Con il terrificante Hereditary Aster (ri)parte dalla famiglia come fonte di ogni Male

Con protagonista un’eccezionale Toni Collette, Hereditary – Le radici del Male è il formidabile debutto cinematografico di Ari Aster, il quale dimostra una padronanza del mezzo cinematografico fuori dal comune.Con protagonista un’eccezionale Toni Collette, Hereditary – Le radici del Male è il formidabile debutto cinematografico di Ari Aster, il quale dimostra una padronanza del mezzo cinematografico fuori dal comune.
Recensione del film horror di Ari Aster Hereditary

Articolo pubblicato il 14 Aprile 2025 da Vittorio Pigini

Presentato in anteprima al Sundance Film Festival del 2018, Hereditary – Le radici del male è il primo film scritto e diretto da Ari Aster. Dopo aver passato anni a realizzare cortometraggi, raccogliendo un gran seguito soprattutto nei Festival indipendenti, il regista approda sul grande schermo. Sfruttando un cinema horror di possessione e di sette demoniache, Hereditary si addentra nelle ferite e nei veleni all’interno dei conflitti famigliari, assemblando un cast con Toni Collette, Gabriel Byrne, Alex Wolff e Milly Shapiro. Ecco di seguito la recensione di Hereditary – Le radici del male, il primo film horror scritto e diretto da Ari Aster.

La trama di Hereditary, il primo film di Ari Aster

Con protagonista Toni Collette, Hereditary è il primo film basato sulla sceneggiatura dello stesso regista Ari Aster, che porta su schermo un tema particolarmente vicino all’autore, ovvero il dramma dei conflitti famigliari. Il film segue così le vicende della famiglia Graham che, in seguito alla morte della matriarca, la figlia Annie, suo marito Steve ed i loro figli Peter e Charlie iniziano a poco a poco a scoprire i segreti sulla loro famiglia. Nonna Ellen non era infatti una donna come le altre e qualcuno dovrà raccogliere la sua oscura eredità.

La recensione di Hereditary: Aster (ri)parte dalla famiglia come fonte di ogni Male

Ciò che potrebbe inaugurare nei migliori dei modi questa recensione del film Hereditary, potrebbe essere innanzitutto il focus, sul peso e valore autoriale, che lo stesso Ari Aster conferisce alla sua opera prima. <<L’idea per Hereditary era di fare prima un film che funzionasse come tragedia famigliare. Su persone che devono affrontare cose terribili e che devono cercare di farsi strada tra il dolore, il lutto. Ma poi non ci riescono, e il film è come se collassasse sotto il peso di quello che non sono riusciti a tenere in piedi.>>. Un pilastro, questo, che l’autore ha portato con sé già nella sua decennale esperienza nel campo dei cortometraggi. Titoli come The Strange Thing About the Johnsons, Munchausen ed anche lo stesso Beau (che poi riceverà via libera come lungometraggio nel 2023) pongono al centro della storia uno straziante e velenoso conflitto che si viene a creare all’interno del nucleo famigliare, specialmente verso la figura materna, quella stessa “divinità” che ci ha generati e che possiede il potere di distruggerci.

Da naturale e biologico microcosmo protetto e rassicurante, la famiglia si svela secondo l’autore quale fonte di ogni trauma, con il conflitto concettuale che rispecchierebbe il suo senso del nero umorismo, che poi sboccerà meglio nei prossimi film del regista. Soprattutto per una realtà come quella americana, Aster impone all’istituzione della famiglia di svelare la maschera, di vedere cosa ci celi veramente all’interno di una casa delle bambole apparentemente perfetta, con un dramma famigliare e borghese contro l’ipocrisia di una “malvagia” eredità. Spesso e volentieri si tende infatti ad additare le soluzioni distributive nel tradurre e promuovere film internazionali in italiano, con goffi esempi che non mancherebbero, ma in questo caso l’aggiunta del sottotitolo risulterebbe particolarmente calzante.

Le radici del Male in Hereditary si riferiscono così a quelle di un albero (la famiglia, la società, il Male) che presenta, nel malato sottosuolo, un segreto doloroso e nascosto che continua a proliferare. Per eliminare l’albero, il Male, non basta abbatterlo, ma occorre estirpare direttamente quella fonte di dolore, affrontarla, farci i conti, prima che sia troppo tardi. Il primo film di Ari Aster sfrutta infatti il McGuffin del lutto in famiglia, e dell’elaborazione dello stesso, per portare a galla segreti, scheletri nell’armadio, pensieri dolorosi mai rivelati, come quello di una madre che non ha mai voluto la nascita del proprio figlio. Oltre a questo straziante ritratto famigliare, la sceneggiatura del regista aumenta il tiro e si addentra dettaglio dopo dettaglio, elemento dopo elemento, in un folk-horror terrificante. Seguendo il culto del demone Paimon, Aster maneggia il suo stesso film proprio come fosse una delle casa delle bambole protagoniste stesse di Hereditary.

Il regista inserisce di camera in camera piccoli e determinanti dettagli, riferimenti, oggetti, suoni che solo alla fine della visione permettono di comporre il mosaico completo. Dalla disposizione dei manichini al “verso” stesso di Charlie ed il legame simbolico con gli uccelli, dagli antichi marchi a fotografie che lasciano sfuggire più di qualche dettaglio narrativamente ed allegoricamente determinante. Insomma, con la sua opera prima il regista realizza innanzitutto un dramma viscerale e verbalmente violento, ammantando di rare luci e molte ombre la “sacra” ed inviolabile istituzione della famiglia. Una tragedia che, inoltre, si addentra nel campo del folk-horror costruendo una narrazione solida e che sfoggia un devoto impegno nell’arricchire il racconto di un simbolismo determinante.

