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Recensione – Happyend, il film di Neo Sora

Ambientato in un prossimo futuro, il film di Neo Sora fa riflettere sulle dinamiche interpersonali nella società di oggi, con la minaccia dell’imminente distruzione che soffia sulla visione del film.
Recensione film Neo Sora Happyend

Presentato nella sezione Orizzonti dell’81a edizione del Festival di Venezia, Happyend è il primo film di finzione scritto e diretto da Neo Sora. Il regista nipponico presentò, proprio alla scorsa edizione della Mostra, il documentario Ryuichi Sakamoto | Opus, incentrato sull’ultimo concerto del maestro e compositore giapponese. Il debutto nel cinema di finzione con Happyend porta invece lo spettatore nella Tokyo di un futuro prossimo, con i protagonisti chiamati ad una prova di fiducia e d’amicizia sotto la minaccia di un devastante terremoto. Di seguito la recensione di Happyend, il film di Neo Sora presentato nella sezione Orizzonti a Venezia81.

La trama di Happyend, il film di Neo Sora

Su sceneggiatura dello stesso regista, Happyend è un drammatico film incentrato sulle dinamiche interpersonali di una scuola di Tokyo che vengono influenzate dalla minaccia dell’Apocalisse, ampliandone poi la portata alle questioni socio-politiche giapponesi. In particolare, la sinossi ufficiale di Happyend recita:

I migliori amici Yuta e Kou stanno per diplomarsi alle superiori in una Tokyo del prossimo futuro, dove la minaccia di un terremoto catastrofico getta un’ombra sulla vita quotidiana. Una notte fanno uno scherzo al loro preside, con inaspettate conseguenze che portano all’installazione di un sistema di sorveglianza nella scuola. Mentre queste oppressive misure di sicurezza prendono piede e si aggrava la situazione politica nazionale, Kou prova sempre più frustrazione nei confronti del mondo, mentre Yuta ne resta apparentemente inconsapevole.

La coscienza politica di Kou inizia a emergere quando questi si confida con un altro studente, attivista appassionato, e prende le distanze da Yuta con l’idea che l’amico non capirebbe mai i suoi nuovi interessi. Per la prima volta nella loro amicizia di una vita, i due sono costretti ad affrontare differenze che non avevano mai espresso prima.

La recensione di Happyend: un “cyberpunk” affascinante ma fatalmente spento

C’è un certo rammarico nel scrivere la recensione di un film come Happyend, opera di debutto nel cinema di finzione del regista nipponico Neo Sora. Questo perché i temi socio-politici trattati ed affrontati nel film restano di indubbio fascino, soprattutto se arricchiti da un contesto fantascientifico ed in un certo modo da disaster-movie come quello della Tokyo del prossimo futuro. Con questo titolo, presentato al Festival di Venezia 2024 nella sezione Orizzonti, ci si sta riferendo infatti ad una distopia che, tuttavia, eccezion fatta per qualche elemento si configura come attuale e semplice specchio della realtà odierna per il regista del Sol Levante.

La storia di Happyend riprende infatti alcuni dei fattori che hanno determinato l’adolescenza dello stesso Sora, con i dubbi e le preoccupazioni che incombono nel Giappone di oggi, spaventato da una deriva razzista e nazionalista particolarmente incisiva. Nel film si parla infatti di una “normalizzazione” dei cittadini, con riferimento alla loro cittadinanza, controllo serrato da parte delle forze dell’ordine e protagonisti del racconto che diventano così un sorvegliato gruppo di studenti, quali maggiori rappresentanti del pensiero libero di un Paese.

Con la scusa di una maggiore “sicurezza”, il preside della scuola installa infatti le telecamere all’interno della scuola per poter controllare meglio i propri alunni come animali, onde evitare che si possano verificare nuovamente episodi come quello di vandalismo capitatogli. Tra i corridoi della struttura, il semplice espediente delle telecamere porta ad un vero e proprio modello orwelliano di fantapolitica, dove gli studenti non possono muoversi liberamente (nemmeno abbracciarsi tra di loro) senza il rischio di incorrere in qualche ridicola sanzione.

