The Alto Knights – I Due Volti Del Crimine è un gangster movie che glorifica un mafioso

La recensione di The Alto Knights – I Due Volti Del Crimine, il nuovo film di Barry Levinson con protagonista Robert De Niro che interpreta non uno, ma ben due gangster.
The Alto Knights - i due volti del crimine: la recensione del film con Robert De Niro

Articolo pubblicato il 24 Marzo 2025 da Andrea Barone

The Alto Knights: I Due Volti Del Crimine è un film finito a lungo nella lista nera di Hollywood: dagli anni 70 infatti si è tentato di realizzare un’opera su due delle figure malavitose più importanti della storia mondiale, nonché le più importanti della storia americana. Dopo decenni in cui le major rifiutano di occuparsene, finalmente il regista premio Oscar Barry Levinson, il quale ritorna al cinema a dieci anni di distanza da Rock the Kasbah, ottiene il via libera dalla Warner Bros che stanzia un budget imponente grazie all’influenza di Robert De Niro e alle potenzialità della storia, ma sarà valsa la pena attendere? A seguire la recensione del gangster movie.

La trama di The Alto Knights – I Due Volti Del Crimine

The Alto Knights – I Due Volti Del Crimine è basato sulla storia vera di Frank Costello e di Vito Genovese, i due boss italiani che hanno contribuito in modo fondamentale ad accrescere l’influenza della Mafia in America. Il film infatti presenta la seguente trama:

Nella New York degli anni ’50, i boss della malavita Vito Genovese e Frank Costello una volta erano amici, ma il corso degli eventi li ha portati a farsi la guerra tra loro. Quando il gangster Vincent Gigante, su commissione di Genovese, tenta di uccidere Costello, questi, sopravvissuto all’attentato nonostante le gravi ferite, decide di ritirarsi a vita privata. Tuttavia l’insistenza di Costello nel voler continuare ad affrontare il suo rivale diviene sempre più opprimente e le conseguenze cambieranno per sempre la storia americana.

La recensione di The Alto Knights – I Due Volti Del Crimine

La regia di Barry Levinson presenta dei guizzi interessanti in diversi punti, soprattutto quando la cinepresa ruota attorno agli oggetti degli ambienti circostanti per evidenziare la faziosità di un sistema corrotto, per poi focalizzarsi, con ottimi piano sequenza, sui volti dei personaggi che rappresentano il marciume di quei luoghi vuoti e ricchi di ipocrisia. Se Levinson dimostra di essere abile con la macchina da presa, non si può dire lo stesso del montaggio di Douglas Crise, il quale sembra essere stato dilaniato: le dissolvenze in nero sono tanto ingombranti da interrompere la narrazione (una addirittura trancia un dialogo prima che finisca). Ancora peggio sono gli intertitoli che presentano la narrazione, i quali sono realizzati con una grafica identica a quella che si trova facilmente in un programma base di Sony Vegas (non è un’iperbole, è davvero identica), una cosa decisamente straniante per un film che costa 45 milioni. Il budget tuttavia si vede nelle ottime scenografie e nel trucco dei due personaggi protagonisti interpretati da un magistrale Robert De Niro, il quale si trasforma perfettamente sia in un italo-americano imborghesito che in un altro più rozzo e legato alla propria terra d’origine. Con Nicholas Pileggi, già scrittore di Quei Bravi Ragazzi e Casinò, che firma la sceneggiatura, la narrazione si rifà sicuramente a quella dei già citati film di Martin Scorsese, con Frank Costello che, invecchiato, racconta allo spettatore le origini della sua carriera ed il rapporto con Vito Genovese, descrivendo tutte le caratteristiche della mafia americana e di coloro che la frequentano.

