del clown in più versioni diverse. A tal proposito, Todd Phillips, al di là dei fumetti, omaggia proprio questa versione cinematografica, rendendo Joker nuovamente responsabile dell’omicidio di Thomas e Martha Wayne. L’unica differenza è che nel film di Burton Jack (il nome del personaggio in quella versione) uccide i genitori personalmente, mentre nel film di Phillips Arthur li uccide indirettamente quando un fanatico del Joker spara dopo aver pronunciato le stesse parole di quest’ultimo durante lo show. Nella scena il criminale strappa anche le perle di Martha, citando la graphic novel Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro scritta da Frank Miller (a cui lo stesso Tim Burton si era ispirato a sua volta per la stessa sequenza).

Anche l’idea, completamente originale, di rendere Bruce Wayne e Arthur Fleck dei possibili fratellastri è un modo per sottolineare la vicinanza tra i due personaggi. Entrambi avrebbero potuto avere una vita diversa, come viene sottolineato nell’unica scena in cui il personaggio di Joaquin Phoenix si avvicina al bambino: loro provano simpatia l’uno per l’altro, ma sono separati dai contesti differenti in cui sono cresciuti, ovvero Arthur nella povertà e Bruce nella ricchezza (le sbarre del cancello della villa possono infatti essere metaforiche). La scena non sarebbe mai potuta essere così tanto potente se il bambino avesse avuto un nome generico, perché mostra una nuova chiave nella mitologia variegata dei due futuri rivali. Infatti alla fine del film, dopo la morte dei due genitori che segue l’iconicità dei fumetti, Joker ride di gusto in manicomio, pensando ad una barzelletta. Quando il villain pensa alla battuta, viene inquadrato Bruce traumatizzato all’interno del vicolo e davanti ai cadaveri di Thomas e Martha Wayne, sottolineando la nascita di Batman. La barzelletta è che un giovane miliardario, nonostante nasca diverso da Arthur Fleck, affronterà la stessa tragedia e si tramuterà anche lui in un pazzo (lo stesso Batman, all’interno di quel mondo, potrebbe non essere un sinonimo di speranza). Alla fine Arthur e Bruce sono connessi dallo stesso concetto attraverso elementi diversi, proprio come The Killing Joke definisce Joker e Batman come due uomini diventati pazzi a causa di tragedie e nel lungometraggio viene inteso che, proprio come il già citato film di Tim Burton, è stato Joker a creare Batman.

Joker di Joaquin Phoenix: quali fumetti leggere
(A sinistra il giovane Jack Napier in Batman, a destra il fanatico mascherato da clown in Joker)

Todd Phillips si è ispirato davvero ai fumetti per creare Joker?

Un’altra scena che è saltata subito all’occhio degli appassionati è quella in cui Arthur si reca in un cinema e osserva una gag di Luci Della Città di Charlie Chaplin. La scena è estremamente simile ad una vignetta della storia Tornare In Sé scritta da J. M. DeMatteis, dove Joker, in un periodo temporaneo in cui smette di essere pazzo e diventa un cittadino comune, va a vedere proprio un film di Charlie Chaplin. La storia tuttavia è stata scritta nel 1994 e non appartiene al ciclo degli anni 80 a cui l’autore dichiara di essersi lontanamente ispirato. Si tratta di una svista di Todd Phillips o di una semplice coincidenza? E a qui ci si collega nuovamente a Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro menzionato in precedenza. Al di là delle perle di Martha, si nota l’idea di invitare Joker in un talk show dove, inevitabilmente, finirà per compiere un atto estremo, uccidendo Murray Franklin. Nel fumetto di Frank Miller succede la stessa cosa, con la differenza che Joker era già conosciuto per aver compiuto numerosi delitti (l’intento di Miller è denunciare una società pericolosa che spettacolarizza ogni cosa) e che alla fine finirà per uccidere tutto il pubblico presente nello studio e non solo il presentatore.

Joker Folie À Deux sarà fedele ai fumetti
(A sinistra la visione di Chaplin in Tornare In Sé, a destra la visione di Chaplin in Joker)

Nella stesso momento del film, prima della tragedia, il personaggio di Joaquin Phoenix bacia una delle collaboratrici di Murray Franklin, cosa che succede anche nella graphic novel di Miller, con la differenza che la povera dottoressa finisce uccisa a causa del rossetto mortale del clown. La scena, insieme all’omicidio nel vicolo e forse al momento di Chaplin, è l’unica a riprendere in maniera diretta una vignetta precisa di un fumetto di Batman. Tuttavia tale momento non avviene grazie ad una decisione di Todd Phillips, bensì grazie all’improvvisazione di Joaquin Phoenix, il quale ha rigirato la scena più volte provando l’entrata di Arthur nello show in modo sempre differente. E a questo punto la domanda che viene in mente è la seguente: tutte le analogie citate fino ad ora, al di là dei pochi palesi riferimenti espliciti, si collegano allo spirito originale del personaggio volontariamente o involontariamente? E se la risposta fosse la seconda, quanto la cosa avrebbe importanza? Dopo tutto il cinema ha dimostrato più volte che anche i tratti registici involontari possono fornire spunti e parallelismi che arrichiscono la riflessione sulla materia: si pensi alla mosca in La Passione Di Giovanna D’Arco, finita in un’inquadratura contro le previsioni di Charl Teodhor Dreyer, la quale ha generato numerose riflessioni al di là di quello che l’autore originale volesse, consacrando ulteriormente il suo classico. Per questo, a prescindere che Todd Phillips abbia letto o meno i fumetti al di fuori di The Killing Joke, le analogie con altre versioni del personaggio, che forniscono spunti sulla sua mitologia, non avrebbero valore minore nemmeno se fossero involontarie. Arrivando a questa conclusione, si può tranquillamente affermare che il Joker interpretato da Joaquin Phoenix sia davvero attinente allo spirito del personaggio originale rappresentato nei fumetti. Una volta stabilito ciò, va fatta un’ultima riflessione che si collega all’imminente sequel.

