Articolo pubblicato il 20 Marzo 2025 da Andrea Boggione
All’interno del catalogo della piattaforma Disney+ c’è un titolo passato abbastanza inosservato ovvero “Win or Lose”, una miniserie d’animazione, ideata da Carrie Hobson e Michael Yates e la prima produzione televisiva originale targata Pixar Animation Studios slegata da un loro precedente lungometraggio. Un racconto che unisce sport, crescita, creatività e tantissime altre tematiche importanti attraverso la semplice quanto interessante storia di una squadra di softball di provincia e dell’importantissima settimana che precede una grande partita. Di seguito la trama e la recensione della nuova e particolarissima serie televisiva “Win or Lose”.
Di cosa parla “Win or Lose”, la prima serie originale Pixar
L’intera miniserie ruota intorno alle avventure e disavventure dei Pickels, una squadra mista di softball di una scuola media che si prepara per un’importante partita, anche se è il percorso per raggiungere questo match il vero fulcro della storia, la quale è raccontata, lungo gli otto episodi, ogni volta da un punto di vista differente: dai giocatori al loro coach, senza dimenticare anche l’arbitro. Una singola storia che prende forma sempre in maniera differente sviluppandosi nello stesso arco temporale. C’è chi affronta le paure, gli stimoli o le proprie emozioni e tutti finiscono per indagare in loro stessi e nel proprio vissuto, nonostante caratteri ed età differenti tra i tanti e bizzarri protagonisti.

La recensione della serie “Win or Lose” creata da Carrie Hobson e Michael Yates
Dopo alcuni titoli che non hanno entusiasmato il grande pubblico o sbancato il botteghino, tolto ovviamente “Inside Out 2” (2024) e anche per via della pandemia, la Pixar pare essere tornata sui propri passi, ma questa volta puntando su un altro medium narrativo. “Win or Lose”, miniserie creata da Carrie Hobson e Michael Yates e prodotta da David Lally, Pete Docter, Andrew Stanton e Lindsey Collins, fin dal suo titolo affronta diverse tematiche sociali importanti, tra vincitori e vinti c’è chi si imbatte nell’ansia da prestazione, chi è in cerca d’aiuto oppure chi non si sente pronto a dichiararsi alla persona amata. Il famoso studio d’animazione statunitense coglie la palla al balzo e, in un momento più sottotono della major, abbandona temporaneamente la propria comfort zone spostandosi dal grande al piccolo schermo dando vita ad un racconto unico in sole 8 puntate.
Come sottolineato in precedenza, ogni episodio fa quasi storia a sé, nonostante si sviluppi lungo lo stesso lasso di tempo. Il pubblico viene letteralmente trasportato all’interno del grande racconto analizzato da più punti di vista, ognuno dei quali affronta una determinata tematica, alcune anche molto pesanti e non così usuali per lo standard segnato dalla Pixar, soprattutto nell’ultimo delicato periodo. Il softball, lo sport al centro, funge da grande metafora di vita e quello che affrontano tutti i personaggi è un vero e profondo percorso di crescita personale. Laurie, Frank Brown, Rochelle, Vanessa, Ira, Yuwen, Kai e Coach Dan, sono solo alcuni dei protagonisti, o meglio, attraverso il loro sguardo la serie racconta di questa settimana che precede la prima partita del campionato statale. Ogni singola puntata dello show disponibile su Disney+ è realizzato in modo diverso, dove i vari elementi del racconto sono elaborati differentemente e associati alle varie emozioni e situazioni che affrontano i personaggi.
Se dal lato narrativo l’intero arco temporale è funzionale e rappresenta il punto forte dell’intero prodotto, qualche difetto lo si può riscontrare dal lato tecnico: è pressoché scontato e visibile un budget decisamente molto più basso rispetto alle produzioni cinematografiche, come avviene comunque per ogni major quando si tratta di dividere la parte economica tra i due medium comunicativi, e la stessa animazione a livello di character-design non si inventa nulla di nuovo. Dettagli che, fortunatamente, non vanno ad inficiare nella riuscita o meno di un’opera passata malauguratamente in sordina, ma che nasconde in sé senza troppe restrizioni un messaggio estremamente profondo, capace di emozionare un pubblico di grandi e piccini.
Se, però, molte delle tematiche principali come sofferenza, solitudine, rimpianti, insicurezze, ansie e paure vengono tutte affrontate e trattate in maniera più che esplicita, durante la produzione di “Win or Lose”, la Pixar ha deciso di fare un passo indietro su un episodio, in particolare modo sul percorso di un personaggio: ovvero la transessualità del personaggio di Kai (Chanel Stewart), una transizione che è visibile solo in parte e più implicitamente, di cui rimane solo qualche accenno e che, al tempo dell’annuncio di questo ridimensionamento, ha scatenato non poche polemiche e proteste.

“Win or Lose” è tutta una questione di punti di vista
“Win or Lose” è una ventata d’aria fresca all’interno di uno studio che, nonostante il record di incassi del blockbuster “Inside Out 2”, sta affrontando un periodo più sottotono e solo per il grande successo del film del 2024 l’azienda è ancora effettivamente in piedi. Questa miniserie ha tutte le carte in regola per diventare il primo tassello di un ritorno alle origini.
Quella Pixar che non si faceva scrupoli a rischiare e affrontare argomenti considerabili “più adulti”, anche perché, proprio come ricorda il titolo e le stesse otto puntate, è tutta una questione di punti di vista, dove il protagonista alla fine è lo stesso spettatore che viene catapultato in un mondo vittima sì di qualche compromesso, ma estremamente curato, ricco di spunti geniali e corredato da una colonna sonora firmata da Ramin Djawadi che rappresenta la giusta cornice dell’intero racconto.