Articolo pubblicato il 30 Marzo 2025 da Vittorio Pigini
Dopo aver passato un’infanzia ed un’adolescenza a masticare cinema, giorno dopo giorno, per Quentin Tarantino era arrivato veramente il tempo di mettersi in gioco. Nella Parte 1 della sua Monografia si arriva, infatti, a registrare quelli che sono stati i primi passi dell’autore per inaugurare concretamente la sua filmografia. Il primo esperimento, My Best Friend’s Birthday, tuttavia è stato un vero e proprio fallimento, con una parte della pellicola andata distrutta in laboratorio e con il progetto che ufficialmente non ha mai visto la luce.
Fortunatamente per Tarantino si presenta la grande occasione, quella frutto dei suoi lavori come sceneggiatore che, con la vendita dello scritto per il film Una vita al massimo, gli ha fruttato il budget necessario per iniziare la sua avventura nel cinema. Ecco allora che, nella Parte 2 della Monografia incentrata su Quentin Tarantino, si analizzerà il suo debutto cinematografico, con i primi 3 film che di fatto aprirebbero e chiuderebbero il cerchio della sua idea di cinema.
LE IENE
Come già accennato, la bramosia per Tarantino di iniziare a girare un suo film era spasmodica alla soglia dei 30 anni. Il ragazzo ha ottenuto 50.000$ per la vendita della sua sceneggiatura ed è completamente orientato ad utilizzare quei fondi per finanziare il suo film. Tarantino è già un grande conoscitore di cinema anche per quanto riguarda il suo aspetto più prettamente “produttivo”, sapendo bene che con quella cifra si potrebbe permettere di realizzare solo un certo tipo di film: poche location, tempi ristretti, molto verboso (le parole non costano) e con il tutto estremamente “essenziale”.
Tarantino inizia così a scrivere il suo film, un gangster-movie (tra i suoi generi preferiti) con dei criminali ed una rapina che nemmeno si vedrà, rimanendo coerente con la “mission produttiva”. Ma mettere un film su carta alla fine non è un’operazione impossibile e sostanzialmente alla portata di tutti, i problemi sorgono quando si deve concretizzare quell’idea in reali riprese e successiva distribuzione. Innanzitutto serviva infatti la figura di un produttore, allora assente. Durante un barbecue tra amici, Tarantino fa la conoscenza di Lawrence Bender, un giovane attore ed un “signor nessuno” proprio come il regista, che aveva la sua stessa bramosia di inserirsi nel mondo cinema, particolarmente nell’industria.
Bender ha assolutamente intenzione di collaborare con Tarantino, anche perché aveva letto la sceneggiatura di Una vita al massimo e puntava ciecamente sul giovane regista. Ragionando da produttore, Bender idealizza che a Tarantino servisse un attore rinomato, quel “signor qualcuno” che potesse attirare altre case di produzione per aumentare il budget del film con i successivi e consequenziali “comfort”. Il destino vuole che lo stesso Bender partecipava, in quel periodo, a delle lezioni di recitazione ed il passaggio della sceneggiatura ultimata de Le Iene al suo insegnante era inevitabile. Quest’ultimo, intrigato dal progetto, gira lo scritto a sua moglie (attrice) la quale, a sua volta, riesce a far leggere la sceneggiatura ad un suo amico, di nome Harvey Keitel.
Questo improbabile giro di incontri e conoscenze porta così Tarantino a poter puntare su un nome di altissimo profilo all’interno dello star system, il quale partecipò a film come Taxi Driver, I duellanti e proprio in quel periodo era impegnato con 2 titoli del 1991 come Thelma & Louise e Busgy (con quest’ultimo che gli varrà la candidatura nel 1992 del premio Oscar, successivamente ad aver girato per Le Iene). Solo la presenza di Keitel all’interno del progetto Le Iene fece decollare la sua realizzazione, con l’avvicinarsi della casa di produzione Live America Inc., oltre all’aiuto ancora della Miramax dei fratelli Weinstein.