Perché il Joker di Joaquin Phoenix è fedele ai fumetti
(A sinistra Joker bacia la dottoressa in Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro, a destra il personaggio fa lo stesso in Joker)

Joker – Folie À Deux sarà fedele ai fumetti?

In Joker, Arthur Fleck diviene definitivamente il killer omonimo soltanto nell’ultimo quarto d’ora, ovvero dal momento in cui uccide Murray. Infatti quella del personaggio è stata una lenta trasformazione costante e concludere il film con il trionfo del suo alter ego è un’azione perfetta. Tuttavia, a seguito di questo concetto, in Joker: Folie À Deux il protagonista dovrebbe essere lo spietato killer fin dall’inizio del film, ma potrebbe essere un’impresa mantenere il suo lato malvagio senza generare scene che possano rendere Arthur Fleck un personaggio empatico agli occhi dello spettatore. Le probabilità che Todd Phillips scelga quindi di prendere una direzione lontana dal classico giullare del crimine non sono tanto basse. Lo stesso autore ha dichiarato, in varie interviste, che il sequel sarà ancora più controverso e stravolgerà ulteriormente il personaggio, pur non specificando ancora in che modo. Ciò non deve necessariamente far pensare che Joker diventerà buono e che non presenterà alcun elemento proveniente dai fumetti di Batman. Infatti basti pensare che l’intera vicenda ha al centro il rapporto tra lui e Harley Quinn, una delle figure più iconiche legate alla mitologia del clown assassino, così come altri indizi che si potrebbero trovare nei trailer usciti fino ad ora.

Ma nel caso il sequel con Joaquin Phoenix e Lady Gaga presentasse delle versioni completamente diverse da qualsiasi cosa si sia mai immaginata su entrambi i personaggi, sarebbe davvero un problema? In questo modo ci si collega all’ultima recente trasposizione audiovisiva di Harley Quinn apparsa in Batman: The Caped Crusader. Nella serie animata, Harley Quinn non ha ancora conosciuto Joker e, invece di essere il suo braccio destro che compie follie, è una giustiziera che induce gli uomini ricchi alla pazzia, ripulendo Gotham dalle anime che lei reputa perse e dannose per la società. Questa trasposizione non ha quasi completamente nulla a che fare con tutte le versioni apparse di Harley Quinn, fatta eccezione del suo mestiere da psichiatra e dalla sua sessualità lesbica. Eppure pochissimi hanno protestato quando il personaggio è apparso nella serie, poiché è stata lodata la scrittura di Bruce Timm. Stessa cosa si può pensare della Catwoman in Batman: Il Ritorno, completamente stravolta da Tim Burton, o ancora dell’apprezzata narrazione di Captain America: Civil War di Anthony e Joe Russo, totalmente diversa dalle vicende dei fumetti scritti da Mark Millar per la Marvel.

Joker di Todd Phillips: quali fumetti leggere
(A sinistra la divertente e sottomessa Harley Quinn in Batman: La Serie Animata, a destra la cupa e indipendente Harley Quinn in Batman: Caped Crusader)

Non si fraintenda: rendere gli adattamenti audiovisivi diversi dai fumetti non è per forza il modo migliore per creare una buona opera, anzi, è affascinante trovare collegamenti con le storie originali per notare l’evoluzione di vari personaggi che hanno attraversato decenni di storia della cultura pop. Tuttavia, perché evitare di tollerare i cambiamenti rispetto alla materia originale quando, in cambio, è anche possibile ricevere delle trasposizioni con nuovi spunti che potrebbero apparire più che efficaci? Il cinema è affascinante anche perché può ritrarre più volte le stesse figure con idee nuove e sempre diverse: che cos’è infatti un cinecomic se non una gigantesca graphic novel che crea un nuovo universo a parte in cui il personaggio protagonista presenta un diverso lato di sé, il quale raccoglie l’eredità delle storie precedenti (letterarie, cinematografiche o videoludiche che siano) e, allo stesso tempo, mostra lati inediti? Proprio per questo c’è molta curiosità per Joker: Folie À Deux, a prescindere da quanto sarà attinente ai fumetti oppure no.