The Witch e la corruzione della mente che rende reale l’irreale

The Witch del 2015 è il primo film horror scritto e diretto da Robert Eggers, che porta su schermo una storia di stregoneria ambientata nel New England del 1600. Un folk-horror stupefacente sotto tutti i punti di vista, che vede al suo debutto non solo lo stesso autore regista ma anche dell’astro nascente Anya Taylor-Joy.
Recensione del film di Robert Eggers The Witch

Articolo pubblicato il 29 Gennaio 2025 da Bruno Santini

Presentato in anteprima al Sundance Film Festival del 2015, The Witch è l’opera cinematografica d’esordio per il regista Robert Eggers. Successivamente aver diretto infatti 3 cortometraggi, tra cui uno ispirato alla fiaba di Hansel e Gretel, l’autore newyorkese si presenta al pubblico internazionale con questo film horror a tema stregoneria, divenuto non solo un istant cult ma anche uno dei titoli di genere più apprezzati e riconosciuti negli ultimi decenni. Ad essere lanciato in campo internazionale grazie a The Witch non è solo il regista, ma anche e soprattutto la sua giovane protagonista Anya Taylor-Joy, al suo debutto cinematografico. Ecco di seguito la recensione di The Witch, il primo film horror scritto e diretto da Robert Eggers.

La trama di The Witch, il primo film film horror di Robert Eggers

Su sceneggiatura dello stesso regista, e con Chris Columbus che figura come uno dei produttori esecutivi (seguirà inoltre altri 2 film sempre diretti da Robert Eggers), The Witch è un racconto originale ambientato nel New England del 1630. Il film vede protagonista una devota famiglia composta dal patriarca William, sua moglie Katherine, la figlia maggiore Thomasin, suo fratello Caleb, i due piccoli gemelli Mercy e Jonas, oltre al neonato Samuel. A causa dell’estremismo dello stesso William, la famiglia viene bandita ed allontanata dalla comunità puritana in cui vivevano, costretta a cercare auto-sostentamento nei pressi di un bosco isolato. Qui il patriarca inizierà a praticare allevamento ed agricoltura, coltivando la terra per poter sfamare la propria famiglia. Tuttavia, le cose iniziano a degenerare quando il piccolo Samuel sparisce misteriosamente. La famiglia inizierà a pensare che il neonato, non ancora battezzato, sia stato rapito dalle forze del Male, ma i suoi membri si accorgeranno che proprio quel Male si sta diffondendo all’interno del focolare domestico.

The Witch, la trama del film di Robert Eggers.

La recensione di The Witch: un formidabile debutto in lunga attesa

Robert Eggers è indubbiamente uno dei registi più chiacchierati dell’ultimo decennio, capace con i suoi primi lungometraggi di scuotere le masse di pubblico e critica. Autore di culto principalmente nel panorama indipendente, poi accolto anche dai palcoscenici definiti volgarmente “commerciali” grazie ai suoi ultimi 2 film, il regista venne acclamato come uno dei migliori talenti di questo tempo già al suo debutto. Si tratta appunto di The Witch, film del 2015 che porta sullo schermo un’opera sublime che rende onore alla tradizione cinematografica a tema stregoneria, riuscendo ad andare anche oltre. Un progetto che, tuttavia, ha dovuto conoscere molta “gavetta” prima di poter ricevere l’agognato semaforo verde. Tutto iniziò nel 2007, quando Eggers realizzò la sua prima regia nel cortometraggio Hansel and Gretel, basato sull’omonima fiaba dei fratelli Grimm.

Nonostante il corto manifesti tutta la volontà del suo regista di voler realizzare un primo esperimento, in mancanza di una vera base di fondi e strumentazione, il titolo riesce già di per sé ad evocare molto del cinema di Eggers che si mostrerà da qualche anno a quella parte. Ciò soprattutto nell’idea dell’autore di immettere nelle proprie opere il folklore, miti, leggende ed il sottilissimo filo che separa reale dall’irreale. Un’idea molto particolare di fantastico che si pregia anche di un’ambientazione non solo rurale, dove la Natura diventa protagonista indiscussa, ma dove l’Uomo viene abbandonato alla spirale di follia della solitudine e dell’impotenza. L’idea di cinema di Eggers trovò un notevole appoggio tecnico solamente l’anno seguente, con la realizzazione del gotico The Tell-Tale Heart, tratto dall’omonimo racconto di Edgar Allan Poe. Il regista inizia a collaborare con due fedelissimi compagni di viaggio, come il formidabile direttore della fotografia Jarin Blaschke e la montatrice Lousie Ford, che cureranno tutti e 4 i futuri film del regista, il quale diventò sempre più pronto al suo debutto ufficiale.