Lo scopo è quello di dare un senso maggiormente realistico alle vicende, tanto che viene fatto un ingente uso di materiale di repertorio proveniente dai cinegiornali e dai servizi televisivi dell’epoca, senza contare delle foto e dai ritagli di giornale. In alcuni momenti i servizi realmente esistenti si integrano con le inquadrature costruite appositamente per il film ritratte con una fotografia che si adatta ai reperti inseriti nel montaggio, con gli attori che interrompono la voce narrante per dare vita alle riprese degli anni 30. Purtroppo questo espediente è adottato soltanto in rare sequenze e tutta la vita da giovane, tra cui anche la crescita del rapporto tra Costello e Genovese, viene raccontata esclusivamente dalla voce fuoricampo in uno stile totalmente documentaristico che riassume la giovinezza tra i due fino a quando Genovese non torna in Italia, con il rapporto tra i due personaggi che è già compromesso. Con tale soluzione i dialoghi tra i due protagonisti appaiono stranianti perché manca il nucleo rappresentato dal loro legame, poiché quest’ultimo è stato raccontato unicamente in terza persona. La cosa risulta essere ancora più pesante se si pensa che i personaggi, anche nei momenti più difficili, raramente hanno dei dialoghi in cui parlano tra di loro, mentre i pochi momenti in cui finalmente la cosa accade vengono interrotti, nuovamente, da una voce narrante. Tutto ciò fa sembrare l’intero lungometraggio la parte centrale di un’opera molto più grande alla quale manca la prima metà.

The Alto Knights - I 2 Volti Del Crimine: la recensione

Le fazioni infantili di The Alto Knights – I Due Volti Del Crimine

Se il rapporto tra i protagonisti rimane altamente superficiale, non resta che concentrarsi sulle due personalità distinte, le quali diventano avversari che giocano a scacchi pur di non finire entrambi dietro le sbarre. La personalità di Vito Genovese presenta dei momenti intriganti durante la costruzione del rapporto con sua moglie Anna Carducci, il quale evidenzia la povertà d’animo di un uomo che sottovaluta la propria consorte, trattandola come un oggetto e lasciandosi poi mettere nel sacco da lei. Ancora più interessante è la rappresentazione della celebre testimonianza di Frank Costello, la quale diviene sempre più ansiogena a causa delle domande che si fanno sempre più difficili, con la musica ed i silenzi che parlano al posto di Frank finché questi non vengono contaminati dai suoi compagni mafiosi (Vito compreso) che sbraitano vomitando tutti gli stereotipi contro l’America. Si può dire che, nella sua componente thriller, i crescendo della tensione riservino delle parti notevoli che mostra come sia Levinson che Pileggi siano degli artisti che abbiano ancora tanto da dare. Proprio quando questi momenti finalmente si evidenziano, viene commesso un errore gravissimo. Vito Genovese è ritratto come un essere rozzo, scorbutico e violento, il quale non vuole sentire ragioni affinché non gli si venga mancato di rispetto e possa riuscire ad arrivare in cima alla catena alimentare. Ciò lo porta ad essere impulsivo ed estremamente pericoloso, rischiando di mandare a fondo l’intera organizzazione e, come viene mostrato all’inizio del film, divenendo capace persino di far sparare al suo ex migliore amico. Genovese risulta essere quindi il villain della storia. Non è la prima volta che in un film di gangster ne compare uno che risulta essere più feroce di altri: basti pensare a Tommy DeVito nel già citato Quei Due Bravi Ragazzi. Lo spettatore, di conseguenza, finisce inevitabilmente per tifare per Frank Costello, l’altro avversario rimasto e unico capace di tenere testa a Genovese.