Il film, tuttavia, presenta un cast di diversi attori e, fino a quel momento, si era ufficializzato “solo” il nome di Keitel, oltre al regista che voleva assolutamente partecipare anche davanti la macchina da presa (le scene in cui compare su schermo, alla regia c’è un suo amico di nome Robert Rodriguez). Tarantino e Bender hanno però solo i fondi a sufficienza per mettere su casting limitatamente alla zona di casa loro, a Los Angeles. Ecco che Keitel finanzia aereo, hotel e casting director per arrivare anche alla parte Orientale di New York e qui Tarantino si imbatte in Steve Buscemi.
Un attore porta l’altro e piano piano il cast de Le Iene si concretizza, spingendo la pre-produzione a concentrarsi su altro. Proprio come in My Best Friend’s Birthday, gli aspetti più prettamente scenografici (costumi, oggetti di scena, location) venivano assemblati nella maniera più indipendente possibile con ogni attore che si portava dietro per le riprese effetti personali tra indumenti, auto e compagnia. Aneddoto affascinante anche quello legato al trucco. In quegli anni, infatti, Tarantino fa anche la conoscenza di Robert Kurtzman e Greg Nicotero, i quali avevano fondato la loro società di trucco prostetico KNB EFX Group. Nicotero in particolare fino a quel momento aveva collaborato con registi del calibro di George A. Romero, Sam Raimi, Brian Yuzna e Wes Craven.
Il leggendario truccatore era impegnato in quel periodo nel progetto di un nuovo film con i vampiri, e Robert Rodriguez (amico stretto di Tarantino) gli aveva fatto il suo nome. L’accordo era sostanzialmente semplice, Tarantino avrebbe scritto la sceneggiatura del film (già praticamente realizzata dai tempi del liceo e che prendeva il nome di Dal tramonto all’alba) e Robert Kurtzman avrebbe dato una mano nella realizzazione de Le Iene. Ne uscì la scena della tortura, poi divenuta fortemente iconica, guidata dal personaggio interpretato da Michael Madsen. A questo punto era quasi tutto pronto, ma mancava ancora la spinta determinante.
Tarantino riuscì infatti ad essere ammesso ad un workshop del Sundance Institute, permettendogli così di svolgere le sue riprese in estate e venire presentato al successivo Festival. Le Iene venne girato in 5 settimane e, dopo qualche mese, il film viene presentato infatti al Sundance Film Festival, venendo poi presentato successivamente anche ad una proiezione di mezzanotte al Festival di Cannes. Proprio in tale occasione, il nome di Quentin Tarantino diviene immediatamente molto chiacchierato, con il regista specificatamente invitato ad un party durante il Festival nella quale c’erano anche Oliver Stone (prima della “faida” per Assassini Nati), James Cameron e Paul Verhoeven.
Le Iene è subito un successo, con la critica generalmente impazzita per l’opera d’esordio di questo giovane e sconosciuto regista. Nel film del 1992 sono infatti presenti, fin da subito, tutti gli stilemi e le caratteristiche che hanno reso grande la filmografia di Tarantino, come il suo proverbiale pulp, il black humor, la cinica violenza e tutto il suo amore per il cinema. A tal proposito sono infatti innumerevoli gli omaggi e i rimandi a molti film amati dal regista: in particolare gli abiti dei protagonisti riprendono quelli di A Better Tomorrow di John Woo o di The Blues Brothers di John Lendis; i vari nomi in codice dei protagonisti si rifanno a Il colpo della metropolitana di Joseph Sargent; molti elementi, soprattutto narrativi, di rimando a City of Fire di Ringo Lam; la scena iconica della tortura, nel mix di contrasto tra violenza e musica, riprende Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci e chi più ne ha più ne metta.
