Articolo pubblicato il 5 Aprile 2025 da Vittorio Pigini
Disponibile sulla piattaforma streaming di Amazon Prime Video dal 26 marzo 2025, Holland è il nuovo film diretto da Mimi Cave, regista esordiente con il suo precedente lungometraggio del 2022 Fresh. L’autrice torna così al thriller che predilige una strada maggiormente ironica e satirica, portando in scena un cast di primissimo ordine. Holland vede infatti protagonista la premio Oscar Nicole Kidman, impegnata nuovamente in un rocambolesco triangolo (extra)coniugale dopo il precedente Babygirl. Ecco di seguito la recensione del thriller Holland di Mimi Cave, il nuovo film disponibile su Amazon Prime.
La trama di Holland, il thriller di Amazon Prime con protagonista Nicole Kidman
Il nuovo film di Mimi Cave vede una lunga gestazione produttiva, con la regista che arriva a realizzare Holland partendo dalla sceneggiatura di Andrew Sodroski. Il film è ambientato nell’omonima cittadina statunitense del Michigan (chiamata così per via dell’ingente comunità olandese che vi ci vive) e vede protagonista Nancy Vandergroot, un’insegnante che conduce una vita apparentemente tranquilla col marito Fred, rispettato oculista della comunità.
La pacifica quotidianità di Nancy inizia tuttavia ad andare in crisi, quando arriverà a sospettare che il marito la tradisca durante i suoi lunghi viaggi di lavoro. Per indagare sul presunto tradimento di Fred, la donna si affiderà a Dave, collega di origini messicane, facendo tuttavia nascere un legame intimo tra i due.

La recensione di Holland: una visione anonima senza capo né coda
Tre anni dopo aver diretto l’intrigante Fresh, con protagonisti Daisy Edgar-Jones e Sebastian Stan, la regista Mimi Cave ci riprova dietro la macchina da presa con un nuovo thriller (horror) che tenderebbe a muoversi sulle corde più ironiche verso la commedia nera. Se il film del 2022 porta in scena una satira feroce e sanguinolenta sull’oggettificazione del corpo femminile, che diventa un puro e semplice “pezzo di carne” per soddisfare palati e fantasie, Holland prende da subito di mira la fantomatica famiglia perfetta. L’intenzione del film sarebbe dunque quello di realizzare un thriller “domestico” e satirico, volto a smontare l’istituzione della famiglia borghese all’interno di una società stantia ed incapace di evolversi.
La ventata ironica da commedia nera, inoltre, tenderebbe ad avvicinare Holland ad altri titoli a loro modo irriverenti, come ad esempio allo splendido Hot Fuzz di Edgar Wright (anche per il mistero che coinvolge i membri della comunità), ma senza possederne lo stesso estro e la stessa originalità. In fin dei conti, oltre a sbattere in faccia lo spettatore il riciclato topos della famiglia apparentemente perfetta che si mostra per i suoi lati più disfunzionali, Holland non riesce ad andare oltre, privo anche dell’ombra di un’idea vincente. Se in Fresh il tema di fondo non era solo dominante, ma necessario ed essenziale per portare avanti la visione, in questo nuovo film di Mimi Cave manca completamente una visione di fondo, provando a sviscerare una trama inconcludente che non arriva a nessun cuore.
Seguendo un’indagine goffa e priva della minima tensione, si assiste all’entrata in scena di personaggi piatti, monocromatici, incapaci di creare sentimentalismo, erotismo, odio, paura e per una costruzione narrativa imbalsamata come la sua illustre protagonista (alla quale si arriverà a breve). Holland diventa così un film che non sa cosa vuole essere, finendo per assumere la forma del nulla e provando ad arrancare nel finale per cercare di sferrare qualche colpo, senza tuttavia riuscirci. Perché quando il tempo manca e si è privi di idee, la scappatoia del “e se tutto fosse solo un sogno?” risulta già vecchia nel periodo in cui (forse) è stato ambientato il film stesso.
La soluzione suggerita dall’ultima emblematica scena (che si ricollegherebbe all’incipit, con quelle istantanee scattate che costituiscono l’unica immagine veramente e sufficientemente inquietante di tutto il film), sembrerebbe infatti essere quella della protagonista che, soggiogata dalla piatta routine della sua vita (marito e famiglia modello, lavoro tranquillo ed una comunità pacifica) si immagina un ribaltamento di fronte per creare necessario movimento nella sua vita.
