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Recensione – Baby Invasion: il nuovo film sperimentale di Harmony Korine

La recensione di Baby Invasion, il nuovo film di Harmony Korine presentato fuori concorso a Venezia 81 che vuole creare una nuova ambiziosa provocazione nel cinema.

Dopo l’accoglienza controversa di Aggro Dr1ft, il regista Harmony Korine rincara la dose, tornando con un nuovo film sperimentale, intitolato Baby Invasion, che vuole riflettere sulla nascita di un nuovo linguaggio, utilizzando l’impostazione visiva che si rifà a quella dei videogame. Come era già accaduto per il film precedente, questa nuova ambiziosa opera è stata presentata fuori concorso all’81° edizione del festival di Venezia, ma stavolta come si presenta il risultato finale?

La trama di Baby Invasion

Baby Invasion si pone l’obiettivo di essere una giostra in cui il lato visivo prevale per portare lo spettatore in un mondo nuovo, di conseguenza la struttura della trama è estremamente semplice, soprattutto perché si tratta di un film girato completamente in soggettiva. Il lungometraggio infatti presenta la seguente trama:

Baby Invasion è un videogame progettato per far vivere ai giocatori l’esperienza di essere dei rapinatori che fanno scorribande trasformando i loro volti in quelli di neonati per non essere riconosciuti. Tuttavia il videogame viene hackerato e diffuso nel dark web. In seguito alla diffusione su Internet, tante persone decidono di emulare il videogioco, sfruttando la tecnologia dell’intelligenza artificiale per fare vere rapine.

La recensione di Baby Invasion

Diversamente dagli altri esperimenti realizzati senza presentare il contesto, lasciando quindi che sia lo spettatore a doversi informare per avere una base utile che aiuti la comprensione del film, stavolta Harmony Korine inizia il suo nuovo lungometraggio tramite una spiegazione, con la creatrice del videogioco (il cui nome riprende il titolo) che dichiarato esplicitamente quanto la sua creazione sia diventata una realtà alternativa in cui le persone si sono rifugiate. Non è un segreto che Korine, negli ultimi anni, abbia più volte detto di non provare più interesse verso l’impostazione originale della cinema, affermando invece che i videogiochi si stiano trasformando nel nuovo linguaggio che sostituirà quello delle generazioni a venire, influenzando notevolmente la settima arte fino a far diventare quest’ultima qualcos’altro. Attraverso tale concetto, l’autore ritorna sull’idea che, in un’epoca in cui i social influenzano le nostre vite e l’audiovisivo diventa sempre più simile alla realtà virtuale, il cinema del futuro sarà talmente vicino al corpo dello spettatore da essere parte diretta di un’esperienza sensoriale in cui il film influenza la nostra percezione e viceversa. Per questo Korine sceglie l’impostazione visiva di uno sparatutto in prima persona per realizzare l’intero lungometraggio, con le sequenze “d’azione” (se così si possono chiamare, dato che raramente qualcuno spara) girate in soggettiva proprio per richiamare alla realtà virtuale applicata nei dispositivi VR.

Inoltre l’autore riprende anche la stessa tipologia di protagonisti che sono al centro delle sue opere: individui violenti che abitano nei bassifondi (la casa in cui si preparano per andare a fare la rapina è visibilmente mal ridotta) e si abbandonano alle azioni più disumane. Korine quindi ricrea una realtà decadente in cui i personaggi si sentono loro stessi soltanto quando si sfogano nella violenza e nella distruzione. La scelta di sostituire tutti i volti degli individui con quelli di neonati è infatti un modo per ribadire non solo che le identità delle persone saranno indistinguibili (i bambini rappresentati sono quasi uguali), ma che saranno riportate al loro stato primordiale. Può anche darsi che l’idea di inserire gli infanti sia anche un modo per ribadire come questo linguaggio videoludico e social, fuso a quello del cinema, si tratti di qualcosa di completamente nuovo e quindi di appena nato. Infatti i volti dei neonati sono creati dall’intelligenza artificiale, la stessa tecnologia con cui è montato anche l’intero film, sottolineando come l’arte si lascerà trasportare da qualcosa di automatico, con l’individuo che non si distingue più dal digitale stesso. Al di là della voce fuori campo appartenente alla guida del gioco, non ci sono voci tra i personaggi presenti nelle scene, i quali si esprimono soltanto con didascalie identiche a quelle dei videogiochi di ruolo, con tanto di avatar che compare per introdurre le scritte dei dialoghi. E di nuovo Korine dimostra che tutto ciò, anche nella violenza, è filmabile e, in quanto filmabile, si tratta comunque di cinema, anche quando il linguaggio sembra allontanarsi da quelle che sono tutte le basi cinematografiche per creare un film.

