Che cosa significa piano sequenza: cos’è ed esempi celebri

Termine noto ad ogni appassionato di cinema, il piano sequenza è una tecnica che viene utilizzata da decenni e che sta tornando in auge nell’ultimo periodo. Ma cosa significa? Cos’è un piano sequenza e quali sono gli esempi più celebri su grande e piccolo schermo?

Articolo pubblicato il 19 Marzo 2025 da Gabriele Maccauro

Tra le tante tecniche esistenti, quella del piano sequenza è una delle più celebri ed apprezzate dagli amanti della settima arte, utilizzata praticamente da sempre e che, negli ultimi anni, sta tornando in auge non solo su grande schermo, ma anche su piccolo, con serie tv che tentano di alzare sempre di più l’asticella per rivendicare il proprio posto in questo sistema. Non sempre però è stata utilizzata in modo consono e, purtroppo, spesso e volentieri le opere in questione si sono dimostrate più esercizi di stile che altro, con i loro autori interessati principalmente a dimostrare le loro capacità con la macchina da presa. Ma che cosa significa? Cos’è un piano sequenza e quali sono gli esempi più celebri di questa tecnica?

Cosa significa e che cos’è un piano sequenza?

Prima di procedere con alcuni esempi di grandi film e serie tv che hanno caratterizzato la storia del piano sequenza, è bene capire in primis cosa significa e, concretamente, che cos’è. Il piano sequenza è una tecnica che consiste nella realizzazione di una o più scene attraverso una sola ripresa, senza nessun tipo di stacco. Si tratta di una tecnica complicata e spesso confusa con quella di long take, che non è altro che un’inquadratura molto lunga. La differenza sta soprattutto nell’uso che si fa del montaggio, visto che il long take vuole limitarne l’uso (se non eliminarlo), mentre il piano sequenza prescinde dal suo utilizzo. Come sosteneva André Bazin, il piano sequenza è una tecnica atta a riprodurre la realtà senza i paletti imposti dal metodo classico cui si è sempre stati abituati per realizzare un film e che ha l’obiettivo di indurre nello spettatore delle emozioni ben precise, che possono ovviamente variare in base alla storia che si racconta e che il piano sequenza veicola.

Michael Keaton in Birdman o (l'imprevedibile virtù dell'ignoranza), diretto da Alejandro González Iñárritu

Michael Keaton in Birdman o (l’imprevedibile virtù dell’ignoranza), diretto da Alejandro González Iñárritu

Esempi celebri di piano sequenza nel mondo del cinema e della televisione

Esistono molteplici esempi di piano sequenza – nel cinema come nella televisione – ma, come detto in precedenza, è capitato più volte che ciò si limitasse ad un mero esercizio di stile e che questa tecnica non fosse ben amalgamata con la narrazione. Per questo motivo, spesso e volentieri vengono realizzate in questo modo solamente alcune sequenze, ma vi sono dei felici esempi di opere interamente dirette senza alcun tipo di stacco, cosa che alza enormemente l’asticella della difficoltà, visto che anche un singolo errore mandarebbe all’aria tutto il lavoro. Ma quali sono gli esempi più celebri di piano sequenza?

Impossibile non partire citando Orson Welles e, in primis, Quarto Potere (1941) e L’infernale Quinlan (1958), che utilizzò il piano sequenza in maniera rivoluzionaria, influenzando ancora oggi i registi di tutto il mondo. Che dire poi di Alfred Hitchcock ed il suo Nodo alla Gola (1948) che, oltre ad essere un’opera straordinaria, dimostrava anche la furbizia del regista: essendo stato girato in pellicola e considerato il fatto che le bobine ad un certo punto terminavano, in quei frangenti egli muoveva la macchina da presa dietro vasi, sedie e qualsiasi cosa si trovasse nell’ambiente che giustificasse uno schermo nero per pochi secondi ma, fondamentalmente, è stato interamente girato con questa tecnica.

Cercando di seguire un ordine cronologico, impossibile non citare Jean-Luc Godard con Week-end, un Uomo e una Donna dal Sabato alla Domenica (1967), Michelangelo Antonioni con la sequenza finale di Professione: Reporter (1975) ed Ettore Scola con Una Giornata Particolare (1977). Facendo un salto in tempi più recenti, negli anni ’90 gli esempi più celebri sono certamente quelli di Robert Altman con I Protagonisti (1992), John Woo con Hard Boiled (1992) e Brian De Palma – da sempre estremamente influenzato dal sopracitato Hitchcock – con Omicidio a Luci Rosse (1998).

Il XXI secolo si apre con quello che forse è, a conti fatti, il massimo esempio di piano sequenza nella storia del cinema, ovvero Arca Russa di Aleksandr Sokurov, che nel 2002 dirige quest’opera di 99 minuti interamente utilizzando questa tecnica e riuscendoci dopo tre tentativi falliti. Vi sono poi esempi felici in I Figli degli Uomini (2006) e Gravity (2013) di Alfonso Cuarón ed Hunger (2007) di Steve McQueen, mentre nel 2014 arriva un altro lungometraggio di grandissimo successo che ha ridefinito l’uso del piano sequenza, ovvero Birdaman o (l’imprevedibile virtù dell’ignoranza) di Alejandro González Iñárritu anche se, contrariamente a ciò che si pensa, non è stato girato con una sola ripresa ma con diversi stacchi tra un piano sequenza e l’altro. Chi non ha utilizzato stacchi è stato invece Sebastian Schipper con Victoria (2015), opera sempre troppo poco citata che ha lanciato, tra gli altri, Franz Rogowski. Abbiamo poi Un Lungo Viaggio nella Notte (2018) di Bi Gan, la cui seconda parte è un gigantesco e lentissimo piano sequenza di rara fattura, mentre nel 2019 arriva un altro titolo molto noto, 1917 di Sam Mendes. Importante citare poi la fase iniziale di Pieces of a Woman (2020) di Kornél Mundruczó.

A livello televisivo, il piano sequenza ha una storia molto più recente, ma ha degli esempi di grandissimo livello che meritano di essere citati. Se Psychoville (2009) è semi-sconosciuta, sono certamente più note ed amate True Detective (2014) di Cary Fukunaga con l’episodio Who Goes There, Mr. Robot (2017) di Sam Esmail con la puntata eps3.4_runtime-error.r00 e Adolescence (2025) di Philip Barantini, dove ciascuno dei suoi 4 episodi è stato interamente diretto in piano sequenza, per un totale di quasi quattro ore.