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Maldoror è il rabbioso trionfo del caos sull’ordine della giustizia

Il nuovo film di Fabrice Du Welz, con Anhtony Bajon, è un thriller poliziesco basto sulla storia di un vero serial killer che ha terrorizzato il Belgio.
Recensione del film di Fabrice Du Welz Maldoror

All’81a edizione della Mostra Cinematografica di Venezia viene presentato Fuori Concorso il thriller Maldoror, il nuovo film scritto e diretto dal regista belga Fabrice Du Welz. Quello che vede protagonista il giovane attore francese Anthony Bajon è un poliziesco sulle tracce di un serial killer, con la storia vera di quest’ultimo che ha ispirato il 7° film dell’autore belga di Vinyan e Colt 45. Ecco di seguito la recensione di Maldoror, il nuovo film di Fabrice Du Welz, regista di Calvaire e Inexorable del 2021.

La trama di Maldoror, il film di Fabrice Du Welz

La narrazione di Maldoror, ultimo film scritto e diretto dal regista belga Fabrice Du Welz, trova ispirazione da fatti realmente accaduti, seguendo l’indagine di un serial killer che ha terrorizzato il Belgio per un decennio. Di seguito viene riportata la sinossi ufficiale di Maldoror, il film con Anthony Bajon:

Quando due ragazze scompaiono, Paul Chartier, giovane e impulsiva recluta della polizia, viene assegnato a “Maldoror”. Quest’unità segreta è stata creata per monitorare un pericoloso maniaco sessuale. Quando l’operazione fallisce, stufo dei limiti imposti dalla legge, Chartier decide di dare la caccia ai colpevoli per conto suo.

La recensione di Maldoror: il trionfo del caos sull’ordine della giustizia

Un calvario cristologico ha inaugurato la carriera cinematografica dell’autore belga Fabrice Du Welz, con un martirio che arriva come ultima opera scritta e diretta dallo stesso al Lido di Venezia. In Maldoror si fa esplicito riferimento a Giovanna d’Arco, ma ad essere riprese sono anche le dinamiche politiche già intraviste ad esempio nel film Colt 45 del 2014, oltre al deterioramento cagionato dall’ossessione – sempre con la morte/scomparsa di giovani anime innocenti al centro della narrazione – come per lo splendido Vinyan.

Con il titolo presentato Fuori Concorso a Venezia81 si fa infatti riferimento ad un thriller squisitamente poliziesco, che sfrutta uno dei casi di cronaca nera più celebri della terra del regista per rappresentare su schermo la vittoria del caos sull’ordine, dell’ingiustizia e della perdita di amore. Desolante la storia realizzata da Fabrice Du Welz e che viene ispirata dai fatti legati al criminale realmente esistito Marc Dutroux (soprannominato Il Mostro di Marcinelle): serial killer, pedofilo e sequestratore di bambine in Belgio tra il 1985 e 1996.

Eppure, in questo noir dai tratti bucolici vicini ad un’indagine “alla Seven” di David Fintcher, Fabrice Du Welz sceglie di concentrarsi maggiormente sulla disfunzione del sistema politico e di sicurezza del Paese, con Dutroux che scandalizzò l’opinione pubblica per la profonda inefficienza delle forze di polizia e che coinvolse direttamente anche gli esponenti del governo. Fin dai suoi rumorosi titoli di testa, il regista propone continuamente un’insanabile spaccatura all’interno del contesto sociale belga degli anni ’90, tra il popolo e le istituzioni ma anche e soprattutto all’interno di queste ultime, con l’inadeguatezza e l’insensata competizione tra le forze di polizia che non fa altro che mettere in pericolo gli innocenti.

Una confusione, burocratica sociale e politica, messa in scena intelligentemente da Du Welz anche nelle reiterate sequenze caotiche, tra scelta dell’inquadratura e sonoro, svelando un caos che prevale sull’ordine del senso di giustizia. In questa valle corrotta senza legge, solo la determinazione del protagonista Paul può portare alla risoluzione del caso e ciò potrà avvenire solo attraverso un intervento autonomo ed una prova di forza e resilienza. Nella sua personale crociata, il protagonista viene abbandonato e si abbandona al proprio dolore e frustrazione, non riuscendo a dormire finché non riuscirà ad ottenere un barlume di giustizia nella macabra vicenda che lo circonda.