Nonostante la calorosa accoglienza di Le Iene, ci furono però già ai tempi coloro che si scagliarono contro il cinema di Tarantino, per via dell’eccessiva violenza e soprattutto per le accuse di plagio. Ecco che il cuore dell’intera filmografia e del talento di Quentin Tarantino si riassumerebbe nella risposta concessa, dallo stesso regista, proprio alle accuse di plagio: <<I bravi artisti copiano, i grandi rubano.>>

PULP FICTION
Le Iene del 1992 ottiene quindi fin da subito ampio successo ed il nome di Quentin Tarantino inizia a circolare molto rapidamente. L’occasione è particolarmente ghiotta, con molte produzioni che si sarebbero mosse per accaparrarsi nelle proprie scuderie il nome del giovane genietto venuto dal nulla. Ma Tarantino, nonostante l’inesauribile voglia di mettersi continuamente in gioco, dimostra fin da subito una mentalità dei grandi nel non lasciarsi prendere dal gioco, di calibrare minuziosamente i suoi tempi e di continuare a fare solo ed esclusivamente il suo cinema.
Sebbene la calorosa accoglienza della sua opera prima, per Tarantino non vi fu immediatamente l’intenzione di girare subito un nuovo film, ma alcuni dei suoi esperimenti. In questo periodo, infatti, il regista aveva intenzione di realizzare un “semplice” cortometraggio sul mondo del crimine. Ma quando un autore ha una fucina di immagini e suggestioni in mente, ecco che a quella idea iniziale se ne aggiungono altre 2, finendo con il progetto di voler realizzare un film antologico che avrebbe messo in scena alcuni episodi ambientati in un fittizio mondo criminale.
Tarantino finisce con l’iniziare a scrivere la sceneggiatura per il suo prossimo film e, questa volta, vuole a bordo anche il suo amico Roger Avary. Grazie ai precedenti rapporti e, soprattutto, al successo di Le Iene, Tarantino continua a collaborare con il produttore Lawrence Bender, il quale riprenderà i rapporti già positivi con i fratelli Weinstein. Fiutando l’affare, la Miramax continua infatti ad orbitare attorno all’estro creativo di questo giovane regista, arrivando a sborsare 8 milioni$ come budget del film, il primo interamente finanziato dalla casa di produzione. La “mission” del regista anche in questo progetto resta quella di divertirsi, di realizzare un qualcosa di inebriante, bizzarro e che fosse stato in linea con la sua idea di cinema, vitalizzando quello che sarebbe divenuto il c.d. Tarantino Cinematic Universe.
Tra gli elementi più affascinanti di Pulp Fiction, rientra sicuramente il suo cast e lo “sfruttamento” del regista verso i suoi personaggi. In questo caso, infatti, Tarantino non ha badato a spese per quanto riguarda la sua folta squadra, spendendo più di metà budget della produzione per accaparrarsi i suoi attori preferiti per ciascun ruolo. Quello che si accennava come TCU (Tarantino Cinematic Universe) sarebbe, infatti, un modo “giocoso” per legare alcuni aspetti all’interno della filmografia del regista. Una particolarità affascinante riguarda infatti Steve Buscemi e Tim Roth, entrambi presenti sia in Le Iene che in Pulp Fiction.
Il primo è divenuto particolarmente iconico, nel film d’esordio di Tarantino, anche e soprattutto per la scena iniziale al bar, dove evince la sua politica contraria alle mance da lasciare ai camerieri. Bene, se la sorte di tutti i protagonisti del film appare segnata, su quella del Mr Pink di Steve Buscemi aleggia un’aria di mistero. Il personaggio esce infatti dal magazzino dopo la sparatoria e, mentre avviene il confronto finale tra Mr White e Mr Orange, si sente l’arrivo della polizia. Nonostante si pensi che Mr Pink sia stato preso dalla polizia, il flebile audio di sottofondo lascerebbe più di qualche interrogativo ed ecco che, Steve Buscemi, riappare in Pulp Fiction.
