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Saturday Night è una rappresentazione nostalgica freneticamente comica

Film attesissimo dal pubblico americano, Saturday Night di Jason Reitman (in sala dal 21 al 23 ottobre) ha deluso o addirittura superato le aspettative?
La recensione del film Saturday Night (2024) diretto da Jason Reitman

Film tra i più attesi del 2024 negli Stati Uniti dato il soggetto rappresentato, Saturday Night diretto da Jason Reitman (Ghostbusters: Legacy) e interpretato da un cast ricchissimo guidato da Gabriel LaBelle (The Fabelmans). In Italia non ha di certo lo stesso appeal che ha, giustamente, per il pubblico americano, ma è comunque stato distribuito nei cinema, seppur in forma di evento extra. Infatti, il lungometraggio in questione è approdato nelle sale italiane da lunedì 21 ottobre 2024 fino a mercoledì 23 dello stesso mese e anno. Quanto ha effettivamente inciso Saturday Night? Si tratta di un’opera memorabile tra quelle dell’anno di riferimento? Seguono la trama e la recensione del film di Jason Reitman.

Di cosa parla Saturday Night? La trama del film di Jason Reitman

Saturday Night è tra i titoli di maggior prestigio agli occhi degli spettatori statunitensi, ragion per cui per il regista, i collaboratori, i produttori e gli attori lavorare a tale rappresentazione sembra essere stata come un’occasione per divertirsi, ma è stata un’opportunità per raccontare al cinema uno degli snodi cruciali della storia della televisione americana. Di cosa parla Saturday Night? Di seguito la trama del film di Jason Reitman:

“Ambientato l’11 ottobre del 1975 e racconta, in tempo reale, i novanta minuti che hanno preceduto la messa in onda della prima puntata del leggendario programma televisivo Saturday Night Live (NBC), grazie al quale una scatenata compagnia di giovani comici e scrittori cambiò per sempre la televisione e la cultura americana. Pieno di umorismo, caos e della magia di una rivoluzione che per poco ha rischiato di non esserci, parte il conto alla rovescia per l’inizio dello show più famoso al mondo…”

La recensione di Saturday Night: il film di Jason Reitman è una rappresentazione nostalgica freneticamente comica ma eccessivamente purificata

Di film capaci di far coincidere il tempo della storia con il tempo del racconto ce ne sono stati una quantità considerevole, ma se talvolta alcuni hanno ceduto alla tentazione di spettacolarizzare, al punto da rasentare l’esercizio di stile come ad esempio accade in Locke (2013) e in 1917 (2019), in tante altre occasioni sono stati realizzati dei veri e propri capolavori. Giusto per citare un paio di titoli, si potrebbero qui riportare alla memoria dei lettori Mezzogiorno di fuoco (1952), La parola ai giurati (1957) e Arca russa (2002); in ciascuno di questi lungometraggi a variare sono quelle intuizioni visive che formano la rappresentazione dei rispettivi contenuti. Infatti, si passa da un unico finto piano sequenza (Locke) alla volontà di far combaciare il montaggio complessivo con il racconto stesso, che è quanto avviene con lo scorrere dei minuti dell’orologio nel western di Fred Zinnemann.

Tale premessa serve a introdurre Saturday Night poiché Jason Reitman ha optato più per la seconda casistica che per la prima, servendosi di piani sequenza, dolly, movimenti di macchina esasperati e virtuosismi concretissimi allo scopo di rendere giustizia al sublime caos che andò a precedere la messa in onda del programma Saturday Night Live. Sul piano musicale eccelle il meticoloso lavoro di Jon Batiste, cantautore statunitense già vincitore del premio Oscar per la sua collaborazione alla colonna sonora di Soul (2020), poiché qui sono le tracce audio meravigliosamente funky, groovy e soul a fungere da collante tra le spasmodiche immagini. La raffinata fotografia 16 mm di Eric Steelberg conclude il processo di rappresentazione filologica degli anni ’70, riportando in auge l’estetica propria alla televisione americana di quella decade. La confezione, dunque, è notevole perché è in grado di emanare del sano fascino anche nei riguardi di chi non è informato sulla storia raccontata o sul programma stesso, catturandone l’attenzione.