A dare maggior vigore al personaggio ci pensa direttamente il giovane protagonista Anthony Bajon, Orso d’argento al miglior attore per la sua interpretazione in La Prière. Nonostante il personaggio venga presentato in sé dalla scrittura quale nevrotica testa calda, in Maldoror l’attore francese riesce infatti a restituire su schermo la follia necessaria e frutto di una spirale di ossessione che lo avvolge e lo consuma sempre più, per una prova di rabbia dettata dal rimorso e dall’odio verso coloro che non gli hanno fatto svolgere liberamente il proprio compito.

Si è detto come la visione di Maldoror sia particolarmente caotica, nevrotica e rabbiosa, vicina in un certo senso anche all’esperienza orientale tanto per i temi politici affrontati quanto per la crudezza fisica e psicologica adottata dal regista. Du Welz continua infatti a strizzare l’occhio all’horror e, quando decide di giostrarsi in tali confini, realizza sequenze tanto affascinanti quanto perturbanti. La tensione, dettata soprattutto dall’ottimo sonoro, è spesso presente in tutto Maldoror, per poi calcare la mano a cominciare già dagli stessi titoli di testa fino al brutale e beffardo finale, passando per un’incisiva battaglia “bestiale”.

Il film narra così una sconcertante storia vera che ha messo in ginocchio un’intera Nazione, che non può non aprire una riflessione circa il ruolo del potere e dei suoi agenti sulla sicurezza e gestione cittadina, con la finzione atta a regalare uno spettacolare action nutrito da un’intrigante indagine poliziesca. Tuttavia, il film di Du Welz si porta dietro troppi punti critici che non fanno altro se non influenzare negativamente un’esperienza che sarebbe potuta essere davvero estasiante.

Innanzitutto, sebbene Bajon abbia dato molto se non tutto nel restituire al meglio la spirale di ossessione autodistruttiva del suo personaggio, c’è da dire anche come la “pura” scelta di casting per il ruolo non sia stata forse delle migliori. Oltre ad uno svisceramento dello sviluppo narrativo, che avrebbe sicuramente meritato una miglior trattazione tanto nel suo atto conclusivo quanto nella fase centrale della “fantomatica” operazione che da il titolo al film, Maldoror registra qualche minuto di troppo.

Soprattutto per l’intera scena delle nozze di Paul, il film viene stancato da un minutaggio che forse presenta addirittura una buona mezz’ora che avrebbe meritato un maggior adeguamento, senza considerare qualche scelta infelice in termini di sceneggiatura tra ironia involontaria, personaggi macchiettistici ed una pesante sospensione dell’incredulità soprattutto nell’epilogo.

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Maldoror
Maldoror

Con il suo 7° lungometraggio il regista belga sfrutta la storia vera che ha messo in ginocchio il suo Paese per restituire su schermo un crime nevrotico e crudo.

Voto del redattore:

7.5 / 10

Data di rilascio:
Regia:

Fabrice Du Welz

Cast:

Anthony Bajon, Alba Gaïa Bellugi, Alexis Manenti, Sergi López, Laurent Lucas, David Murgia, Béatrice Dalle, Lubna Azabal, Jackie Berroyer, Mélanie Doutey, Félix Maritaud

Genere:

Thriller, poliziesco

PRO

La classe registica di Du Welz porta sullo schermo un crime spettacolare e brutale.
Partendo da un’inaccettabile storia vera il film si mostra quale riflessione sul ruolo del potere e dei suoi agenti sulla società.
Intensa il giovane protagonista Anthony Bajon che regala una prova di forza e rabbiosamente funzionale al suo personaggio.
Una sceneggiatura a tratti disfunzionale, tanto nella cura dello sviluppo narrativo quanto nella costruzione di alcuni personaggi.
Un minutaggio eccessivo, con l’ingiustificata reiterazione di immagini che stancano la visione.