Articolo pubblicato il 1 Marzo 2025 da Andrea Barone
Dopo che la diciannovesima puntata ha fatto esplodere di gioia il cuore dei fan grazie all’inserimento di elementi narrativi che molti sognavano da anni di vedere, Dragon Ball Daima giunge al finale della serie. Arrivati alla conclusione dell’ultima opera realizzata dal compianto Akira Toriyama, quest’ultimo sarà riuscito a terminare la sua carriera con qualcosa che sia all’altezza di tutta l’eredità che ha lasciato? A seguire la recensione dell’episodio 20, intitolato Massima Potenza ed attualmente disponibile sulla piattaforma streaming Crunchyroll, per poi essere distribuito su Netflix nella settimana successiva.
La trama di Dragon Ball Daima 1×20
Dragon Ball Daima è un anime che, pur essendo canonico nella continuity creata da Akira Toriyama, non è tratto da nessun manga precedentemente realizzato da quest’ultimo. Le vicende della serie sono ambientate dopo la sconfitta di Majin Buu in Dragon Ball Z e prima dell’arrivo di Lord Beerus in Dragon Ball Super. Il ventesimo episodio mostra Goku nella trasformazione di Super Saiyan 4 intento ad affrontare la sua battaglia finale. Infatti la puntata presenta la seguente trama:
“Goku, tornato finalmente nella sua forma adulta, si trasforma nuovamente in Super Saiyan 4 per fronteggiare Re Gomah, il malvagio sovrano del Regno Demoniaco ormai sempre più potenziato dal Terzo Occhio che lo rende invincibile. Nonostante il guerriero Z abbia raggiunto una forza senza pari, quest’ultimo funge solamente da diversivo: Piccolo infatti sta aspettando che Goku distragga il re per colpirlo tre volte, in modo da strappargli il terzo occhio e porre fine alla sua resistenza illimitata. Riusciranno gli eroi del pianeta Terra ad unire le forze per cancellare definitivamente un regno di oppressione?”
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La recensione di Dragon Ball Daima 1×20
Il combattimento della puntata finale di Dragon Ball Daima non ha nulla da invidiare a quello degli ultimi episodi: nonostante la profonda differenza di dimensioni tra Goku e Re Gomah, la velocità dei movimenti di quest’ultimo riesce ad apparire credibile senza sembrare goffa, rendendo il villain pericoloso e da non sottovalutare. La spettacolarità dei disegni è impressionante, così come i movimenti della cinepresa animata che ormai trascendono i confini della tridimensionalità, raggiungendo livelli straordinari con un’esplosione di colori che fanno tremare le scenografie, le quali mutano di fronte alla potenza dei due eccellenti duellanti. Se lo stile del combattimento tra Goku e Gomah si rifà a quello raggiunto in Dragon Ball Z, gli elementi che mantengono la tensione sono dettati dalla tattica di Piccolo (che può essere un riferimento al combattimento contro Raditz, uno dei più celebri in cui l’astuzia deve superare il livello del villain) e dalla magia che rende il re malvagio apparentemente immortale. Molti anni fa, poco tempo dopo la fine di Dragon Ball GT, Akira Toriyama affermò in un’intervista che non avrebbe più realizzato un sequel di Dragon Ball perché i personaggi erano divenuti ingestibili: come poter rendere accattivante una storia in cui “un saiyan è in grado di distruggere da solo una galassia intera“? Ovviamente sappiamo tutti come è andata a finire e proprio in questo ventesimo episodio il maestro decide di ribadire una volta per tutte che la semplice forza bruta non deve essere l’unico modo per rendere avvincente uno scontro, a differenza di quello che molti appassionati credono proprio da quando il concetto di Super Saiyan stesso è stato inserito alla fine della saga di Freezer. Regnano gli epici scontri energetici di Dragon Ball Z, ma regna anche l’imprevedibilità spensierata dell’originale Dragon Ball, così come regna anche Dragon Ball GT… e proprio qui l’autore arriva a quella che sembra essere la sua profonda umiltà.
