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Harvest è un western di sola estetica ma vuoto nel contenuto

Il terzo film di Rachel Athina Tsangari è un western atipico con Caleb Landry Jones e Harry Melling: ma qual è il risultato di Harvest, presentato al Festival di Venezia 2024?
La recensione di Harvest, il terzo film western di Rachel Athina Tsangari con Caleb Landry Jones e Harry Melling

Rachel Athina Tsangari è una delle registe e sceneggiatrici più importanti e impattanti nell’ambito della contemporaneità, il cui nome è spesso stato associato a quello di Yorgos Lanthimos, non soltanto perché il regista greco di Povere Creature! è presente nel suo Attenberg, ma anche perché la Tsangari è produttrice di Dogtooth, probabilmente il primo film che abbia permesso a Lanthimos di affacciarsi decisamente sul mondo cinematografico dell’Occidente. Dopo aver diretto Attemberg e Chevalier, rappresentando il disagio giovanile e mettendo in fiaba il complesso e ambiguo mondo della politica, la regista greca torna al Festival di Venezia 2024 con Harvest, un’atipica rivalutazione del genere western. Ma con quale risultato? Di seguito, si indica la trama e la recensione del film.

La trama di Harvest, il film di Rachel Athina Tsangari con Caleb Landry Jones

Prima di proseguire con la recensione di Harvest, il film di Rachel Athina Tsangari che vede Caleb Landry Jones e Harry Melling protagonisti, è importante specificare innanzitutto quale sia la trama del film che costituisce, per la sua struttura, una rivalutazione atipica del genere western che avviene attraverso il racconto di due figure – “Walter Thirsk, uomo di città datosi all’agricoltura, e l’impacciato proprietario Charles Kent, suo amico d’infanzia” -, in un ambiente di cui non viene specificato luogo e tempo. Il villaggio raccontato viene abbattuto dal trauma incombente della modernità e di quell’industrializzazione che, come spiegato dalla stessa regista, viene posta al di fuori dello schermo, venendo distrutto in una settimana di eventi anomali che sono presentati all’interno del film.

La recensione di Harvest: tanta estetica per un contenuto vuoto

Il dramma dell’industrializzazione rappresenta uno dei temi più dibattuti nell’ambito storiografico, soprattutto per le profonde conseguenze che sono state avvertite da parte di numerosi gruppi sociali. La realtà della campagna, velocemente scomparsa come istituzione nell’ambito della modernità, soprattutto per le civiltà che l’hanno abitata, diventa l’oggetto del racconto di un nuovo lungometraggio di Rachel Athina Tsangari. Non è un caso che la Grecia sia il punto di partenza di numerose idee di nuovo cinema contemporaneo, che trovano in Yorgos Lanthimos il principale interprete: il terzo millennio, per questo popolo, si è aperto e persegue nel segno di disastri sociali e politici, che si sono radicalizzati in formule sempre più estremizzate e visivamente potenti. Il senso del territorio, dell’usurpatore e dello straniero concepito come potenzialmente violento diventa la materia fondante di Harvest, film che arriva a nove anni di distanza da un altro lavoro (Chevalier) che rifletteva sul tema politico attraverso un impianto metaforico predominante; nel western atipico presentato dalla regista greca, si racconta di un piccolo villaggio inquadrato in un non-spazio e non-tempo, in cui due figure (interpretate da Caleb Landry-Jones e Harry Melling) fronteggiano la modernità e il suo radicale e distruttivo cambiamento. Se la prima parte del film è dedicata all’inquadrare le caratterizzazioni peculiari di questo territorio, che vive di autarchia ed è autosufficiente nei suoi stenti, con il prosieguo della narrazione il confronto con l’altro diventa sempre più necessario e determinante, portando il personaggio di Caleb Landry-Jones ad essere ponte tra due realtà tra loro distinte.

Il tentativo di Rachel Athina Tsangari appare certamente ammirevoli nelle sue definizioni e nella sua forma: così come si diceva per Attenberg, però, ancora una volta la regista greca sembra soffrire di un atteggiamento costrittivo ed ego-riferito, che finisce per annullare la materia stessa della narrazione, appiattendo le potenzialità che erano state osservate nella prima parte del film. Rispetto a quel trascorso, che pure aveva avuto il merito di fornire una traccia aggiuntiva rispetto alla rappresentazione della perdizione giovanile, Harvest rappresenta strutturalmente un notevole passo in avanti: ci si ritrova, in questo caso, di fronte ad un film notevole nella sua confezione estetica (soprattutto grazie alla fotografia di Sean Price Williams) e ben ispirato per quanto riguarda le sue interpretazioni principali; ancora una volta, Caleb Landry-Jones sperimenta con un personaggio che cede alle lusinghe del vagabondaggio e che, soprattutto, può esprimere se stesso in un atteggiamento quasi bohemièn e stralunato, che viene a coincidere anche con la personalità dell’attore. Tutto ciò che resta, purtroppo, non è assolutamente salvabile: estrapolando il tema della caccia alle streghe e del dagli all’untore! che il film vuole proporre, in una forma di sperimentazione che non appare neanche così tanto netta, la narrazione è totalmente vuota e avulsa rispetto ad un contenuto che avrebbe potuto, e dovuto, offrire molto di più soprattutto per quanto riguarda il tema della lotta per il territorio.

Nei suoi interminabili 131 minuti, Harvest non riesce mai a trovare una collocazione di genere, accontentandosi di falsi sensazionalismi visivi e uditivi e non reinquadrandosi mai entro una cornice che vada oltre il mero impatto visivo dell’opera. Ne sovviene non soltanto un contenuto vacuo, ma anche un’estrema offesa al tema trattato, che viene ridotto a sterile pretesto di danze degli attori e di interpretazioni sopra le righe; ancora una volta, Rachel Athina Tsangari rimane vittima di se stessa e fallisce anche nel (presunto) western, restituendo l’idea di avere, ormai, ben poco da dire e da offrire al cinema contemporaneo.

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Harvest
Harvest

In una reinterpretazione tragicomica del genere western, Harvest di Rachel Athina Tsangari mostra la scomparsa di un villaggio western in una settimana di eventi catastrofici e indefinibili.

Voto del redattore:

4.5 / 10

Data di rilascio:

03/09/2024

Regia:

Rachel Athina Tsangari

Cast:

Caleb Landry Jones, Harry Melling, Frank Dillane, Rosy McEwen, Arinzé Kene, Stephen McMillan

Genere:

Drammatico, western

PRO

La fotografia del film
L’interpretazione stralunata di Caleb Landry-Jones
La vacuità del contenuto
La pretestuosità del cinema di Rachel Athina Tsangari
La totale assenza di un reale assetto che giustifichi l’etichetta western del film