L’attore è infatti presente nel film, nel ruolo di uno dei camerieri che lavora nel locale luogo dell’appuntamento fra i personaggi di John Travolta ed Uma Thurman: dopo aver disprezzato le mance in Le Iene, il personaggio di Mr. Pink potrebbe essersi salvato e potrebbe aver cambiato vita, mantenendosi proprio grazie alle mance. Allo stesso modo, la “legge del contrappasso” sembrerebbe aver colpito anche Tim Roth, che da poliziotto nel primo film del regista diventa un rapinatore assieme alla sua “Coniglietta”. Tarantino non è e non sarà nuovo a questo tipo di “giochi” all’interno della sua filmografia, come per aver reso fratelli i personaggi di Vic e Vincent Vega, interpretati rispettivamente da Michael Madsen in Le Iene e da John Travolta in Pulp Fiction.
Per quanto riguarda l’entrare nel merito di un’opera come quella di Pulp Fiction, sarebbe in questa sede superfluo soffermarsi sui meriti di uno dei film più iconici ed amati della storia del cinema. Tarantino riprende tutti i suoi proverbiali marchi di fabbrica (già tali solamente al suo secondo film) per elevarli, anche forse inconsapevolmente, ai massimi livelli. Ne esce così con Pulp Fiction qualcosa di innovativo, assolutamente riconoscibile nello stile del suo autore, tanto violento e cinico quanto divertente e poetico.
Molte le sequenze divenute instant cult, così come i suoi irresistibili personaggi che traghettano una visione scoppiettante, imprevedibile e dalla caratura tecnica maniacale. Cosa più importante, anche in questo caso, è l’ulteriore conferma dell’animo “cinefilo” dello stesso Tarantino che continua ad omaggiare e “rubare” il materiale dei grandi. Se Le Iene fu per il regista un successo inaspettato, che spinge a far circolare il suo nome nei giusti ambienti, quello di Pulp Fiction è inimmaginabile.
A fronte di un budget di 8 milioni$, Pulp Fiction arriva a sfondare la quota di 100 milioni al botteghino mondiale, con tutto il merchandising ancora oggi fortemente in circolazione 30 anni dopo. Senza nemmeno dirlo, anche per quanto riguarda la critica il film è un clamoroso successo. Arriva la Palma d’Oro al Festival di Cannes, con la leggendaria consegna del premio da parte dell’allora presidente di giuria Clint Eastwood, così come ad arrivare sono anche il David di Donatello al Miglior Film Straniero, 2 BAFTA, 1 Golden Globes e il premio Oscar alla Miglior Sceneggiatura Originale, scritta da Tarantino e dall’amico Roger Avary. Il resto è storia.
JACKIE BROWN
Il successo di Pulp Fiction è praticamente totale. Per Tarantino vengono definitivamente aperte le porte di Hollywood ad un giovane “signor nessuno” che, attraverso i suoi primi 2 film, ha già conquistato la critica, portandosi dietro quelle voci fuori dal coro che altro non facevano se non rendere ancor più chiacchierato il suo nome. Palma d’Oro, Oscar sul comodino e testa china al prossimo progetto, sempre in ottica “tarantiniana” e quindi personale, libera e rendendo omaggio al cinema che ama. Già durante il periodo di riprese di Le Iene, il regista dimostrò interesse nel voler acquistare, nel 1992, i diritti cinematografici per trasporre un romanzo noir appena letto e subito amato: Rum Punch, di Elmore Leonard.
Dopo il successo di Pulp Fiction i tempi erano maturi per mettere su il suo prossimo film, dal titolo Jackie Brown. L’inseparabile Lawrence Bender torna come produttore esecutivo e, nuovamente, ci si affida alla Miramax dei fratelli Weinstein, con lo stesso Leonard che figura come produttore dell’adattamento del suo romanzo. Le numerose licenze artistiche del regista, prima volta alle prese con una sceneggiatura non originale, non furono infatti ostacolate dallo stesso autore del romanzo, che ne comprende il rispetto da parte di Tarantino del materiale originale. Il regista vuole infatti sfruttare il testo per rendere omaggio al Blaxploitation, un genere cinematografico molto particolare, esploso negli anni ’70, che vede principalmente protagonisti afroamericani ed il loro ruolo all’interno della società statunitense.