Chi assiste viene avvolto da 109 minuti di film dal ritmo convulso, e non solo in termini musicali e visivi, come premesso, bensì per l’appassionante continuità verbale. Quest’ultimo fattore risulta decisivo poiché l’intero cast riesce nell’impresa di fornire una performance esaltante, la quale straborda comicità in quasi ogni scena senza però opprimere quelle crisi emotive caratterizzanti il percorso di gran parte dei personaggi di Saturday Night. Dunque, se l’interessante opera di Jason Reitman ha un senso dell’umorismo indiavolato è soprattutto per merito del profondo rispetto dei tempi comici: ciascuna sequenza contiene in sé un’equilibrata dose da dramedy, e sono proprio quei virtuosismi a cui si faceva riferimento poc’anzi a inquadrare con spirito i corpi degli attori. Basti pensare al montaggio del momento dello spargimento di sangue (anche metaforico) sui vestiti del creatore del programma Lorne Michaels, preceduto da primi piani sui volti di LaBelle e Hoffman e al successivo campo e controcampo tra il primo e la coppia di comici colpevoli di quanto accaduto. Un ulteriore esempio è dato dal dolly che termina sul viso di Cory Michael Smith quando deve impersonare il presentatore del telegiornale nell’apposito sketch, oppure ancora l’indice di Willem Dafoe quando prende la decisione più delicata di tutto il film.

Tuttavia, il punto di forza di Saturday Night in alcuni frangenti si tramuta in punto debole perché la rappresentazione nostalgica si rivela sì freneticamente comica, ma è anche eccessivamente purificata. Ciò significa che quando il film potrebbe spingere di più sull’acceleratore in realtà finisce con l’autolimitarsi, e la sregolatezza auspicata viene frenata di conseguenza. Da questo punto di vista, potrebbe aver inciso la volontà di Reitman e dei suoi collaboratori di fermarsi all’omaggio all’interno di un’operazione nostalgia, specie nei confronti di una comicità forse oggi crisi, forse perduta o cristallizzatasi dopo circa 30 anni di attività, nonché degli interpreti, quei losers che hanno fatto la storia, sia della televisione che della cultura americana.

Gli ammiccamenti all’umorismo nero e alla demenzialità sono pungenti solo a tratti, ad esempio quando è in scena J.K. Simmons, mentre in alcuni frangenti a prevalere è quel genuino e amorevole desiderio di onorare quella generazione di comici e di creativi emarginati (da cui Reitman discende), rendendo la narrazione celebrativa e al contempo romantica. La conclusione di Saturday Night rispecchia fedelmente quanto descritto e si inserisce con grande dignità nel panorama delle storie d’America raccontate dagli americani. Il film di Jason Reitman mette in luce valori e affetti, evitando gli eccessi, la volgarità e le distorsioni che hanno spesso caratterizzato quello scorcio di controcultura; l’impressione è che l’irrazionalità appartenuta a quei famosi comici, almeno in determinate circostanze, venga scavalcata da una razionalità leggermente forzata.

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Locandina film di Jason Reitman Saturday Night
Saturday Night
Saturday Night

Ambientato l'11 ottobre del 1975, Saturday Night racconta i novanta minuti (in 109 minuti totali) che hanno preceduto la messa in onda della prima puntata del noto programma televisivo Saturday Night Live.

Voto del redattore:

7 / 10

Data di rilascio:

21/10/2024

Regia:

Jason Reitman

Cast:

Gabriel LaBelle, Rachel Sennott, Cory Michael Smith, Ella Hunt, Dylan O'Brien, Emily Fairn, Matt Wood, Lamorne Morris, Kim Matula, Finn Wolfhard, Nicholas Braun, Cooper Hoffman, Andrew Barth Feldman, Kaia Gerber, Tommy Dewey, Willem Dafoe, Matthew Rhys, J.K. Simmons, Nicholas Podany

Genere:

Commedia

PRO

La performance esaltante di tutto il cast
I tempi comici
La confezione: dai virtuosismi registici alla colonna sonora funky, groovy e soul, passando per la fotografia 16 mm
L’impressione finale è che il film non sia sregolato fino in fondo come avrebbe potuto