Ecco che prende piede la strada misteriosa di un serial killer, lo scandalo di un amore fuori dal matrimonio ed altre uscite di strada non richieste. La trovata in sé porterebbe ad un’intuizione potenzialmente affascinante, ma che non trova alcun sostegno nell’interminabile visione appena conclusa e rilasciando, semplicemente, la sensazione di un esercizio ludico senza capo né coda. Questo ovviamente al netto di possibili sovraletture ad un finale che necessita di essere interpretato, lasciando spazio per ulteriori visioni.
Un prodotto plastificato ed insapore
Per quanto riguarda dunque l’aspetto più prettamente narrativo e di analisi, Holland mostra non solo una notevole piattezza argomentativa ma anche e soprattutto una gravosa mancanza di idee. A ciò, tuttavia, si abbina una regia incapace di creare una visione coinvolgente, quale requisito minimo per un thriller misterioso e dagli spunti surreali. Nelle sue 2 ore, il film si mostrerebbe estremamente noioso, ripetitivo ed inconcludente per oltre metà visione, arrivando a smuovere gli ingranaggi quando è decisamente troppo tardi per costruire un qualcosa che possa reggere sulle proprie gambe. Fallendo la sostanza, si prova quindi a virare sulla forma, provando un approccio goffo e mai convincente. Tensione, ironia ed orrore vengono a pari misura azzerati, con la semplice messa in scena che prova l’impresa.
L’ambientazione (tanto quella geografica e culturale ella cittadina di Holland, quanto e soprattutto quella temporale) resta completamente slegata dal film, mostrando semplicemente un nostalgico esercizio di stile, senza che ciò si fondi in alcun modo con il genere, un qualche tema messo sul tavolo o la messa in scena stessa. Quest’ultima tenderebbe, dal canto suo, a ricostruire un alone “burtoniano” nella cittadina di Holland, per questa comunità apparentemente perfetta e slegata dal resto degli U.S.A. per le origini olandesi (e una sola quota messicana).
Come una casa delle bambole, la pittoresca messa in scena prova a restituire su schermo infatti una visione pastellata ed addolcita, legandosi funzionalmente all’illusione idilliaca del mondo costruito dalla protagonista attorno a sé. La fotografia è poi lesta a spegnersi al momento opportuno, lasciando notare un’idea cromatica e nei giochi di luce potenzialmente intriganti. Alla direzione della fotografia vi è infatti un gigante come Paweł Pogorzelski (Hereditary, Midsommar, Beau ha paura), facendo registrare in Holland l’ennesima occasione persa. Oltre alle scene oniriche che fanno indigestione di computer grafica, il comparto sonoro ed il montaggio non riescono ad approfittare del giusto livello di oscurità (o luce, a seconda del caso), ribadendo il concetto di “piattezza” nella visione.
Ultimo aspetto è quello del cast, con il film che presenterebbe anche un trio di primissimo ordine. Si è accennato poc’anzi della “monocromaticità” dei personaggi, la quale viene qui ribadita e sottolineata nuovamente. La scrittura non riesce a conferire loro lo spessore necessario e, in termini di minutaggio e spazio in scena, il sacrificio di Gael García Bernal (Amores perros, Anche tua madre) e Matthew Macfadyen (Succession) è notevole. Tutto in favore della vera protagonista di Holland, ovvero quella Nicole Kidman da troppo tempo scomparsa dal periodo più luminoso della sua carriera.
L’attrice premio Oscar con The Hours, Dogville e Moulin Rouge! non riesce infatti mai a rilasciare su schermo l’ombra di un’emozione da qualche tempo, al di là di qualche smorfia fisicamente caricata. In questo caso, proprio per cercare di dare una “giustificazione”, la costruzione della bambola di plastica alquanto imbalsamata assumerebbe connotati anche narrativi, impersonando di fatto una marionetta che non ha pieno controllo di sé. Tuttavia, al di là della semplice impronta lasciata in Holland, si continua a registrare ruoli e personaggi molto simili per l’attrice premio Oscar. Oltre a La donna perfetta di Frank Oz del 2004, solo negli ultimi anni sono arrivati film come Babygirl, A family affair, A proposito dei Ricardo e non solo, per un’attrice del calibro di Nicole Kidman che continua a “riciclare” gli stessi abiti, nonostante ed ovviamente le inevitabili differenze.