Mentre si trovava impegnato a lavorare come scenografo presso altri progetti, Robert Eggers continuava infatti a cercare finanziamenti per il suo primo film. Ci sono voluti circa quattro anni, tanti sono serviti per arrivare ad ottenere il via libera per il progetto The Witch, tempo in cui il regista ha continuato a scrivere ed aggiornare la sua sceneggiatura con nuove ricerche. Nel dare vita al corpo di questo progetto si evince un’altra fondamentale caratteristica nella filmografia di Eggers, ovvero la sua attenta ricercatezza storica. Questa dedizione professionale, non è tuttavia fine a sé stessa, ma risulta necessaria per arrivare a conferire maggiore veridicità ai propri racconti, persi in altri tempi, luoghi ed immaginari anche e soprattutto ultraterreni. Si arriva in questo caso a rappresentare una famiglia del New England del ‘600, ancorata nella mentalità, lingua, usi e costumi di quel tempo e di quel luogo, per estrarne aspetti e punti critici di una famiglia del nuovo millennio.

Tornando poi brevemente alla progressione artistica del regista, resta difficile scollegare dalla visione di The Witch quella del precedente cortometraggio, Brothers, che permise ad Eggers di avere i finanziamenti adeguati per poter realizzare il suo primo film. Per ambientazione, rappresentazione del giovane cast e dinamiche, le due regie sono per diversi aspetti molto vicine. Le storie di due famiglie distrutte dall’interno, mentre all’esterno la Natura opprime ed inghiotte in una spirale di follia e solitudine che non lascia speranza. Una premessa doverosa, quella della breve carriera del regista pre-debutto cinematografico, che immerge e contestualizza in questa analisi un’opera sublime come quella di The Witch, dal punto di vista narrativo, estetico e stilistico.

La corruzione della mente che rende reale l’irreale

Si arriva quindi a The Witch, o meglio, The Witch: A New-England Folktale. Questo il titolo originale di quella che rappresenta a tutti gli effetti una vera e propria fiaba popolare, come quella dei fratelli Grimm, immersa nella storicizzazione del credo religioso del ‘600. Anche in questo caso, infatti, il regista attua un importante lavoro di ricercatezza di fonti originali, di trascrizioni degli interrogatori, giornali e resoconti giudiziari del XVII secolo, per riuscire a rappresentare al meglio la veridicità dei sentimenti corrotti della famiglia protagonista.

Accuratezza storica dunque, tanto nella parlata dell’inglese del tempo quanto nella rappresentazione estetica e di usi e costumi della famiglia, ma il fantasy non viene comunque sacrificato. Proprio come in Hansel and Gretel, anche in questa fiaba è presente infatti una strega e la sua dimora nel bosco, ma siamo davvero sicuri? In The Witch Robert Eggers inizia infatti a tirare fuori una nota fondamentale della propria filmografia, ovvero la relazione tra la superstizione ed il credo, il reale e l’irreale. Questo film del 2015, infatti, può essere tranquillamente visto e rivisto attraverso 2 ottiche differenti le quali, tuttavia, convergono nella stessa direzione. Il fantasy mostrato in The Witch è reale? La strega del bosco, il Diavolo ed il Sabba finale con ascesa in cielo accade realmente o è tutto frutto della mente dei protagonisti?

Il regista mostra effettivamente il contenuto fantastico nella visione, ma tutti questi elementi non solo sono “distanti”, ma succedono un sogno, una preghiera, un fatto che possa traviare in un modo o nell’altro la percezione dei personaggi. A cominciare dalla strega nel bosco, Eggers spinge molto sul simbolismo che attanaglia mente e cuore del giovane Caleb. Tutto inizierebbe, infatti, quando il regista mostra come il ragazzo inizi a sviluppare delle pulsioni sessuali verso la propria sorella Thomasin. I ragazzi vanno in giro nel bosco e Caleb avvista una lepre, iniziando a cacciarla, mentre la sorella viene separata da lui dalle circostanze. Altro che Bianconiglio, a portare il ragazzo nel covo della strega è una creatura tradizionalmente associata alla sessualità e alla femminilità, soprattutto per l’alta propensione alla procreazione dell’animale.

