The Monkey è un horror stravagante che nasconde un’anima complessa

The Monkey è il nuovo film horror di Oz Perkins, che torna al cinema a distanza di poco tempo dal suo ultimo Longlegs. Com’è, allora, questo lungometraggio basato su un racconto di Stephen King?
Recensione The Monkey, film horror basato sull'omonimo libro di Stephen King

Articolo pubblicato il 21 Marzo 2025 da Christian D’Avanzo

The Monkey è il nuovo film horror diretto da Osgood “Oz” Perkins, qui anche interprete di un personaggio, distribuito nei cinema italiani a partire da giovedì 20 marzo 2025. Il regista in questione si è fatto conoscere internazionalmente grazie al suo ultimo lavoro, Longlegs, con uno spaventoso (in tutti i sensi) Nicolas Cage nel ruolo del villain. The Monkey è invece basato sull’omonimo racconto di Stephen King, edito in Italia come La Scimmia e inserito nel romanzo intitolato Scheletri (1985), che consiste appunto in un’antologia di racconti dell’orrore. Date le premesse, le aspettative relative al film in questione erano molto alte, per cui è bene di seguito analizzare se effettivamente sono state rispettate, superate o disilluse: la recensione di The Monkey.

Con The Monkey Oz Perkins realizza un instant cult più complesso di quel che appare

Dopo aver lavorato ad un ben più cervellotico e “studiato” thriller-horror come Longlegs, a distanza di pochissimo Oz Perkins propone un altro suo film sul grande schermo, ma questa volta muovendosi in tutt’altra dimensione. Infatti, The Monkey appartiene filologicamente a quegli horror di serie B che hanno segnato il corso degli anni Ottanta per i loro toni grotteschi intrisi di black humour, mescolati a un’overdose di splatter e a qualche velato accenno nichilista sulle suggestioni e le paure più intime. Perkins dichiara le intenzioni sin dal memorabile prologo di questo nuovo lungometraggio basato su un racconto di Stephen King, ci mostra un padre in fuga che non vede l’ora di liberarsi dell’oggetto del terrore con cui è entrato misteriosamente in contatto, ma nel provarci ci sono un paio di deviazioni che gli complicano non poco la riuscita del suo piano improvvisato.

The Monkey è quindi un’operazione retrò non banale, tutt’altro che meramente citazionista come molti “colleghi” dell’epoca postmoderna, che nasconde in sé fattori psicologici (de)costruiti con finezza, celati dietro dialoghi e immagini-simbolo molto più narrative di quello che sembrano. La stessa scimmia giocattolo appartiene ad un’altra epoca, è un oggetto vintage che però ha una sua anima, tant’è che non vuole essere definita “giocattolo”, o almeno chi vi entra in contatto non riesce a ridurre la sua potenza mortifera in un termine alquanto semplicistico, fin troppo ingannevole. La scimmia, in tal senso, è un eccellente uso che fa Perkins dell’effetto uncanny valley, conferendo all’inquietante giocattolo – come tanti lo erano negli anni Ottanta – un’aria maggiormente disturbante, con connotazioni che vanno al di là dell’apparenza. Inoltre, la musica diegetica che accompagna il movimento dell’oggetto in questione dopo che qualcuno ha girato la chiave, diventa un elemento cardine perché è in grado di intensificare l’atmosfera del film generando un’attesa minacciosa e palpabile che prelude a una morte imminente.

Il montaggio di The Monkey è un’ulteriore prova di come si possano mettere in risalto le potenzialità delle immagini anche solo adoperando determinate scelte stilistiche in fase di post-produzione. I tagli netti fungono da jumpscare, ma in effetti non fanno altro che mostrare ciò che un personaggio anticipa verbalmente stabilendo un rapido rapporto di causa-effetto, mentre le dissolvenze permettono di passare da un contesto all’altro con più serenità, scandendo il ritmo del racconto. Ecco, allora, che con The Monkey Oz Perkins realizza un instant cult più complesso di quel che appare, innescando una combinazione suggestiva tra risate, tensione e riflessione. Se la prima è dettata dallo stile, così come la seconda dall’oggetto “demoniaco”, la terza è invece indotta come conseguenza ultima: basterebbe soffermarsi sulla politica isolazionista del protagonista e sul rancore alimentato per anni dal suo doppio/gemello per osservare come a scatenare gli eventi siano la mancanza di comunicazione e l’assente elaborazione del lutto.

La recensione di The Monkey: un horror stravagante che nasconde un’anima complessa

In The Monkey l’umorismo nero è dunque rigorosamente bilanciato alla componente splatter, con forti richiami estetici e narrativi a tutto il filone dell’horror di serie B degli anni Ottanta, da La casa (1981) a Killer Klowns from Outer Space (1988) passando addirittura per il cinema di Carpenter, in particolare facendo tappa per Christine – La macchina infernale (1983). E come non citare l’elemento principe del film? La morte si nasconde ovunque e può colpire in qualsiasi momento, come ci insegna la saga cult di Final Destination, solo che Perkins è interessato non tanto alla “spettacolarizzazione” e all’assurda costruzione delle morti, bensì alle conseguenze psicologiche. Quel che potrebbe sembrare apparentemente un horror che gioca con i cliché, qui decontestualizzati in maniera ludica, in realtà ha in serbo qualcosa di molto più profondo e personale, poiché funge quasi da poltrona dello psicologo per il regista stesso (ci sarebbe da informarsi sulla sua storia). Il voice-over offre infatti una prospettiva, è come se chi stesse parlando tentasse di assumere il controllo di eventi che nella realtà dei fatti sono sfuggiti di mano sin dall’infanzia. Guardando al passato, il protagonista si limita a narrare la nascita e l’evoluzione dei suoi traumi, innescati probabilmente anche dalla figura femminile con la quale entra in conflitto, seppur non vi sia da parte sua un accenno di presa di coscienza a riguardo.