Un’opera prima sorprendente e l’horror torna a spaventare

Il primo film di Ari Aster, tuttavia, non si dovrebbe relegare ad una “semplice” tragedia famigliare che segue regole e dinamiche folkloristiche, riferendosi invece ad uno di quei grandi film del suo periodo che ha contribuito fortemente a svecchiare un intero genere. Hereditary è terrificante, con il suo regista sfrutta tutto il materiale tecnico ed artistico a sua disposizione per arrivare fino in fondo. Tra horror di possessione, setta demoniaca e gotico spettrale, il film rievoca pienamente i più importanti rappresentanti degli anni ’60 e ’70. Da Bergman a Polański, passando per i capolavori del cinema di possessione, Hereditary riesce ad amalgamare una vera e propria “eredità” artistica dei grandi maestri ai mezzi e agli innesti dell’horror contemporaneo.

Sono infatti presenti i tanto demonizzati jumpscare, con Aster che non solo riesce a rilasciarli con tempismo perfetto nella crescita della tensione, ma è anche estremamente abile nel realizzare dei c.d. anti-jumpscare. Emblematica un’agghiacciante sequenza in particolare dove Alex si alza dal letto, con movimento estremamente lento e lacerante, ed il totale della sua camera permette di avvistare nell’ombra la sagoma di sua madre arrampicata sul muro, immobile. A differenza infatti del jumpscare (spavento inaspettato) e non trattandosi nemmeno di un’effettiva costruzione della tensione, ecco che l’orrore è lì presente davanti gli occhi dello spettatore, non si muove eppure raggela, in attesa di uno spavento che dovrà arrivare non sapendo quando.

Si tratta solo di una delle numerose sequenze portate in scena da un regista che, al suo primo film, dimostra una padronanza del mezzo cinematografico a dir poco sorprendente. In tal caso gli esempi sarebbero davvero innumerevoli, dal geniale incipit all’interno della visione stessa ai continui piano sequenza ed arpionati movimenti di camera che sfoggiano una libertà espositiva davvero ammirevole. La tetra fotografia di Paweł Pogorzelski (direttore per tutti i precedenti cortometraggi di Aster) è davvero eccezionale, restituendo su schermo un’immersione gotica totalizzante. In stretta sinergia con il sound ansiogeno e sobbalzante, per restituire un’esperienza angosciante, il regista riesce poi a lavorare egregiamente anche sul ritmo di visione, per un horror dall’insolita durata di circa 2 ore che viaggia spedito senza correre frettolosamente.

Ma se il viaggio infernale offerto da Hereditary è figlio di un sorprendente comparto tecnico che mozza il fiato, tutto il palpabile dolore all’interno della sua tragica storia viene rilasciato da un cast sugli scudi. Lo Steve di Gabriel Byrne, continuando a notare un ruolo ben specifico e particolare all’interno della filmografia di Ari Aster, rappresenta l’àncora della famiglia. Il personaggio cerca di tenere in piedi un castello, inevitabilmente, finirà col crollare sulla sua stessa testa, ma senza dipingerlo come eroe e martire, ma arrivando a marcare un certo tipo di “debolezza” nel non riuscire ad intervenire. Un’implosione che si spalleggia con l’esplosione di rabbia della protagonista di Toni Collette, forse alla miglior interpretazione di una fuoriclasse.

Tra implosione ed esplosione, a trovare il varco è anche la condizione di dramma adolescenziale dei due giovani Peter e Charlie, alle prese con un lutto e con una famiglia non solo disfunzionale ma, ancora una volta, fonte di ogni trauma (da generazioni). Nonostante il personaggio tendi principalmente ad “accompagnare” la visione, davvero difficile eliminare dalla memoria la Charlie di Milly Shapiro, che tra l’inconfondibile volto, l’eco dei suoi richiami animaleschi e le macabre esecuzioni resta imprescindibile all’interno di Hereditary, così come il Peter di Alex Wolff. In conclusione, Hereditary – Le radici del Male è il primo sorprendente film scritto e diretto da Ari Aster, che arriva al cinema continuando a bussare alla porta di quella tragedia famigliare così velenosa, viscerale e drammatica.

Un Male che infatti inizia a diffondersi e proliferare fin dalla nascita, dalle sue radici e che arriva a corrompere il terreno da cui nascerà l’istituzione della famiglia, la società. Come sua opera prima, inoltre, il regista arriva a dissotterrare un’eredità classica nelle direzioni del cinema horror gotico, di possessione e di sette demoniache, riuscendo ad innestare mezzi e misure della contemporaneità. Come “biglietto da visita”, all’età di 32 anni Ari Aster dimostra con Hereditary di possedere una padronanza del mezzo cinematografico fuori dal comune, per uno degli autori più importanti del suo tempo.

0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Hereditary locandina film horror
Hereditary - Le radici del male
Hereditary – Le radici del male
Voto del redattore:

9 / 10

Data di rilascio:

25/07/2018

Regia:

Ari Aster

Cast:

Toni Collette, Gabriel Byrne, Alex Wolff, Milly Shapiro

Genere:

Horror, drammatico

PRO

Al suo primo film Aster dimostra una padronanza del mezzo cinematografico fuori dal comune.
Eccezionale la fotografia e conturbante il sonoro, per un’immersione gotica terrificante.
Il cast restituisce pienamente il dolore dei personaggi in scena.
Nessuno.