Non un mistero come la sessualità e tale impulso siano sempre stati castrati e mal visti dal credo cristiano-cattolico, con Caleb che arriva a perdersi nel bosco, nella selva, anche metaforicamente e forse inconsciamente nel peccato di provare tali sentimenti verso sua sorella. Dopo aver trovato il suo cane sventrato ed agonizzante (all’inizio verrebbe indicato come il neonato Samuel possa essere stato preso da un lupo), il ragazzo viene portato dalla lepre alla dimora della “strega”. Non a caso si tratta della visione di una donna seducente, bellissima (Cappuccetto Rosso), che accoglie Caleb con un bacio prima di “rapire” anche lui.

Quando poi il ragazzo viene ritrovato dalla famiglia, febbricitante ed esausto, una frase della gemellina Mercy verso Thomasin colpisce l’attenzione: <<Hai messo il Diavolo dentro Caleb, è per questo che sta male>>. Il ragazzo ha effettivamente incontrato una strega nel bosco, o il senso di colpa di provare quei sentimenti verso la sorella – nato e cresciuto in una famiglia devota e cacciata dalla comunità per l’eccessivo estremismo – lo ha portato a perdere la ragione e ad ammalarsi nel bosco? Samuel è stato rapito dalla strega che lo divorerà, o è stato un semplice lupo?

Il dualismo concettuale fra reale/irreale viene portato avanti continuamente dal regista ma, come accennato, le due linee convergono verso un’unica direzione. Dare risposta a questi interrogativi, infatti, non è importante né determinante. Ciò che interessa veramente è che la famiglia protagonista crede che il Male esista e che sia la causa di tutto quello che sta succedendo. Che sia un semplice caprone o l’incarnazione del Male, Black Phillip diventa Satana per i protagonisti, Thomasin diventa la strega che stringe il patto con il Diavolo e che si legherà nel finale alle altre adepte. Già, il finale, ancora una volta Eggers calca la mano su questo speciale dualismo.

Delle due gemelline nessuna traccia (si vedono due agnellini morti nel capanno), William viene fatalmente attaccato dal caprone e Katherine uccisa in difesa da Thomasin. Il credere all’esistenza del Male ha fatto sprofondare tutti i membri della famiglia in una spirale di follia, permettendo così al Male (reale o irreale) di crescere fino all’autodistruzione. Poi il colpo di grazia. Dopo aver perso la sua famiglia, Thomasin si addormenta. Al suo risveglio la ragazza incontra veramente il Diavolo che la seduce, l’accoglie nelle sue fila e, questa volta nelle fattezze di Black Phillip, l’accompagna nel bosco dove prenderà parte ad un Sabba con altre streghe. Il finale di The Witch accade realmente, è un sogno di Thomasin o, ancora, la ragazza si è talmente immedesimata nelle parole di astio delle gemelline e della madre arrivando a credere di essere in realtà una strega?

Di nuovo, la risposta forse non esiste e non è fondamentale, almeno quanto l’idea di Eggers di puntare su questo dualismo, sulla possibilità di rendere l’irreale reale attraverso la mente dei suoi protagonisti. Come si mostrerà successivamente nei racconti marinareschi di The Lighthouse o nella mitologia norrena di The Northman, la superstizione ed il credo permettono di influenzare concretamente la vita dell’uomo, rendendo reale l’irreale e viceversa.

La recensione di The Witch, la corruzione della mente che rende reale l'irreale

L’eccellente presentazione di un genio artistico in The Witch

Oltre che per le alte tematiche impresse nella sceneggiatura dello stesso regista, sul conflittuale ed indissolubile rapporto tra individuo e collettività, società e Natura, fede e superstizione, The Witch colpisce anche e soprattutto per la realizzazione della sua messa in scena. A cominciare dal cuore cinematografico di questa piccola grande perla di nuovo millennio, il livello dell’orrore nel film è davvero d’alta scuola, non facendo minimamente percepire un debutto sul grande schermo.

