Da Parasite allo storico successo di Anora: il modello Neon che batte Disney e Netflix

Nel corso della sua brevissima storia, Neon ha vinto due Oscar come miglior film, mentre Netflix e Disney sono ancora fermi a zero: ma come è riuscita la casa indipendente in questo storico successo?
Da Parasite allo storico successo di Anora: il modello Neon che batte Disney e Netflix

Articolo pubblicato il 6 Marzo 2025 da Bruno Santini

Indipendentemente dal gradimento che si possa avere per una cerimonia che si svolge annualmente e che fa parlare tanto di sé per una serie di motivi, gli Oscar hanno il pregio di sottolineare dei fatti. Certo è che questi ultimi possono essere effettivamente in atto, dunque la strategia degli Academy Awards è di sottolinearli in qualche modo, o creati ad hoc da una manifestazione che – anno dopo anno – sceglie l’approccio da seguire per la sua cerimonia, i suoi premi e le sue votazioni. Tra i dati importantissimi che sono stati riscontrati negli ultimi anni, e che hanno visto anche determinati premi discutere e generare polemiche, c’è sicuramente un qualcosa di molto curioso: fin dalla sua nascita nel 2017, Neon (una casa di produzione e distribuzione indipendente formata da un team di circa 60 persone), ha ottenuto due Oscar a miglior film con Parasite e Anora, riuscendo a battere Disney e Netflix che, in tutta la loro storia, sono ancora fermi a zero in questa categoria, ma come?

La nascita di Neon e la volontà di offrire cinema per un pubblico sotto i 45 anni

Come accaduto anche per la A24, il cui modello ha permesso di generare una nuova impronta nei confronti del cinema e di un certo modo di concepire e presentare l’arte, anche per la Neon il fulcro dell’attenzione è determinato da una volontà di fondo molto forte, che Tom Quinn ha sottolineato nell’ambito di un suo celebre discorso, in cui spiegava che la volontà della casa di produzione e distribuzione indipendente era di proporre film per pubblico “skew under 45, that have no aversion to violence, no aversion to foreign language and to non-fiction”.

Insomma: giovani, attratti da un certo cinema d’essay anti-convenzionale e possibilmente anche violento nelle sue caratterizzazioni prettamente estetiche. In effetti, il primo film della casa di produzione indipendente è Colossal, una commedia fantascientifica diretta da Nacho Vigalondo con Anne Hathaway, Jason Sudeikis, Dan Stevens, Austin Stowell e Tim Blake Nelson, presentato al Toronto International Film Festival e immediatamente oggetto di grandissime polemiche per il senso del monster movie che appariva molto vicino ad un qualsiasi film di Godzilla, cosa che portò anche la Toho a citare in giudizio la produzione del film a causa della somiglianza tra i mostri. Il film ebbe pareri generalmente positivi, ma soprattutto lanciò un modo di fare che sarà poi oggetto di grande interesse successivo.

Uno dei grandi pregi della Neon, su cui ritorneremo successivamente, è “l’aggressività” del team degli addetti ai lavori circa l’acquisizione dei film presenti nei principali Festival cinematografici, scavando soprattutto tra materiale d’essay e non immediatamente convenzionale. Lo stesso Tom Quinn, infatti, ha spiegato che l’ottenimento dei diritti di distribuzione di Tonya (con Margot Robbie) è avvenuto pensando immediatamente alla campagna Oscar successiva, che in effetti ha portato tre nomination al film per miglior montaggio, miglior attrice protagonista e miglior attrice non protagonista, vinto da Allison Janney. Tale velocità è stata resa possibile dal fatto che il team fosse effettivamente esiguo: con il lavoro di pochissime persone, e con l’ampliamento successivo fino a circa 60 totali, le discussioni interne circa i film su cui puntare sono molto rapide, e ciò costituisce potenzialmente un grandissimo vantaggio rispetto alle case di produzione più grosse che devono far capo a un numero di divisioni decisamente maggiore.

La strategia al Marchée di Cannes, il successo clamoroso di Parasite e la storia degli Oscar

“Fin dall’inizio, Tom Quinn ha visto Parasite come un film universale e si è rifiutato di metterlo in una scatola come un film in lingua straniera o internazionale. Ha visto il cuore del film e ha capito che riguardava tutti noi che viviamo nella nostra moderna società basata sulle classi. Ne sono sempre stato grato”. Con queste parole, Bong Joon-ho ha commentato la strategia di distribuzione di Parasite nelle sale cinematografiche statunitensi e non solo; come tutti ben sanno, una sezione parallela (e interessantissima) al Festival di Cannes è rappresentata dal Marchée, il luogo dove avvengono alcune delle principali acquisizioni in termini di distribuzione internazionale, che possono segnare l’andamento sì degli Oscar, ma anche degli incassi al botteghino di film e, di conseguenza, di case di produzione e di distribuzione.

