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Recensione – El Jockey (Kill The Jockey), film di Luis Ortega con Ursula Corberó

Ambientato tra le strade della malavita di Buenos Aires, il surreale El Jockey è un’errante ed introspettiva ricerca della propria identità.
Recensione del film di Luis Ortega El Jockey

Presentato in Concorso all’81a edizione del Festival del cinema di Venezia, El Jockey è il nuovo film scritto e diretto da Luis Ortega. Si tratta dell’ottavo lungometraggio del regista argentino, salito particolarmente alla ribalta soprattutto con L’angelo del crimine, film del 2018 presentato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes. Con protagonisti Nahuel Pérez Biscayart e Úrsula Corberó, la Tokyo nella serie La casa di carta, El Jockey è una surreale e violenta ricerca della propria identità tra la malavita delle strade di Buenos Aires. Di seguito la recensione del film argentino di Luis Ortega in Concorso per il Leone d’Oro al Festival di Venezia 2024.

La trama di El Jockey, il film di Luis Ortega

Su sceneggiatura dello stesso regista, coadiuvato in sede di scrittura da Rodolfo Palacios e Fabián Casas, El Jockey è l’ottavo film del regista argentino Luis Ortega (El ángel), per un surreale thriller drammatico ambientato a Buenos Aires. In particolare, la sinossi ufficiale del film recita:

Remo Manfredini è un fantino leggendario, ma il suo comportamento autodistruttivo sta cominciando a metterne in ombra il talento e a mettere a repentaglio la relazione con Abril, la fidanzata. Il giorno della gara più importante della sua carriera, che lo libererà dai debiti col suo boss mafioso Sirena, ha un grave incidente, scompare dall’ospedale e vaga per le strade di Buenos Aires. Libero dalla propria identità, inizia a scoprire il suo vero io. Ma Sirena è determinato a stanarlo. Vivo o morto.

La recensione di El Jockey: un surreale vagabondare alla ricerca del proprio Io

Ottavo film del regista argentino Luis Ortega, per la sua visione El Jockey mette subito le cose in chiaro sin dai suoi primissimi minuti, con lo spettatore che si ritrova catapultato in uno squallido bar popolato da grotteschi freaks. Il film in Concorso a Venezia81, di fatto, si racchiuderebbe in queste ferme immagini in sequenza, cercando di dare un senso ed un fine a qualcosa che non deve averlo a tutti i costi. Così è la vita, un circo popolato da spiriti erranti ed a loro modo sempre spettacoli da baraccone, pieno di giostre sulle quali poter salire o scendere, finché non si arriva alla temuta stanza degli specchi, luogo di smarrimento per sua natura.

Troppo spesso si va infatti a ricercare il proprio riflesso senza trovarlo, posizionarsi su una bilancia ma con l’ago che non riesce a puntare verso nessun peso, nemmeno quei 21 grammi dell’anima. Il film di Ortega narra così di una totale perdita del sé affogato dal disagio di vivere, quando diventa impossibile potersi identificare in una singola entità. Non a caso, in quello stesso bar di freaks si fa la conoscenza del protagonista Remo Manfredi, fuoriclasse nella corsa dei cavalli ma incapace di fuggire da quella sua natura da eterno bambinone, dedito all’alcol e ai guai.

Una circostanza questa sostanzialmente analoga al precedente lavoro del regista argentino, ovvero quel L’angelo del crimine del 2018 che vede protagonista il diabolico ragazzo dal viso angelico Lorenzo Ferro. Mentre in quel caso Ortega sfruttò la storia vera del killer Robledo Puch, con il vuoto lasciato dall’identità sessuale che veniva colmato dal crimine, in El Jockey il regista segue le surreali vicende di un fantino nel mondo della malavita di Buenos Aires per un vagabondare verso il proprio Io. Affiancato e schiacciato dal Re (Padrino) e dalla Dama (Abril), più che al Fante (Jockey) a Remo corrisponderebbe meglio l’imprevedibile carta della Matta, in perfetta coordinazione con l’incapacità di leggere il proprio destino assegnato.

Ortega annebbia così il protagonista di un completo smarrimento, forte del rinnegamento del proprio passato e rendendo in tal modo impossibile pianificare un possibile futuro. Addentrandosi in un’impazzita introspezione, il regista chiede a Remo di morire per poter rinascere, per poi rendersi conto dell’effimero significato della vita. <<Sei nato, il resto non significa niente>> è la pietra tombale dell’analisi nichilista di Ortega sulla vita, per un film dove a vincere è il kaos, la confusione, intesa quest’ultima proprio come sovrapposizione degli antipodi. L’identità maschile si sovrappone così a quella femminile, l’Angelo custode mandato da Dio diventa quello della Morte, la perdita della vita diventa una nuova nascita in un continuo processo di reincarnazione.

Nonostante la profondità ed il peso della sua analisi, Ortega infarcisce il suo film di un grottesco ed un surreale piacevolmente divertito, divertendosi egli stesso a raggirare lo spettatore. In questo circo e teatro dell’assurdo, non mancano così i giochi di prestigio nei continui depistaggi e manomissioni nelle certezze di chi guarda, con l’imprevedibilità (la Matta) capace di strappare anche qualche risata di gusto. A condurre ulteriormente i giochi è poi una gestione del racconto e della costruzione dell’immagine di gran classe. Oltre alla ritmata colonna sonora di Sune Rose Wagner, è degna di nota anche la direzione della fotografia di Timo Salminen, stretto collaboratore dei fratelli Kaurismäki e reduce da Foglie al vento.

Brillantemente in parte anche Ursula Corbero, con la Tokyo della serie La casa di carta che rilascia un’ottima presenza anche emozionale, ed il protagonista Nahuel Pérez Biscayart, alle prese con un radicato trasformismo nonostante la taciturna dialettica. A fare la differenza in El Jockey resta, tuttavia, la sua scrittura ed il registro artistico del suo regista nel saper comporre non soltanto siparietti dagli ottimi tempi comici, ma anche e soprattutto una vincente idea di messa in scena. Trovando nel surreale e nel grottesco i suoi punti di forza, memorabili sono infatti le varie sequenze di ballo presenti nel film e, soprattutto, l’intera costruzione della Gara, particolarmente calzante per ritmo ed intensità dalla sua iniziale preparazione al suo atto conclusivo.

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El Jockey
El Jockey

L'ottavo film di Luis Ortega è un surreale vagabondare alla ricerca del proprio Io, passando per numerose reincarnazioni della propria identità.

Voto del redattore:

8.5 / 10

Data di rilascio:
Regia:

Luis Ortega

Cast:

Nahuel Pérez Biscayart, Úrsula Corberó, Daniel Giménez Cacho, Mariana Di Girolamo, Daniel Fanego, Osmar Núñez, Luis Ziembrowski

Genere:

Thriller, drammatico

PRO

La divertita analisi nichilista del regista colpisce il segno per la sua profondità.
Gran lavoro nel sfruttare il grottesco ed il surreale per imprimere comicità e colpire l’occhio attraverso continue idee immaginifiche.
Forte di una bella alchimia di coppia, i due protagonisti funzionano tanto insieme quanto in singolo.
Privando il racconto di maggior vigore, il surreale sfugge di mano in diverse occasioni abbandonando la narrazione pura.