Soprattutto attraverso una sagace ironia, Happyend si mostrerebbe infatti molto duro contro il potere, il quale viene sicuramente deriso ed umiliato nella sua fredda ed algoritmica burocrazia. Emblematica in tal senso la scena dello studente alle prese con una sigaretta nel cortile scolastico: qualsiasi cosa faccia, che sia tenerla in mano o gettarla via per non dare l’impressione che la stia fumando, egli va incontro a continue infrazioni del regolamento. Una situazione insostenibile per gli studenti oppressi, tanto da spingerli a manifestazioni ed azioni d’occupazione all’interno dell’istituto.

Tanto per la sua ricerca della ribellione del pensiero quanto per la compagine futuristica, il cuore di Happyend si mostrerebbe come essenza del cyberpunk, alimentato anche e soprattutto dalle sonorità techno e synthwave (non a caso i protagonisti cercano una via di fuga proprio nella musica). Il profondo timore verso gli eventi sismici, specialmente in un paese come quello giapponese, si tramuta così metaforicamente nella minaccia di una deriva dittatoriale di estrema destra della nazione ed oppressione del pensiero.

Riguardo a ciò, tuttavia, una delle note di maggior fascino di Happyend sta proprio nell’evitare di condurre la sua trattazione tematica in un unico senso, presentando anche personaggi che accolgono le scelte prese dal preside(Stato) e che criticano la ribellione dei coetanei. La spaccatura viene mostrata proprio all’interno di un’amicizia apparentemente inossidabile, come quella tra Yuta e Kou, fratelli non di sangue ma di scelta. Mentre uno addita l’ignoranza e l’incapacità dei propri compagni di aprire gli occhi sull’oppressione del governo, l’altro difende la sua comfort zone riconoscendo i modelli di comportamento imposti ma che questi non costituiscono un fattore particolarmente limitante sulla sua vita, evidenziando elementi di comodità e sicurezza.

Nasce così un interessantissimo scontro dialettico e politico generazionale, tra i giovani, dove i genitori ed in generale gli adulti sono quasi completamente emarginati, distanti ed ostili. Tuttavia, si accennava poc’anzi al rammarico nel redigere la recensione di Happyend, poiché il film non riesce purtroppo a decollare ed a raccogliere quanto seminato attraverso una buona classe registica e di scrittura. Eccezion fatta per qualche sorriso e la presentazione di un’efficace fantascienza minimalista, il film non solo non ha la forza di emozionare attraverso la storia dei propri personaggi (un cast giovane ma non memorabile), ma si concluderebbe con un nulla di fatto per quanto concerne il discorso socio-politico, con una certa ambiguità sulla sospensione della minaccia “sismica”.

Ne nasce un titolo di gran fascino nella stimolazione di continue riflessioni socio-politiche, dando prova di una pregevole classe registica di Neo Sora, ma che non rimane impresso nella memoria né per quanto riguarda lo sviluppo narrativo né per quanto riguarda la costruzione immaginifica sullo schermo.

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Locandina del film Happyend
Happyend
Happyend

Ambientato in una Tokyo del prossimo futuro, il primo film di Neo Sora intavola un'interessante riflessione socio-politica affrontata intelligentemente dai giovani.

Voto del redattore:

6 / 10

Data di rilascio:
Regia:

Neo Sora

Cast:

Hayato Kurihara, Yukito Hidaka, Yuta Hayashi, Shina Peng, Arazi, Kilala Inori, Ayumu Nakajima, Masaru Yahagi, Pushim, Makiko Watanabe, Shiro Sano

Genere:

Fantascienza, drammatico, commedia

PRO

Sebbene non originale, il soggetto e la trattazione stimolano interessanti ed inevitabili riflessioni socio-politiche.
Soprattutto per un debutto, la regia di Neo Sora si mostra di pregevole fattura.
Nonostante la tavola imbandita di temi, il film si concluderebbe sostanzialmente con un nulla di fatto.
Una visione che non riesce ad emozionare in un senso o nell’altro, anche per via di una prova sottotono del giovane cast.