La confusione videoludica di Baby Invasion

A sinistra scorrono i nomi dei nickname in tutte le inquadrature del film ed ogni nickname è accompagnato da un commento di una persona, come se l’intera vicenda fosse raccontata attraverso una diretta streaming: infatti, se si ha gli occhi attenti, si possono notare frasi come “Thanos aveva ragione“, i quali sottolineano il nichilismo presente nella realtà di Korine manifestato dagli stessi personaggi. Se una rapina può essere trasmessa in diretta, allora ogni cosa può essere messa a nudo nei social, tanto che durante le azioni dei ladri vengono mostrate anche le telecamere che riprendono gli interni delle case delle povere vittime, tra cui una madre ignara che abbraccia un bambino. Non si è al sicuro dal nuovo mondo social e tutto può essere violato dalla macchina da presa e portato alla luce sul web, qualunque sia la tecnica utilizzata. Tuttavia, se l’introduzione è eccezionale, creando sequenze interessanti come quella in cui il personaggio protagonista si allena con un coltello simulando gli stessi movimenti di un soldato di Call Of Duty, l’iniziativa di Harmony Korine viene tradita proprio quando la rapina comincia. A seguito di una presentazione che mostra l’idea di una realtà che si trasforma in un videogioco, ci si aspetta che Korine continui su quella linea, ma appena i personaggi si intrufolano in casa, gli occhi del protagonista seguiti dalla telecamera non si focalizzano quasi mai sull’azione. Il personaggio infatti si limita a vagare per la casa vuota e al massimo punta la pistola su un ostaggio, ma quel proiettile non sarà quasi mai sparato, mentre al massimo si guarderanno i compagni premere il grilletto in lontananza sullo sfondo.

Se l’azione non diviene il mezzo centrale del film, allora Korine può mostrare un’alternativa per creare un’esperienza sensoriale da lui tanto ambita ed a volte ci sono guizzi bellissimi, come una corsa in bici in cui l’ambiente circostante cambia colore per simulare l’effetto delle droghe, oppure quando il protagonista è intrappolato in un corridoio che ha, in fondo al tunnel, il volto del gamer che sta giocando alla partita, come se l’esperienza audiovisiva sia talmente grande da finire in faccia allo spettatore stesso. Questi guizzi infatti sono rari e l’alternativa proposta si riassume in momenti morti dove il protagonista non fa quasi nulla: gli ostaggi vengono coperti da bozze disegnate che infastidiscono durante la visione, interrotta ogni tanto da figure oniriche accompagnate da una voce che continua a menzionare un coniglio. Anche Aggro Dr1ft è un film pieno di visioni oniriche, ma lì spesso fungevano da estensione dei sentimenti del killer protagonista, come quando un demone compariva nel cielo mentre quest’ultimo osservava il mare prima di uscire a fare la sua ultima missione, rappresentando le sue paure interne di non tornare a casa dalla famiglia e la sua natura aggressiva di sicario. In questo nuovo film invece le visioni oniriche sono completamente casuali e non c’è nessun costrutto che tenga incollato per bene i discorsi interessanti che sono sparpagliati in un trip mentale senza alcun senso. Il sempre citato Aggro Dr1ft venne accusato da molti di non avere una trama, ma alla base aveva un personaggio che rifletteva su ciò che era diventato e che programmava uno scopo che trovava la sua conclusione, mentre nel lungometraggio attualmente trattato non c’è assolutamente nulla: persino i vecchietti volgari che vagano in Trash Humpers avevano dei dialoghi e dei risvolti narrativi. Il rapinatore vorrebbe rappresentare lo spettatore (o il giocatore) che sta provando Baby Invasion, ma senza una direzione precisa, anche se non didascalica, non c’è possibilità di capire dove Korine voglia andare a parare davvero e tutto sembra un’accozzaglia di luci e colori fini a sé stessi.