Tantissimi fan hanno urlato quando Vegeta si è trasformato in Super Saiyan 3, un evento che gli spettatori stavano aspettando dalla fine degli anni 90, così come tanti hanno urlato perché Goku si è trasformato in Super Saiyan 4 in un’opera che canonizza ufficialmente l’unica cosa che ha messo d’accordo tutti partorita dalla serie storicamente più odiata dal fandom. Non solo l’evoluzione fisica di Vegeta è stata supplicata ad Akira Toriyama da più di un ventennio, ma l’autore, con il Super Saiyan 4, ha deciso di inserire un elemento che non è mai stato partorito da lui nella narrazione dell’opera originale. Eppure, nel nuovo design scelto da Toriyama, si può notare una differenza con l’estetica di Dragon Ball GT: i capelli rossi (nell’altro anime infatti sono neri). Fino ad ora l’unica forma del Super Saiyan ad avere i capelli rossi è il celebre Super Saiyan God, la prima vera evoluzione di Goku creata direttamente da Akira Toriyama dopo il Super Saiyan 3, diversamente dal Super Saiyan 4 realizzato invece originariamente da Katsuyoshi Nakatsuru. In un mondo come quello dell’arte audiovisiva in cui gli autori detestano vedere la propria opera toccata da altre persone, Akira Toriyama afferma che si può invece rendere più bella una storia anche aprendosi ad idee che non vengono direttamente dall’autore originale, dimostrando quindi che si possono accogliere le idee di altri con umiltà ma senza necessariamente rinunciare alla propria personalità (da qui i capelli cambiati in rosso, ma anche una sottilissima citazione all’Ultra Istinto di Dragon Ball Super). Per fare una cosa del genere l’autore decide di sacrificare la sua stessa continuity, perché con la creazione di Dragon Ball Daima, ambientato prima di Dragon Ball Super, non ha alcun senso che Goku e Vegeta non si trasformino in queste forme appena descritte quando si ritroveranno ad affrontare Lord Beerus, ma non importa: il significato di una storia ed i valori che si possono trasmettere all’interno di essa sono fondamentali ben più delle logiche narrative che, in fin dei conti, lasciano il tempo che trovano (e che Toriyama ha già infranto più volte), anche quando non sono passati troppi anni da quando queste ultime sono state create (Dragon Ball Z: La Battaglia Degli Déi è uscito nel 2013). Infatti, alla luce dell’ascesa definitiva del Super Saiyan 4, l’autore decide di creare un’altra importante sovversione, ma per spiegarla si proseguirà con FORTI SPOILER sull’ultima parte dell’episodio finale di Dragon Ball Daima.
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La recensione dell’episodio finale di Dragon Ball Daima
Nel finale di Dragon Ball Daima, Goku combatte con tutta la forza che ha, travolgendo totalmente Gomah con i suoi colpi energetici. L’iconico protagonista sarebbe potuto essere il vincitore assoluto dello scontro, così come sarebbe potuto essere Piccolo a dare il colpo finale, omaggiando una celebre scena già citata… ed invece il merito va attribuito a Majin Kuu, un personaggio creato ex novo e che per tutto l’anime non ha mai avuto possibilità di battere un avversario, distruggendo il punto debole di Gomah a colpi di libro. Un colpo di scena che travolge totalmente qualsiasi aspettativa degli spettatori, nonostante anche questo si rifaccia ad un concetto già espresso da Akira Toriyama, quando Jirobai, il personaggio più debole tra tutti i terrestri guerrieri, riuscì a tagliare la coda ad un Vegeta in forma Oozaruu sovvertendo completamente le sorti dello scontro finale della prima saga di Dragon Ball Z. E se questo non sembra abbastanza, Majin Kuu viene persino scelto come successore di Gomah, diventando il nuovo sovrano del Regno Demoniaco e dimostrando di avere un’inaspettata saggezza. Eppure le origini di Majin Kuu vengono dal Saibaiman, la creatura considerata da sempre la più insignificante tra tutti i mostri mai apparsi in Dragon Ball (gli stessi videogiochi continuano a ricordarlo classificando quest’ultima sempre come carne da macello). Nonostante ciò tale creatura si è evoluta, unendo la sua essenza a quella di un Majin e divenendo un eroe buono che libera il mondo da un crudele dittatore, dimostrandosi degno di un Kaioshin e rubando la scena all’eroe più forte di tutti. Il livello di combattimento non è più fondamentale: i reali vincitori sono quelli che scelgono di stare dalla parte del bene e possono nascondere delle potenzialità straordinarie anche quando hanno origini profondamente umili (e dopotutto non è già Goku un guerriero di infimo livello che ha dimostrato di superare, con gli anni, le capacità di una stirpe d’élite?).
Dopo la lotta con Gomah, i portali tra i mondi sono completamente accessibili, rendendo gli abitanti più felici con l’aria che si fa più leggera. Quando non ci sono confini, c’è più libertà e, di conseguenza, più prosperità. Non è un caso che ci sia un dialogo tra Dende e Neva in cui il primo dichiara che, nonostante la sua appartenenza al Regno Demoniaco, vuole comunque ritornare sulla Terra perché riconosce di poter fare più cose importanti. Un alieno torna su un pianeta diverso, non importa che non sia suo, proprio come Dragon Ball Daima ha dimostrato che tutti i personaggi, indipendentemente dalla loro potenza, sono stati fondamentali grazie alla loro forza di volontà. Esseri completamente diversi sono aperti tra di loro nell’opera di un autore che si è dimostrato aperto non solo verso tutti i suoi personaggi, ma anche verso le idee di altri, dimostrando il massimo della propria potenzialità. Arrivata alla sua puntata finale, Dragon Ball Daima si è evoluto in un racconto epico che non solo racchiude tutto ciò che l’opera originale ha saputo dare in vari decenni, ma crea anche un nuovo inizio che dimostra che c’è ancora tanto da raccontare attraverso storie che non hanno confini. Il titolo di questo episodio sembra essere stato scelto apposta, perché Dragon Ball Daima rappresenta davvero la massima potenza di Akira Toriyama.