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Iddu – L’ultimo padrino, soltanto una fiction RAI mascherata di retorica

Iddu – L’ultimo padrino è presente tra i 21 lungometraggi in concorso a Venezia81, e racconta una storia alquanto delicata: ma come lo fa questo film con Elio Germano e Toni Servillo?
La recensione di Iddu - L'ultimo padrino, il film su Matteo Messina Denaro con Elio Germano e Toni Servillo

Il nome di Matteo Messina Denaro è stato protagonista di numerosi fatti di cronaca che hanno interessato il nostro paese, soprattutto negli ultimi anni del suo arresto, nel 2023, e della sua morte. Il film Iddu – L’ultimo padrino non è, però, da considerarsi un ritratto di quegli anni o comunque dell’ultima parte della vita di Matteo Messina Denaro, quanto più la libera rielaborazione di una vicenda (lo scambio epistolare tra il boss di Cosa Nostra e Antonio Vaccarino) che ha interessato i suoi anni di latitanza. Presentato in anteprima al Festival di Venezia 2024, anche con il titolo internazionale di Sicilian Letters, Iddu rappresenta l’ultimo lavoro di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Ma qual è il suo risultato? Di seguito, lo si approfondisce nell’ambito della trama e della recensione del film.

La trama di Iddu – L’ultimo padrino con Toni Servillo ed Elio Germano

Nell’approfondire quale sia la recensione di Iddu – L’ultimo padrino, il nuovo film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che vede le interpretazioni di due attori italiani particolarmente celebri nel panorama cinematografico attuale (Toni Servillo ed Elio Germano, rispettivamente nei panni di Catello e Matteo Messina Denaro), è importante considerare innanzitutto la trama del lungometraggio in questione. Il racconto è quello di Catello, un politico che è stato condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso e che, per ottenere la libertà, inizia ad intrattenere uno scambio epistolare con Matteo Messina Denaro, stanco della sua latitanza, per tentare di scoprire quale sia il nascondiglio del suo figlioccio.

La recensione di Iddu – L’ultimo padrino: un’opera ampollosa e quasi giustificatoria

Scegliendo deliberatamente di non offrire un ritratto biografico della figura di Matteo Messina Denaro, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza mettono in scena un prodotto che possa raccontare, anche se in maniera piuttosto anestetizzata, il periodo della latitanza del noto boss di Cosa Nostra, specie nel suo rapporto epistolare con Antonio Vaccarino (qui Catello Palumbo). La chiave di lettura offerta dai due registi è quanto mai manifesta e resa esplicita nel disclaimer iniziale del film: la verità non è una destinazione, ma un punto di partenza, rispetto ad un racconto che non vuole aderire alla realtà e che, parafrasando quanto dichiarato dai due registi, è concepito e realizzato prima dell’arresto di Matteo Messina Denaro. Il risultato è quanto mai disastroso sotto tutti i punti di vista: tentando di elaborare il proprio racconto sulla base di una trattazione epica, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza diventano subito preda di una trattazione inutilmente ampollosa e retorica, che diventa schiava di se stessa e dei suoi (forzati e grossolani) meccanismi stilistici. 

Se in un primo momento sembra quasi di ritrovarsi di fronte ad una confezione teatrale, dato l’utilizzo di un certo lessico e di una forte esagerazione gestuale, ben presto ci si rende conto che questo atteggiamento programmatico cela, in realtà, una fortissima pretestuosità narrativa. Ogni personaggio delineato, così, diventa immediatamente una macchietta di se stesso, complici anche interpretazioni pessime di ogni attore, specie dei due protagonisti Elio Germano e Toni Servillo. Il vero problema del film, però, si ritrova nella sua globale concezione che appare assolutamente respingente e costantemente fuori fuoco, formalizzata alla stregua di una fiction RAI. La costante ricerca per la parola più giusta da dire, la totale assenza di linguaggio sporco (anche il turpiloquio è fastidiosamente posato), la pomposità di ogni gesto sono il cavallo di Troia di una narrazione che non riesce neanche, e sarebbe il minimo, a condannare ciò che racconta, rifugiandosi entro una sorta di irrealtà moralmente inaccettabile e quasi giustificatoria. 

Il tutto accompagnato ad una cornice esteticamente e tecnicamente banalissima (si salva soltanto la colonna sonora di Colapesce in alcuni punti, grazie alla presenza di alcuni buoni elementi di rimando all’elettronica) che si concede anche degli assurdi errori di montaggio e continuità. Da un racconto (neanche) biografico su Matteo Messina Denaro, certo non ci si aspettava un gran risultato: eppure, Iddu – L’ultimo padrino è riuscito ad essere addirittura peggio, lambendo il peggio nel contesto del Festival di Venezia 2024 e, sicuramente, dell’anno.

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Iddu - L'ultimo padrino
Iddu – L’ultimo padrino

Iddu - L'ultimo padrino è un film di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia che racconta gli anni di latitanza di Matteo Messina Denaro, con protagonisti Elio Germano e Toni Servillo.

Voto del redattore:

2 / 10

Data di rilascio:

05/08/2024

Regia:

Antonio Piazza, Fabrio Grassadonia

Cast:

Elio Germano, Toni Servillo, Daniela Marra, Barbora Bobulová, Fausto Russo Alesi, Giuseppe Tantillo

Genere:

Poliziesco

PRO

La colonna sonora di Colapesce
La scrittura del film incapace di condannare Matteo Messina Denaro
L’estrema pomposità del linguaggio
Gli errori grossolani di montaggio e scrittura
Le interpretazioni