Baby Invasion: la recensione del film di Harmony Korine

La banalità di Baby Invasion

I difetti dell’opera dell’opera di Korine potrebbero essere tranquillamente compensati con i concetti espressi che fondono il cinema con i videogiochi, anche perché spesso l’autore è volutamente confusionario nei suoi ultimi lavori concentrandosi soprattutto sulle sequenze visive che riflettono su una nuova forma che sta influenzando il cinema, come se l’esperienza sensoriale espressa raccontasse delle vere e proprie tesi: Trash Humpers rifletteva sul fatto che chiunque potesse prendere in mano una telecamera nell’era digitale e rendere cinema anche la spazzatura (metaforicamente e fisicamente), mentre Aggro Dr1ft rifletteva sulla nascita di un nuovo linguaggio influenzato dai videogiochi e dall’intelligenza artificiale. E quindi la domanda è: qual è l’avanzamento di Baby Invasion nel cinema e cosa porta di nuovo nella filmografia di Harmony Korine? Trasformare il gameplay dei videogiochi in cinema o viceversa? Questa cosa già la fa il già citato Aggro Dr1ft, aggiungendo l’innovativo totale utilizzo delle telecamere a infrarossi che riflettono sulla telecamera che penetra persino all’interno degli organismi degli individui. Forse l’uso della soggettiva per rifarsi ai videogiochi in prima persona? Questa cosa è già stata fatta molto meglio da opere come Hardcore! di Il’ja Najšuller e Rider di Jacopo Rondinelli, senza contare le sperimentazioni presenti persino in film per il grande pubblico come John Wick 4 di Chad Stahelski (le inquadrature uguali agli Shoot ‘em up), Bad Boys: Ride Or Die di Adil e Bilall (la sparatoria ripresa attraverso il mirino di Will Smith) e Alien: Romulus di Fede Alvarez (le sequenze che vengono dai videogiochi horror). L’aggiunta delle sequenze oniriche al gameplay? Anche quelle stavano già in Aggro Dr1ft.

Dopo il primo atto del lungometraggio, compare la scritta Questo non è un film. Questo non è un videogioco.”. Harmony Korine quindi specifica di voler mostrare un nuovo linguaggio, ma tutto ciò che viene mostrato è derivativo, senza contare la già citata confusione delle sequenze che sembrano montate a caso. Non si può perdonare tutto semplicemente etichettando le scene come sperimentali se poi tale sperimentazione non aggiunge nulla o non espande concetti già trattati in precedenza. La scritta appena menzionata sembra più una furbata per evitare di dare spiegazioni e la scelta di non trattare la rapina sembra essere fatta semplicemente per fare in modo che il regista appaia poco scontato aumentando la sua fama di provocatore, ma proprio per provocare il più possibile ha rovinato un’esperienza con un grande potenziale. La mano autoriale di Harmony Korine si pone sempre l’obiettivo di voler stare un passo avanti rispetto alle intuizioni degli altri registi, ma stavolta non aggiunge nulla di nuovo al futuro del cinema che vorrebbe prevedere ed anzi, finisce per rimanere indietro non solo rispetto a lungometraggi che hanno già trattato i videogiochi sul grande schermo, ma anche rispetto al suo stesso cinema. In un’intervista Harmony Korine ha dichiarato che Baby Invasion nasconde, all’interno delle inquadrature, dei codici che portano ad “altri livelli“, cioè dei link che permettono la visione di altri lungometraggi che raccontano lo stesso mondo dal punto di vista di altri personaggi (presumibilmente i compagni di rapina del protagonista), ma a questi codici si potrà avere accesso soltanto quando il film sarà distribuito, quindi la valutazione dell’operazione rimane incompleta per forza di cose. In ogni caso il “primo capitolo” che è stato proiettato al festival rimane il suo peggior film sperimentale in assoluto.

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Baby Invasion
Baby Invasion

Delle persone ricche si ritrovano a dover combattere rapinatori con le facce da neonati che hanno invaso la loro casa.

Voto del redattore:

5 / 10

Data di rilascio:
Regia:

Harmony Korine

Cast:

Anonymus, Juan Bofill, Antonio Jackson, Troy Roker, Andrea Douglas, Judith Topper, Antoni Corone, Jacquie Schmidt

Genere:

Azione, fantascienza, thriller

PRO

L’idea di parlare dell’influenza del cinema sui videogiochi
Alcune sequenze visivamente intriganti
Le bellissime musiche di Burial
La mancanza di un costrutto narrativo
Esagerazioni stilistiche che disturbano la visione
La mancanza di una sperimentazione realmente nuova
I personaggi inesistenti