Articolo pubblicato il 15 Febbraio 2025 da Giovanni Urgnani
Presentato in anteprima mondiale alla quarantottesima edizione del Toronto International Film Festival, nella selezione ufficiale, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 20 settembre 2024, mentre in quelle italiane a partire dal 13 febbraio 2025, grazie al lavoro di Vertice 360 Italia. Esordio dietro la macchina da presa di un lungometraggio per Ellen Kuras, per raccontare le vicende realmente accadute della fotoreporter interpretata dall’attrice premio Oscar Kate Winslet (Titanic), accompagnata da star del calibro di: Marion Cotillard (Il cavaliere oscuro – Il ritorno), Alexander Skarsgård (Godzilla vs Kong) e Josh O’Connor (Challengers). Ma qual è il risultato di Lee Miler? Di seguito la trama e la recensione del film, con allegato il trailer ufficiale.
La trama di Lee Miller, il film di Ellen Kuras
L’interprete protagonista Kate Winslet ha ottenuto la candidatura agli scorsi Golden Globe, nella categoria “Miglio attrice in un film drammatico”, mentre sul noto aggregatore Rotten Tomatoes ha ottenuto il 67% di recensioni positive. Ma di cosa parla quindi Lee Miller? Di seguito la trama ufficiale del film diretto da Ellen Kuras:
“Elizabeth “Lee” Miller è stata una celebre modella, una fotografa di moda e la musa dell’artista surrealista Man Ray. Ha frequentato il mondo degli artisti e degli intellettuali nella Parigi degli anni Venti, ha conosciuto Pablo Picasso, Coco Chanel e Jean Cocteau: ma arrivata alla mezza età vuole confrontarsi con qualcosa di più autentico, e raccontare al mondo ciò che sta succedendo sul fronte della Seconda Guerra Mondiale. Dunque si reca in prima linea come fotoreporter e corrispondente al fronte, anche contro il volere dell’esercito, per testimoniare le condizioni dei prigionieri e il coraggio delle ausiliarie sul campo di battaglia, rischiando la pelle e riportando a casa una sindrome da stress post traumatico che l’accompagnerà per tutta la vita.”

La recensione di Lee Miller, con Kate Winslet e Marion Cottilard
L’esordio alla regia di un lungometraggio di Ellen Kuras ambienta la sua storia in un oscuro passato, all’apparenza lontano, da cui si è sempre pensato fosse impossibile tornare; eppure, la guerra è un contesto che sta diventando sempre più familiare nell’attualità di tutti i giorni, così come la fragilità della democrazia, forse data troppo per scontata per troppo tempo, ed ora nuovamente messa in seria discussione, in maniera più o meno diretta. Moderno e figlio del presente è anche lo sguardo e il pensiero con cui viene caratterizzata la donna protagonista della vicenda in questione: Lee Miller ha una personalità eccentrica, totalmente fuori dall’ordinario rispetto al periodo storico in cui vive, grazie soprattutto al contesto artistico in cui si è formata ed ha costruito la sua cerchia.
Una donna libera sentimentalmente e sessualmente, dalla forte volontà, per nulla incline all’obbedienza dei cliché e delle convenzioni sociali imposte dal sistema, in merito naturalmente al genere di appartenenza. Va da sé quindi dedurre quanto la disparità tra sessi e il ruolo femminile nella società siano tra le tematiche principali dell’opera stessa, cogliendo l’occasione di riportare alla memoria una figura importantissima dell’arte fotografica di reportage. Quale dovrebbe essere il modo migliore per trasmettere il proprio messaggio agli spettatori? Per rendersi più chiaro possibile al pubblico, la strada percorsa è quella della platealità verbale: prettamente nella prima parte, quasi in ogni battuta si sottolinea la situazione di svantaggio a favore della realtà maschile; tesi ovviamente inappuntabile, ma non lo è il suo svolgimento, poiché si cade nella ridondanza e nel didatticismo, come se le il “sentirlo dire” non bastasse mai, quando sarebbe stato nettamente più impattante costruire due o tre scene in cui gli effetti della discriminazione feriscono per la loro concretezza.
Non sono ben gestiti i rapporti tra la protagonista e i suoi affetti più cari, quest’ultimi introdotti all’inizio per poi perdere quasi totalmente d’importanza; la storia d’amore col suo compagno della vita si consuma troppo rapidamente, senza che la relazione viva una costruzione, così come si perde il legame con la sua migliore amica, all’apparenza importante ma poi chiuso tramite una sbrigativa parentesi, sprecando anche per certi versi un materiale umano di livello come Marion Cotillard. Di altro registro è la seconda parte, nello specifico tutto quello che riguarda il fronte di guerra, specialmente la scoperta dei campi di sterminio nazisti; è in questo frangente che la pellicola trasmette vera autenticità e mostra cuore, perché chi guarda riesce a percepire dove e come abbia avuto origine il suo stress post traumatico. Toccare con mano le conseguenze di una tragedia immane come la Shoah lascerebbe il segno su chiunque, in più Lee Miller vive un doppio conflitto interiore, in aggiunta allo shock emotivo, dovuto al suo ruolo di reporter.
Contro la necessità di documentare ed immortalare la verità al fine di essere diffusa per dovere d’informazione avanza il dubbio di infierire sia sui morti che sui sopravvissuti, in cui l’occhio della macchina fotografica si fa invadente e vìola la privacy e il dolore delle vittime, creando una situazione di disagio tangibile, dove il senso del giusto e sbagliato sembra smarrito del tutto. Usciti dal contesto bellico però, la conclusione finale soffre degli stessi problemi dell’inizio: per prima cosa si cerca il colpo di scena d’effetto anche qui una base davvero solida, così come la rivelazione del segreto di Lee è inserita quasi casualmente, entrando improvvisamente, in modo sconnesso dalla circostanza vissuta in quel momento.
La discontinuità qualitativa del lungometraggio è dovuta quindi ad uno spaccamento netto tra la parte in guerra e tutto il resto, sarebbe stato più saggio e più dirompente concentrarsi esclusivamente su una sola strada da percorrere, in modo da elaborare una scrittura più ordinata ed un’incisività più continua e non invece a sprazzi, come avrebbe meritato un soggetto di partenza così affascinante e ricco di stimoli.