Ebbene, per comprendere la mole dell’incredibile lavoro di Neon in termini di distribuzione, basti pensare alle acquisizioni della realtà indipendente negli ultimi anni: Parasite (2019), Titane (2021), Triangle of Sadness (2022), Anatomy of a Fall (2023) e Anora (2024). Se c’è un elemento che sembra essere comune a tutti questi film, non si è in errore: si tratta di tutte Palme d’Oro che, indipendentemente dal successo successivo, hanno mostrato un nuovo modo di presentare e rapportarsi al cinema negli ultimi anni. Certo è che gli Oscar, con il loro progressivo avvicinarsi sempre più alla strategia comunicativa dei Festival, hanno iniziato a premiare sempre più film che giungessero direttamente da questi, e anche un prodotto come Triangle of Sadness, lontano anni luce dal senso generale degli Oscar, ha ricevuto tre candidature per film, regia e sceneggiatura. Certo è che il successo clamoroso di Parasite ha cambiato definitivamente il modo di fare di Neon: con 262 milioni di dollari guadagnati in tutto il mondo (nel mercato nordamericano il film è stato battuto solo da Longlegs nel 2024, segnando il più alto incasso in questo territorio per la Neon), il capolavoro di Bong Joon-ho è l’esatto esempio della strategia distributiva della Neon, che punta a non essere pigra e, anzi, a imporre un nuovo sguardo sul cinema attuale. Così come Sean Baker, sono quattro i Premi Oscar anche per il regista sudcoreano, per quanto il primo non individuale: miglior film internazionale, miglior sceneggiatura originale, miglior regia e miglior film.

Celebre è anche il discorso agli Oscar del regista, che a seguito dei consueti ringraziamenti auspica un cambiamento nell’industria cinematografica nordamericana e, soprattutto, negli Oscar, sottolineando che si sono sempre comportati da manifestazione e cerimonia prettamente locale, incapace di dare uno sguardo all’altro e alle molteplici forme di comunicazione artistica di tutto il mondo: una volta superata la barriera dei sottotitoli, avverte, sarà possibile scoprire un mondo. Il successo di Parasite, e di Neon che ha vinto la scommessa più importante della sua storia, è duplice: non soltanto i risultati del film, ma anche una nuova tendenza stabilita in una cerimonia diventata, da quel momento, sempre più attenta anche al cinema internazionale. Ne è un esempio Anatomia di una caduta che, benché non fosse stato candidato dalla Francia nella categoria di miglior film internazionale agli Oscar 2024, ha comunque trionfato (forte della sua Palma d’Oro, un tempo quasi “inutile” così come il Leone d’Oro nel contesto Oscar) nell’ambito della sceneggiatura originale.

La vittoria agli Oscar 2020 di Parasite e il trionfo del modello Neon
La celebre vittoria di quattro Oscar per Bong Joon-ho e il suo discorso sul superare le barriere linguistiche

I quattro Oscar vinti da Sean Baker e la vittoria del modello Neon

Fin da quando è stata creata, la ragione principale della grande attenzione di Neon è stata determinata da un atteggiamento sempre uguale: vedere quanti più film possibili. Trovarsi ai Festival e dover discutere di acquisizioni per successive campagne o per puntare al botteghino può dover dire soltanto una cosa: avere piena competenza sulla materia che si sta trattando. Si dice questo perché, al netto di tutti gli evidenti problemi che il film ha ottenuto soprattutto per la polemica generata da Karla Sofía Gascon, Emilia Pérez può costituisce l’esatto esempio opposto di questo ragionamento; ragionando sul contenuto – transessualità, immigrazione, razzismo e altri temi caldi nel momento storico contemporaneo – Netflix ha finalizzato un’acquisizione potentissima per il film presentato al Festival di Cannes 2024, poi supportando la sua campagna Oscar con 50 milioni di budget e ottenendo un sostanziale flop sia tra gli addetti ai lavori sia nell’ambito della stessa cerimonia. Certo, un solo elemento non sottolinea una tendenza e per Emilia Pérez anche altre valutazioni sono piombate dall’alto, ma evidentemente c’è un insegnamento che può essere tratto dal modello Neon, che del resto ha già portato alla vittoria di due statuette come miglior film agli Oscar, per Parasite e Anora, mentre colossi come Netflix e Disney sono a zero.

Perché, negli ultimi anni, tutto ciò su cui investe Netflix (anche grandissimi prodotti come The Irishman di Martin Scorsese o Il potere del cane di Jane Campion) viene snobbato agli Oscar? La risposta non sembra attenere ad un discorso qualitativo, bensì strutturale e ideologico: il cinema indipendente, nella sua idea di rinascita della sala e nella sua volontà di preservare il cinema – là dove invece Netflix castra il modello-sala imponendo distribuzioni limitate e/o non dichiarabili in termini di entrata -, piace evidentemente di più e insegna qualcosa di migliore, secondo l’idea dei votanti. E gli Oscar 2025 sono, oltre che il momento del trionfo di Sean Baker che diventa il primo di sempre a vincere quattro Oscar individuali in una sola notte, e per un solo film, la sublimazione del modello Neon.