La visione non si abbandona mai al brivido facile, con lo spettatore che fin dalle prime inquadrature riesce ad immergersi all’interno di un’atmosfera asfissiante e conturbante, esaltata dallo splendido comparto sonoro e dalla soundtrack di Mark Korven (Cube – Il cubo). La messa in scena che opprime i personaggi protagonisti è anche frutto di una rurale scenografia che si fonde narrativamente al racconto. La Natura giganteggia in scena per la sua imperscrutabilità, la foresta diviene una voragine dell’ignoto ed una trappola di perdizione, gli animali sono ostili, feriscono e perdono sangue.

La perdita inesorabile di vitalità viene impressa sullo schermo anche grazie alla desaturata fotografia di uno dei fedelissimi del regista, Jarin Blaschke, complice nel ricreare una visione dal formidabile impatto pittorico. Oltre al Male strisciante ed inesorabile, The Witch mette anche a segno diverse immagini di orrore puro. Servendosi dell’iconografia stregonesca, il regista mette in scena la gotica ed oscura mitologia figlia di Salem (i primi coloni si stabilirono nell’area nel 1626, 4 anni prima dell’inizio della narrazione di The Witch), ma la scena di “possessione” del giovane Caleb non può certo passare inosservata. Il primo film di Eggers terrorizza e spaventa, attraverso una messa in scena dall’impronta registica, stilistica ed estetica pressoché perfetta. A dare maggior spessore a questo folk-horror dilaniante è poi anche e soprattutto la prova dell’intero cast. Oltre al già citato Caleb di Harvey Scrimshaw (si ripete come la scena del suo “esorcismo sia davvero straordinaria sotto tutti i punti di vista), a rafforzare la giusta e velenosa intesa in scena sono poi gli “adulti” Ralph Ineson (vero attore feticcio del regista) e Kate Dickie (Il trono di spade), anche se gli occhi sono tutti per la giovane protagonista.

Altro grande merito di Robert Eggers è infatti quello di aver scoperto il talento e la duttilità di un’attrice come Anya Taylor-Joy. La futura “Regina di Scacchi”, l’Alia Atreides di Dune, la Furiosa per Geroge Miller e tanti altri iconici ruoli, si trova con The Witch proprio al suo debutto cinematografico. Non avendo nemmeno compiuto 20 anni, l’attrice di Miami al suo primo ruolo si abbandona totalmente alla direzione di Robert Eggers (intesa fra debuttanti), dando vita ad un personaggio e ad un’interpretazione non solo “scomoda”, ma anche intensa ed emotivamente provata. Il dolore di Thomasin diviene così fortemente tangibile, trasformando una ragazzina vittima delle circostanze in una strega adoratrice del Diavolo, tenendo sempre a mente l’ambiguo dualismo. Già dai primi cortometraggi si poteva evincere tutto l’amore del regista verso il gotico, l’orrore, l’espressionismo, il folklore, con The Witch che non solo cementifica tali passioni, ma rilancia anche una conoscenza ed un’adorazione anche verso il grande cinema di genere. Dal Carrie di Brian De Palma allo Shining di Stanley Kubrick, dal cinema di Robert Bresson a quello di Carl Theodor Dreyer, The Witch trasuda grande cinema per restituire altro grande cinema, in piena ottica del suo autore.

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La locandina del film The Witch
The Witch: A New-England Folktale
The Witch: A New-England Folktale

The Witch è il formidabile debutto di Robert Eggers, che presenta la sua idea di cinema con un sublime folk-horror.

Voto del redattore:

9.5 / 10

Data di rilascio:

18/08/2016

Regia:

Robert Eggers

Cast:

Anya Taylor-Joy, Ralph Ineson, Kate Dickie, Harvey Scrimshaw, Ellie Grainger, Lucas Dawson

Genere:

Horror

PRO

Storia e folklore si fondono in un dilaniante racconto di follia scisso tra reale ed irreale
Messa in scena pressoché perfetta, tra fotografia, scenografia, sonoro e direzione della macchina da presa
Cast perfettamente calato nella parte, anche i più piccoli. Anya Taylor-Joy presenta il suo talento
Nessuno