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It’s What’s Inside è un’impazzita roulette russa sulla crisi identitaria

Con il suo primo film Greg Jardin cerca di catturare la frenetica vita da social attraverso un fin troppo audace e pericoloso esperimento metacinematografico.
La recensione del film Netflix It's what's inside

Disponibile su Netflix dal 4 ottobre 2024, il thriller psicologico It’s what’s inside è il primo film scritto e diretto da Greg Jardin. Già collaboratore con la piattaforma streaming per lo speciale Cowboy Bebop: The Lost Session, il regista si trova così al suo esordio in un lungometraggio dopo una carriera di cori e videoclip musicali, ma il suo “biglietto da visita” è già estremamente intrigante, nonostante le sue forse eccessive pretese.

Quella che si presenterebbe come un’amichevole riunione pre-matrimoniale si trasformerà, ben presto, in un folle incubo che spezzerà i legami dei giovani protagonisti e non solo quelli. Al centro dello squilibrio vi sarà un elemento fantascientifico che scambierà (letteralmente) i ruoli in gioco. Di seguito la recensione di It’s what’s inside, il primo film scritto e diretto da Greg Jardin.

La trama di It’s what’s inside, il film disponibile su Netflix

Su sceneggiatura dello stesso regista Greg Jardin, al suo esordio in un lungometraggio, It’s what’s inside vede un ex gruppo di amici del college ritrovarsi per festeggiare il matrimonio di un loro membro. Alla festa è invitato anche Forbes, ragazzo che ha avuto un forte litigio con Dennis per il quale è stato espulso da scuola, iniziando così una carriera come programmatore informatico. Forbes vorrebbe tuttavia “sotterrare l’ascia da guerra” e, per l’occasione, ha portato con sé un macchinario per far divertire tutto il gruppo, nonostante non sia il classico gioco da tavolo. L’informatico avrebbe infatti messo a punto con il suo team una speciale tecnologia, capace di far scambiare i corpi dei partecipanti in un esperimento sociale e relazionale che metterà a dura prova i legami di fiducia degli amici. Di chi ci si può fidare?

Recensione film Netflix It's what's inside

La recensione di It’s what’s inside: una roulette russa impazzita ed in crisi identitaria

Inauguriamo la recensione di It’s what’s inside, il nuovo thriller psicologico disponibile sulla piattaforma di Netflix, mettendo in guardia sul fatto di armarsi di carta e penna durante la visione per poter memorizzare al meglio nomi ed elementi della narrazione. Questo perché il film di Greg Jardin mette in alcuni casi seriamente a dura prova lo spettatore nel seguire in maniera fluida il suo consequenziale svolgimento, tanto per il continuo scambio dei corpi tra i protagonisti (con annessa alta verbosità), quanto per lo stile di ripresa estremamente dinamico.

Il film parte subito in 4a, anzi in 5a, per una presentazione frenetica ed a tratti logorroica dei personaggi in scena, i quali rappresenterebbero le perfette etichette stereotipate dei ruoli standard nei teen-movie (il ricco e bello, lo sfigato e nerd, la bionda bellissima, la più timida incasinata ecc…). Si corre, si corre davvero molto in It’s what’s inside arrivando in alcuni casi anche a quel mal di testa accusato dai personaggi in scena, con il montaggio schizzato e curato dallo stesso regista che perde spesso la bussola nel passare dai long-take agli “schiaffi”, passando per lo split-screen ed orbitanti panoramiche sui protagonisti.

Paradossalmente, i tempi tenderebbero a rallentare proprio durante l’inizio dei giochi, dei turni di questa roulette russa impazzita che, nella sua (finta) casualità, incarnerebbe il caos puro. Il film è dunque una confusione visiva anche e soprattutto in termini “giuridici”, atti ad indicare la sovrimpressione di due qualità nella medesima persona e rendendo difficile se non impossibile scindere la reale natura. Entrando poi in dinamiche più squisitamente cinematografiche, al di là dello scalmanato stile di ripresa, il film si tuffa in diversi generi rischiando i fatali buchi nell’acqua e mantenendo invece bene le redini del thriller-sentimentale.

Nonostante un approccio simil-fumettistico alquanto intrigante, seppur non originale, la commedia e l’ironia risulterebbero infatti spesso fuori luogo nei tempi e nei dialoghi, così come l’orrore psicologico praticamente assente durante la visione. Inoltre, l’elemento fantascientifico sul quale si fonda la trama risulterebbe non solo già visto, ma effettivamente con troppi punti neri per quanto concerne la sospensione dell’incredulità.

Ma allora perché, nonostante questa difficoltà di visione, It’s what’s inside resta un vero e proprio esperimento particolarmente affascinante? Al netto infatti di una “prepotenza artistica” pericolosamente audace, Greg Jardin si presenta con il suo primo film con un’idea di cinema visivamente violenta e personale, avendo infatti curato tanto la regia quanto la sceneggiatura ed il montaggio. La confusione restituita dallo schermo non è infatti fine a sé stessa, ma un esperimento sociale volto ad immergersi e far immergere in profondità lo spettatore circa l’odierna ed estremamente frenetica realtà che ci circonda.

