Recensione – The Last Of Us 2×01: Future Days

Con Future Days si apre ufficialmente la seconda stagione di The Last Of Us, una delle serie più attese dell’anno: ma qual è il risultato di questa puntata e che cosa ne pensiamo?
La recensione dell'episodio 2x01 di The Last Of Us

Articolo pubblicato il 14 Aprile 2025 da Bruno Santini

Era sicuramente la serie televisiva più attesa del 2025, nonostante il mercato seriale si sia rinnovato molto con molti titoli che vanno da M – Il figlio del secolo a Black Mirror 7; The Last Of Us 2 era forte del grandissimo successo del celebre videogioco di Neil Druckmann da un lato e, soprattutto, del grande trasporto che aveva ottenuto dall’adattamento televisivo di una prima stagione particolarmente apprezzata dalla critica. Con la seconda (e non ultima) stagione della serie si inizia a portare sullo schermo una delle realtà videoludiche più impattanti degli ultimi anni, e ciò viene reso possibile a partire da Future Days, il primo episodio della seconda stagione. Ma di che cosa parliamo e, soprattutto, qual è il risultato di questo primo approccio alla Parte II del celebre videogioco? Di seguito, tentiamo di fornire tutte le coordinate a tal proposito attraverso la recensione di Future Days, l’episodio 2×01 di The Last Of Us su HBO.

La trama di The Last Of Us 2×01: Future Days

Prima di procedere con la recensione del primo episodio di The Last Of Us 2, è importante sottolineare innanzitutto di che cosa parla la puntata in questione, che introduce la seconda stagione della tanto attesa serie, che porta sul piccolo schermo il celebre videogioco diretto da Neil Druckmann. Il regista torna qui sotto forma di produttore e consulente per lo schermo, con la scrittura e la regia del primo episodio della seconda stagione di The Last Of Us che viene affidato al noto Craig Mazin. Il contesto è quello che avevamo lasciato al termine della prima stagione: Joel ha deciso di salvare Ellie condannando l’intera umanità ad un destino di mancata cura per il virus che la infetta, e ciò porta gradualmente (benché Ellie inizialmente non sappia la verità) il rapporto tra i due a incrinarsi, mentre intanto un’altra persona – Abby, interpretata da Kaitlyn Dever nella serie – trama per uccidere l’uomo.

La narrazione si sposta a cinque anni dopo, quando i due vivono nella città di Jackson resa ormai un rifugio sicuro per tutti coloro che scappano dagli infetti, in cui si costituisce una micro-società in cui quotidianamente si realizzano delle pattuglie per difendere il luogo dall’invasione degli infetti e in cui notiamo alcuni dei nuovi personaggi della serie: tra tutti Gail, originale nella serie rispetto al videogioco, Jesse e soprattutto Dina. Il rapporto tra Dina ed Ellie, molto legate tra loro, costituisce un cambiamento importante nella sfera emotiva della ragazza, che intanto vive sempre più il distacco da Joel mentre nella città e nei suoi confini continuano ad essere tanti i pericoli, soprattutto per quanto riguarda nuove tipologie di infetti che sembrano essere molto più intelligenti rispetto agli altri.

Un’immagine di Ellie e Dina nel primo episodio della seconda stagione di The Last Of Us

La recensione del primo episodio di The Last Of Us 2: tra fedeltà e dissonanze, il primo passo di un lungo (e complesso) lavoro

Lo scambio di battute tra Joel ed Ellie, l’introduzione immediata del personaggio di Abby con Kaitlyn Dever a interpretarla, le note di Gustavo Santaolalla attraverso la sigla dell’episodio e l’inquadratura dal basso della città di Jackson, che riprende fedelmente uno dei primi scorci di (parziale e contenuto) open world nell’esplorazione della città nel videogioco: sono soltanto alcuni degli elementi a cui lo spettatore si rapporta dopo pochissimi secondi dall’inizio della seconda stagione di The Last Of Us, uno dei prodotti più attesi degli ultimi anni, soprattutto a seguito dell’incredibile lavoro realizzato con la prima. E, come avevamo già osservato per la prima stagione, non manca – tra omaggi e rappresentazioni fedeli di quel mondo che è sempre stato detto “cinematografico” – una voglia di osare, soprattutto dal punto di vista umano e sociale, sostituendo il gameplay con un ampliamento dell’intero mondo di The Last Of Us, tramite nuovi personaggi, azioni e contesti che rendono la serie, al netto di naturali commenti negativi di chi ne vorrebbe soltanto una riproduzione in scala del videogioco, un mondo a sé.

Il primo episodio di The Last Of Us 2 fa esattamente ciò che un racconto introduttivo ha bisogno di portare sullo schermo: una rappresentazione frammentata, eppure efficace, di tutte le parti in causa, esattamente come avviene per un pilot. The Last Of Us Parte II è un altro videogioco, dunque un altro mondo, e allora tutto cambia rispetto a quella regolarità che avevamo conquistato con la prima stagione della serie: la disposizione e la quantità di infetti, il rapporto tra i personaggi, il sostrato emotivo di tutti coloro che interagiscono in Future Days, così come gli intenti di un episodio che non ha necessariamente bisogno di mostrare lo scontro e l’azione per coinvolgere lo spettatore. E c’è, del resto, anche una grande sapienza nel costruire – nell’ora scarsa di episodio – un micro-mondo con tutte le sue logiche, dalla suddivisione di compiti all’amministrazione interna della città, passando per la realtà della psichiatria e per quella dell’omofobia, un fattore che portò The Last Of Us Parte II, al tempo in cui debuttò nel mercato videoludico, ad essere pesantemente oggetto di review bombing.

Alcune note a margine ci sono però concesse, specie a seguito di un primo episodio che non ha numerosissime chiavi di lettura aggiuntive rispetto al suo valore in termini puramente dichiarativi della qualità e delle capacità di tutti i principali addetti ai lavori; la prima riguarda l’estrema qualità di una delle attrici più sottovalutate negli ultimi anni, Kaitlyn Dever, qui presente soltanto per qualche secondo, eppure in grado di conquistare l’intera scena anche e soprattutto in fatto di sguardi e primi piani, immaginando quanto importante possa essere il suo coinvolgimento futuro e quanto qualitativa la sua resa; la seconda interessa quelle polemiche che hanno accompagnato – tediosamente e per troppo tempo – la scelta di Bella Ramsay soprattutto pensando alla seconda stagione: ribadiamo con forza che le interpretazioni non sono un cosplay e che ricreare fedelmente la materia da cui si prende le mosse, senza innovare in alcun punto e non concedendosi alcuna licenza, è un lavoro che di artistico ha soltanto le capacità mimetiche. Bella Ramsay non sembra così tanto adulta e “cazzuta” come la Ellie del videogioco, questo è certo, ma il vero errore di fondo è credere che questo sia necessario, dal momento che la serie ha già presentato (e continua a farlo) un personaggio assolutamente degno e meritevole per le sue capacità e le sue caratteristiche, non di certo per i continui rimandi al videogioco.

Per il resto, che si tratti del coinvolgimento di Catherine O’Hara, delle sezioni già propriamente horror, dell’introduzione degli stalker o di tanti altri dettagli, non si può che dir bene di un primo episodio già importantissimo, che fa pensare bene per il futuro e che lascia una grande attesa a proposito di tutti i successivi rispetto al 2×01, Future Days.

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