Interessante notare come l’inconscio abbia un ruolo primario a partire proprio dall’infanzia, scatenando degli incubi che lasciano emergere la situazione di stress post-traumatico in cui si trova Hal da adulto. Parallelamente, quello che assume le sembianze di un doppio malefico quale è il suo gemello Bill, culla un sentimento di repulsione nei confronti del fratello e dell’umanità a partire proprio dall’esperienza che i due hanno condiviso da bambini. L’abbandono del padre, la “sfortunata” morte della babysitter, il cinico dialogo sulla morte nel faccia a faccia con la madre, che a sua volta perde la vita nella maniera più agghiacciante possibile, forse proprio perché avviene “normalmente” a differenza del destino che tocca agli altri personaggi. La scimmia non è solo simbolo di morte, quindi, ma diventa anche un’analogia tra la “morte/abbandono sociale” e Hal, come il montaggio stesso sottolinea; le conseguenze psicologiche si palesano su due binari differenti a seconda della percezione dei due gemelli. Da un lato Hal viene collegato alla scimmia per analogia, come anticipato, poiché la repressione causatagli dal conflitto fraterno e dal bullismo subito da un gruppo di ragazze viene da lui espressa con rabbia e attraverso un conseguente desiderio di morte altrui, nella fattispecie di Bill, causando però quella fortuita della madre, innescando un prepotente senso di colpa. Dall’altro lato Bill viene ossessionato dalla scimmia quando capisce che suo fratello ha ingenuamente causato la morte della loro mamma, della quale non ha ancora accettato la morte, e a sua volte attende di vendicarsi.

Il rapporto sgretolatosi tra i due fratelli, i quali non comunicano più da anni e si isolano anche dalle altre persone, parte, come già detto, da un’infanzia traumatica che è sfociata in difficoltà relazionali e bassa autostima, seppur in due percorsi differenti. The Monkey è un horror stravagante che nasconde un’anima complessa perché Perkins riesce sì a colpire nel segno attraverso un uso spiccato (seppur non sempre riuscitissimo) dell’umorismo nero bilanciato allo splatter ripetuto e volutamente esagerato, ma colloca all’interno del suo film vari indizi di natura psicologica e altrettanti sadicamente nichilisti. Non è un caso che la figura maschile si isoli da quella femminile, e di fatto si contano più vittime tra le donne che tra gli uomini durante il racconto. Ci sono tre figure paterne che si distaccano dal contesto familiare, generando un cortocircuito ereditario interrotto soltanto nel finale – al quale si arriva forse con qualche calo di troppo nel ritmo -, manifestando anche una sottintesa critica agli sviluppi sociali derivati dalle cosiddette norme di genere. Più specificamente, ciò viene evidenziato dalla dinamica ambivalente di attrazione-ansia nei confronti delle donne, spesso in relazione a un trauma (come il bullismo subito a scuola) o a conflitti irrisolti legati alla figura materna, portando i soggetti maschili a erigere una barriera emotiva; ciò spiegherebbe il motivo per cui Hal interrompe la sua relazione e si rifiuta di essere padre. L’uomo, dunque, si crogiola nel suo dolore e si illude di essere autonomo, più forte, ma fa fatica a comprendere di essere vulnerabile e che invece di fuggire dovrebbe prendersi le proprie responsabilità, accettare il dialogo così come la morte, come sottolinea il finale di The Monkey.

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Recensione The Monkey, film horror basato sull'omonimo libro di Stephen King
The Monkey
The Monkey

Due fratelli trovano in soffitta una scimmia giocattolo, ma dopo che attorno ad essa comincia a crescere un alone di mistero scaturito da morti strane ed eventi apparentemente paranormali, i due ragazzi decidono di disfarsene. Quando i fratelli diventano ormai adulti prendono strade diverse e quasi non si parlano più, ma ecco che ciascuno di loro riconosce i segni della presenza della scimmia e comincia ad indagare.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

20/03/2025

Regia:

Osgood "Oz" Perkins

Cast:

Theo James, Elijah Wood, Osgood "Oz" Perkins, Tatiana Maslany, Laura Mennell, Sarah Levy, Christian Convery, Rohan Campbell, Corin Clark, Colin O'Brien, Danica Dreyer, Kingston Chan, Zia Newton

Genere:

Horror

PRO

The Monkey crea un suo personale percorso a partire dagli horror di serie B degli anni Ottanta
Il montaggio scandisce sapientemente il ritmo del racconto
Gli indizi di natura psicologica e quelli sadicamente nichilisti seminati da Perkins
Il sottinteso rapporto tra la figura maschile e quella femminile
Il ritmo cala verso il finale