La recensione di It’s what’s inside: Chat to me

Un primo ed immediato titolo che può infatti venire in mente, durante la visione di It’s what’s inside, potrebbe essere il recente Talk to me dei fratelli Danny e Michael Philippou. Senza il bisogno di volare troppo con la fantasia, il punto di contatto vedrebbe semplicemente un’opera prima, da chi proviene dal mondo dei videoclip, che porta su schermo il disagio giovanile vissuto all’interno della società, trovando in pericolosi motivi d’intrattenimento un modo per “evadere”.

Se il mirabile horror del 2022 tendeva poi a concentrarsi su dinamiche famigliari ed arrivando la tema della dipendenza (principalmente alle droghe pesanti), Jardin porta un più settoriale “disagio social” sullo schermo in tutti i modi possibili, offrendo una visione ai raggi rossi che rende difficile poterla filtrare dallo schermo televisivo a quello di uno smartphone. It’s what’s inside non fa altro che rapportare ad un lungometraggio l’eccessiva e frenetica vita social del 2024, attraverso sovrimpressioni, split-screen, filtri ed una continua presenza di foto e video sullo schermo a spezzare e riflettere le personalità dei protagonisti.

Il film diventa così un esperimento sociale metacinematografico tra perfetti sconosciuti, che vorrebbero solo immedesimarsi nell’altro per evadere dalla crisi identitaria che li avvolge o per provare nuove esaltanti esperienza. Nonostante infatti qualche ripetizione di troppo ed una verbosità spesso eccessiva e sterile, le dinamiche interpersonali vengono infatti sviscerate a dovere, riuscendo ad entrare con facilità nella psicologia di ogni personaggio. A questo aiuta anche una bella prova del giovane (e sconosciuto) cast, senza particolari picchi ma ben coeso nel cambiare personalità e carattere dei rispettivi ruoli ad ogni cambio di “spinotto”.

Nonostante poi anche il resto dei personaggi avrebbe potuto dire la propria, attraverso la rispettiva storia, scelta azzeccata quella di concentrarsi sui protagonisti Shelby e Cyrus, facendo tornare solo loro all’interno del vero corpo. Una coppia in crisi che già dall’inizio, con l’espediente della parrucca, anticiperebbe ad un prossimo “gioco di ruoli” che sarà per loro fatale. Lei è indecisa (indovinandoci) sul loro rapporto e lui non ha mai veramente amato la compagna, preferendo azioni in solitaria e continuando a rimuginare (vigliaccamente) sull’amore mai sbocciato con l’ex fiamma. Il regista si concentra così sulla coppia in crisi, sulla più intima di una relazione umana, facendo abbattere su di questa la sconquassante deriva tecnologica.

Tornando poi per un istante alla questione riguardante la “difficoltà di visione” questa è sì presente ma, unendo le varie trame al termine della visione, resta comunque solida e lineare, non lasciando troppi punti in sospeso. A ciò corre in aiuto sicuramente alcune idee di regia e sceneggiatura volte a facilitare la stessa visione, come le polaroid che accompagnano i personaggi o l’intuizione della filtrata visione ad infrarossi, con i diversi plot-twist che non fanno altro che accrescere il tasso d’intrattenimento del film.

In conclusione, It’s what’s inside resta un film che presenta diversi punti critici, alimentati da una poco velata mania di onnipotenza e voglia di strafare del suo regista già alla sua opera prima. Tuttavia, proprio quella forte e violenta audacia artistica rappresenterebbe l’elemento forse più affascinante del film, per un thriller-sentimentale estremamente divertente che esegue lo screenshot della frenetica e stressante vita da social, con lo schermo destinato ad infrangersi in diverse schegge impazzite.

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It's what's inside
It’s what’s inside

Il primo film montato, scritto e diretto da Greg Jardin fa forse il passo più lungo della gamba nel catturare la frenetica vita da social, ma restituisce una visione di grande intrattenimento che gode di elementi affascinanti e pericolosi.

Voto del redattore:

7 / 10

Data di rilascio:

04/10/2024

Regia:

Greg Jardin

Cast:

Brittany O'Grady, James Morosini, Gavin Leatherwood, Nina Bloomgarden, Alycia Debnam-Carey, Reina Hardesty, Devon Terrell, David W. Thompson, Madison Davenport

Genere:

Thriller, fantascienza, commedia, horror

PRO

Un esperimento sociale e metacinematografico affascinante e moderno
Accattivante la costruzione estetico-visiva dell’inquadratura, con l’esasperante stile di ripresa funzionale per la causa.
I plot twist riescono ad impreziosire a dovere l’intrattenimento di una trama che, nonostante i punti nevrotici, risulta lineare e solida.
Senza particolari picchi ma ben coesa la prova di un giovane cast tutto da scoprire.
Tanto in termini narrativi quanto soprattutto in quelli visiva, il film resta alquanto difficile da seguire per via di un ritmo impazzito.
Nonostante sia funzionale per la selezione dei ruoli nel gioco, i personaggi sono fin troppo semplici e stereotipati.
La gestione del registro tra ironia e drammaticità non riesce ad avere una presa salda.