Distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 9 agosto 2024 mentre in quelle italiane il 21 agosto dello stesso anno; tratto dall’omonimo romanzo di Colleen Hoover e diretto da Justin Baldoni (A un metro da te), prodotto da Sony Pictures tramite Columbia e distribuito su grande schermo italiano da Eagle Pictures. Il regista in questo caso veste anche i panni dell’attore coprotagonista, nel ruolo della controparte maschile, affiancato dalla star Blake Lively (Gossip Girl). Ma qual è il risultato di It Ends With Us – Siamo noi a dire basta? Di seguito la trama ufficiale e la recensione del film.

La trama di It Ends With Us – Siamo noi a dire basta

La pellicola romantica con protagonista Blake Lively ha ottenuto un ottimo riscontro al botteghino mondiale: a fronte di un budget di venticinque milioni di dollari, nelle sue prime settimana ha già superato la soglia dei duecento. Per quanto riguarda il giudizio della critica, sull’aggregatore Rotten Tomatoes, ha finora raggiunto il 58% di recensioni positive. Ma di cosa parla It Ends With Us – Siamo noi a dire basta? Di seguito la trama ufficiale del film diretto da Justin Baldoni:

“Lily Bloom è una donna che ha superato un’infanzia traumatica e intraprende una nuova vita a Boston per inseguire il sogno di una vita: aprire una propria attività. L’incontro casuale con l’affascinante neurochirurgo Ryle Kincaid fa nascere un legame intenso, ma mentre i due si innamorano profondamente, Lily inizia a vedere in Ryle lati che le ricordano il rapporto con i suoi genitori. Quando il primo amore di Lily, Atlas Corrigan, rientra improvvisamente nella sua vita, la relazione con Ryle viene stravolta e Lily capisce che deve imparare a contare sulle proprie forze per fare una scelta molto difficile per il suo futuro.”

La recensione di It Ends With Us – Siamo noi a dire basta

«Il primo amore non si scorda mai», questo Lily lo verrà a capire in un momento che sembra il meno opportuno, ma in realtà si rivelerà il più decisivo. Con Atlas si è intrecciato un legame intenso, rafforzato da una condizione di dolore comune: entrambi hanno dovuto soffrire nel vedere la propria madre subire violenze e maltrattamenti; un’empatia diversa dalle altre, la condivisione dello stesso trauma porta a vedere le stesse cose che invece tutti gli altri non vedono.

La tematica degli abusi domestici e della violenza di genere sono trai più sentiti e dibattuti della società contemporanea, sia per la coscienza femminile sempre più sviluppata, sia per il continuo dilagare di questi comportamenti criminali, divenuti vera e propria piaga dell’uomo moderno. Il modo in cui viene messa in scena segue la linea del film commerciale, senza essere esplicito nelle efferatezze ne senza creare difficoltà nella comprensione dell’accaduto, ed è il rispetto della sua natura mainstream ad essere il fattore vincente.

Quando si vuole educare il proprio pubblico di riferimento, cercando di mandare un messaggio, è necessario essere chiari, netti, non lasciando alcuno spazio all’ambiguità; fortunatamente, nel momento in cui bisogna tirare le fila del discorso, la pellicola di Justin Baldoni prende posizione, quella giusta, nel comunicare l’esigenza di chiudere le porte alla relazione non appena la violenza entra a gamba tesa nella vita di coppia. Una coppia protagonista affiatata e sinergica nel suo percorso di crescita e formazione, i due interpreti trasmettono l’emozioni giuste e diverse in base alla circostanze, quasi non ci si crederebbe che sul set sia avvenuto praticamente l’esatto contrario, eppure l’unica cosa da tenere conto è il risultato finale sullo schermo, soprattutto per quanto riguarda Blake Lively, capace di fornire una prova di degno livello, comunicando con l’espressività i distinti stati d’animo del personaggio, a seconda di ciò che le accade.

Azzeccata  la scelta di posizionare questi tipi di maschi in una precisa posizione sociale, associata per partito preso all’integrità morale: il padre di Lily ad esempio è stato un ex sindaco molto amato dalla sua gente, sempre ben vestito e ben presentabile, ignara di fosse e di chi sia stato all’interno delle sue mura di casa, luogo in cui si ha sempre mostrato la sua vera natura, così come Ryle, neurochirurgo di Boston, ottimamente piazzato, fisicamente ed economicamente, in grado quindi di trasmettere sicurezza ed affidabilità; sarebbe stato banale e scontato collocare individui simili in contesti più umili o ordinari, ma la realtà è ben diversa dai cliché a cui ognuno è abituato. In un lungometraggio senza particolari guizzi tecnici, un plauso va sicuramente al montaggio, efficace nel rendere fluido il susseguirsi delle sequenze narrative, fondamentale per garantire intrattenimento, alternando quelle flashback a quelle del presente, quest’ultimo caratterizzato da salti temporali cadenzati dalle immagini e dai dettagli, evitando le facili didascalie a cui tutti fanno ricorso.