In un film di soli mafiosi può esistere quello per il quale si ha più simpatia, finché la dura realtà o la morale di una storia violenta non ricorda l’aurea estremamente negativa dal quale il personaggio è circondato. Tuttavia mai una volta nel film viene mostrato di che cosa Frank Costello si occupi oltre ad essere il capo della malavita. Sicuramente quest’ultima non è una cosa da poco, ma non c’è mai un’azione negativa che viene commessa dal personaggio e le uniche prese di posizione sono applicate unicamente per difendersi da Costello, fatta eccezione dell’essere autore di uno dei principali traffici del Proibizionismo. Ogni volta Genovese è mostrato come quello con il grilletto facile, mentre Costello è un personaggio d’onore, al quale sembra non importare di essere il capo della malavita, tanto da essere buono con i suoi stessi aggressori ed unico a dimostrarsi realmente furbo. Non ordina nemmeno di far sparare qualcuno o di truffare un civile. Potrebbe essere lo specchio di un americano che vuole apparire lindo e pulito mentre dietro c’è il marcio? Potrebbe essere una satira che mostra come il potere abbia contaminato un’America ipocrita? Purtroppo non è così, perché non c’è una sola azione che nel film venga condannata, Costello non prova dolore o senso di colpa, anzi, addirittura si vuole far provare compassione per la donna amata che si preoccupa per lui e pena per alcuni “poveri colleghi” (e per colleghi si intende altri boss) che hanno moglie e figli. Quando Frank Costello si mette contro i suoi stessi simili, non c’è l’orrore della guerra tra bande o la paura della morte, bensì una musica trionfante. Non c’è nemmeno redenzione (come nel bellissimo La Legge Della Notte di Ben affleck) perché nel personaggio non esiste pentimento. Praticamente il film fa capire che la mafia può essere una tremenda seccatura, ma se si è abbastanza furbi e abili si può uscire dal giro a testa alta e con tantissimi soldi nelle proprie tasche. Sembra una presa in giro satirica, ma purtroppo niente sembra voluto e non c’è traccia di denuncia. Si vuole raccontare la quotidianità di un gangster, ma si dimentica di raccontare gli elementi che lo condannano e questo è inaccettabile soprattutto se si pensa che il biopic racconta dell’uomo che ha praticamente creato la malavita in America.

La recensione di The Alto Knights con Robert De Niro

The Alto Knights: I Due Volti Del Crimine è un gangster movie che si rifà alle atmosfere di un film di Martin Scorsese, ma finisce per inciampare su sé stesso creando un imbarazzante ritratto glorioso di un personaggio ripugnante con una forma da episodio di una serie TV che manca di un pilot. Quest’opera è tutto ciò di cui è stato accusato The Wolf Of Wall Street ai tempi della sua uscita, con la differenza che stavolta le accuse di venerazione, involontaria o no, risulterebbero decisamente più veritiere. Si tratta di tutto ciò che è sbagliato in un biopic su una figura negativa che finisce per trasformarsi vergognosamente in un eroe distinto e pulito. Quello che doveva essere l’ultimo trionfo di Barry Levinson risulta essere uno scherzo di pessimo gusto che non riesce nemmeno a fare ridere come so bad it’s so good.

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The Alto Knights - I Due Volti Del Crimine: la recensione
The Alto Knights: I Due Volti Del Crimine
The Alto Knights: I Due Volti Del Crimine

Il racconto della rivalità tra i due boss Vito Genovese e Frank Costello durante la parte finale della loro carriera malavitosa.

Voto del redattore:

4 / 10

Data di rilascio:

20/03/2025

Regia:

Barry Levinson

Cast:

Robert De Niro, Debra Messing, Kathrine Carducci, Cosmo Jarvis, Matt Servitto, Ed Amatrudo, Joe Bacino, Michael Rispoli, Robert Uricola, Anthony J. Gallo

Genere:

Gangster movie, biopic, thriller

PRO

La grande interpretazione di Robert De Niro
Il crescendo della tensione in alcuni momenti
La regia di Barry Levinson
Le scenografie
Il montaggio pessimo
La voce fuoricampo che rimpiazza vicende fondamentali per il coinvolgimento
La mancanza di caratterizzazione nel rapporto tra i due protagonisti
La glorificazione del malavitoso Frank Costello