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Recensione – The Penguin 1×04: Cent’anni

Cent’anni è il quarto episodio della prima stagione di The Penguin, con Colin Farrell e Cristin Milioti protagonisti: ma qual è il risultato della puntata 1×04 della serie?

La serie di The Penguin continua ad aggiornarsi con un nuovo episodio distribuito in streaming in occasione di lunedì 14 ottobre 2024. Mettendo temporaneamente da parte Oz Cobb, a seguito degli eventi che abbiamo raccontato nella recensione del terzo episodio di The Penguin, il focus di Cent’anni – la puntata 1×04 della serie HBO – è incentrato sulla figura di Sofia Falcone. Ma con quale risultato? Per comprenderlo, è importante sottolineare tutto ciò che c’è da sapere su trama e recensione di Cent’anni, l’episodio 1×04 di The Penguin.

La trama del quarto episodio di The Penguin

Prima di procedere con la recensione del quarto episodio di The Penguin, è importante considerare innanzitutto quale sia la trama di Cent’anni, episodio 1×04 della serie spin-off di The Batman. Il prodotto HBO compie un sostanziale passo indietro per quanto riguarda la sua trama, dal momento che – a seguito degli eventi osservati sul finale dell’episodio 1×03 – non si prosegue con le vicende di Oz Cobb e Victor Aguilar, ma si pesca nel passato di Sofia Falcone. In questo modo, si scopre che ha visto sua madre morire impiccata all’età di 9 anni e, dopo essere diventata Presidentessa di una fondazione per la prevenzione di donne suicide, scopre che suo padre Carmine Falcone è probabilmente implicato nella morte di sua madre e di altre donne, per le quali è stato simulato il suicidio.

Per evitare che possa parlare, Carmine fa rinchiudere Sofia ad Arkham, dopo che ha scoperto da Oz che questa ha parlato con la stampa, con l’accusa di aver strangolato la giornalista con cui la donna aveva parlato. Ad Arkham, Sofia scopre una realtà fatta di sopruso, violenza e false diagnosi del capo psichiatra della struttura: quando verrà liberata, 10 anni dopo la sua prigionia, da Julian Rush e suo fratello Alberto Falcone, deciderà di vendicarsi di tutta la sua famiglia.

La recensione di Cent’anni, episodio 1×04 di The Penguin: un nuovo… Joker?

Cent’anni è un’esclamazione che fa parte della cultura popolare italiana e che viene utilizzata in occasione di un brindisi o di un augurio. Il legame stabilito, già in The Batman, con questo tipo di cultura passa non soltanto attraverso nomi di evidente derivazione nazionalpopolare, ma anche da gesti e caratteri che si legano inevitabilmente ad una cultura del crimine, da sempre molto rappresentativa nel cinema e nella televisione: anche The Penguin, in tal senso, compie il suo lavoro con dovizia e scegliere questo titolo (che richiama l’omonima espressione utilizzata da Sofia Falcone prima della sua carneficina) è sicuramente molto indicativo della direzione che la serie vuole assumere dopo aver ben delineato e costruito i confini di Gotham.

Come già avevamo osservato in occasione del terzo episodio di The Penguin, la narrazione orizzontale procede lentamente, avendo forse poco altro da dire e soffermandosi piuttosto su una dimensione maggiormente diacronica della storia dei personaggi: nel contesto della serialità si tratta di un atteggiamento piuttosto canonico, ma che spesso tende a rallentare così tanto il ritmo della narrazione da appiattirlo totalmente, di fatto annullando qualsivoglia forma di interesse da parte dello spettatore. Cent’anni, dopo che Bliss aveva meglio analizzato la storia del Pinguino e Victor Aguilar, si concentra su una Sofia Falcone che fino a questo momento avevamo conosciuto soltanto post-Arkham e che, in questo momento, diventa oggetto di un rapporto migliore e sicuramente più completo. Questo approfondimento verticale, benché segua delle logiche sicuramente più ridondanti rispetto agli episodi precedenti in cui si dimostrava anche una certa originalità nella messa in scena degli elementi narrativi, non può che dirsi riuscita: fa piacere osservare una centralità maggiore per Cristin Milioti, così che l’attrice possa maggiormente essere notata sullo schermo per le sue qualità recitative e per la capacità di reggere una pressione maggiormente accentratrice. Chiariamolo, Cent’anni non è il miglior episodio di The Penguin e – probabilmente – al termine dell’intera serie potrebbe essere considerato (per molti aspetti) come il minore, ma ha sicuramente un grandissimo potenziale da collante, rendendo possibile quella che è l’ossatura fondamentale della serie che verrà osservata; la mancanza di avanzamento narrativo, se non nel finale della stagione, rappresenta una precisa vocazione da parte della serie che si “accontenta” di creare corpo e dimensione ad ogni suo personaggio, non lasciando tale onere soltanto a qualche linea di dialogo.

Un prodotto che riflette sul passato e non sul presente, dunque; ripercorrere gli anni della prigionia di Sofia Falcone permette di razionalizzare meglio il personaggio che si osserva sullo schermo, per quanto molto spesso ciò che si osservi sia sottostante all’egida di quella rappresentazione spesso troppo scontata di faccette e occhi sgranati: in un certo senso, The Penguin non vive di una grandissima originalità per quanto riguarda la concezione degli elementi legati alla pazzia, alla psichiatria e alla malattia mentale. Forse, per ricercare la spettacolarità ad ogni costo, ci si accontenta di urla e graffi, di zuffe e siringhe che vengono piantate in un collo, di buchi nelle pareti e di immagini schizofreniche, laddove il complesso rapporto tra le menti avrebbe bisogno di una contestualizzazione maggiore e di una cura sicuramente meno approssimativa; tuttavia, ci si rende conto del fatto che The Penguin è una serie commerciale – anche nella scelta dei suoi attori, con Mark Strong che sostituisce bene John Turturro nei panni di Carmine Falcone – e, in quanto tale, ha bisogno di seguire delle logiche che non sempre accontentano l’enorme platea degli spettatori. Tutto ciò che si dice ha una storia molto recente, a dire il vero, se osserviamo ciò che Joker è stato nella cultura popolare, soprattutto per quella che è stata definita (a posteriori) un’idealizzazione della malattia mentale e della condizione di spaesamento con il personaggio di Arthur Fleck/Joker interpretato da Joaquin Phoenix; nell’osservare quella Sofia Falcone che si lascia andare alla sua storia, abbandonandosi all’ambigua condotta mentale e uccidendo ogni persona che commemorasse Alberto Falcone, muovendosi a ritmo di musica e rivelando la sua spietatezza, ci si rende conto di un già-visto, di sensazioni già provate, di un nuovo Joker che vive nella già tanto affollata di criminali Gotham, che intanto un altro Joker (Barry Keoghan) l’ha in serbo per i prossimi capitoli di The Batman.

Un altro Joker, dunque? Per caratterizzazioni, per passato e per l’intercedere di Arkham, quella di Sofia Falcone è la storia che Joker: Folie à Deux ha deciso di non raccontare, pur avendone totalmente potenzialità e strumenti. Ciò che ci aspettiamo dal prossimo episodio, dopo questa doverosa (ma non perfettamente riuscita) parentesi, però, è un prosieguo della storia e del presente, con una serie che torni ad essere orizzontale e dia finalmente scopo a tutta la sua costruzione.

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