L’ambiente delle strade e sobborghi di periferia, criminalità, violenza, sesso, il fondamentale supporto della musica soul e funk, tutti gli elementi sono a dir poco perfetti per il talento esplosivo di Tarantino. Proprio come già effettuato con Le Iene e Pulp Fiction, per il regista si tratta di riportare alla luce un materiale cinematografico se non dimenticato, comunque poco navigato dai prestigiosi riflettori. A causa del suo contenuto e specialmente per questioni sociali e politiche, il Blaxploitation si bloccò di fatto nella seconda metà degli anni ’70.
Nonostante qualche spasmodico esempio precedente, a Tarantino si prospettava quindi il compito di fare i conti con un genere problematico (sotto svariati punti di vista) e che non circolava ormai da troppo tempo. Per arrivare ad omaggiare il genere nel migliore dei modi, tuttavia, serviva un peso massimo, una delle grande icone proprio di quel cinema. Ecco che a sostegno di Tarantino arriva Pam Grier, il volto per eccellenza del Blaxploitation, divenuta una delle più grandi star afroamericane dell’epoca grazie a titoli come Coffy e Foxy Brown (proprio quest’ultimo titolo servirà per arrivare a Jackie Brown). Pam Grier diventa fondamentale per la filmografia di Tarantino anche per un altro aspetto.
Il cinema dell’autore è infatti segnato dalla violenza, vera protagonista dei suoi racconti, descrivendo (fino a quel momento) un mondo cinico e spietato di personaggi prevalentemente maschili. Dalla totale assenza di donne in Le Iene, in Pulp Fiction c’è ovviamente una sfumatura aggiuntiva da questo punto di vista con i personaggi di Fabienne e soprattutto di Mia Wallace, ma i protagonisti effettivi restano sempre gangster uomini. Jackie Brown diventa in un certo senso il film femminista per eccellenza, in un mondo dominato da violenza, cinismo e tradimenti dove, tuttavia, è possibile riscontrare l’amore, la resilienza e la serena intelligenza della sua protagonista.
Prende così piede veramente quella che, di fatto, è una filmografia dominata da personaggi femminili iconici, forti e determinanti, da Jackie Brown alla Sharon Tate di Margot Robbie, passando alla Shosanna in Bastardi senza gloria e La Sposa di Uma Thurman, senza dimenticare il sempre dimenticato Grindhouse. Ad ogni modo, nel 1997 si arriva così a produrre e distribuire Jackie Brown. Il film presenta il solito fil rouge che contrassegna la filmografia di Tarantino, ovvero la passione verso il cinema e la sfrontatezza di piegare i classici al suo volere. Ecco allora che il mondo criminale torna protagonista, la violenza (specialmente verbale) gira di pallottola in pallottola, il pulp viene sparso ovunque e gli omaggi non mancano sicuramente, su tutti già l’incipit di diretto riferimento a Il laureato.
Sembrerebbe che il “marchingegno Tarantino” continui a macinare con il solito successo, ma qualcosa si inceppa. A quel momento, infatti, Jackie Brown diventa il primo film di Quentin Tarantino ad essere accolto tiepidamente da pubblico e critica. La sua terza regia non è stata sicuramente un flop (arrivano quasi 80 milioni$ a fronte dei 12 di budget, Miglior Attore al Festival di Berlino ed una candidatura all’Oscar), ma dopo il grande successo di Le Iene ed il trionfo di Pulp Fiction, la frenata diventa evidente.
Sicuramente avranno giocato a sfavore le altissime aspettative post il suo secondo film, sicuramente hanno inciso le critiche ancor maggiori rivolte al suo film (questa volta anche da parte di una voce autorevole, soprattutto date le condizioni, come Spike Lee), fatto sta che Jackie Brown non sarà al Rum, ma resta un Punch alla carriera di Tarantino. È arrivato il momento per una pausa…o meglio, di provare altro.
