La genesi dei Thunderbolts: eroi o minaccia?

Dai fumetti al cinema, ripercorriamo la storia editoriale dei Thunderbolts: uno dei gruppi di supercattivi più amati dell’universo Marvel.
La genesi dei Thunderbolts

Articolo pubblicato il 21 Aprile 2025 da Matteo Pelli

Per ogni superuomo che serve il bene comune, c’è un supercriminale pronto a rompere le uova nel paniere. Non importa se si tratta di un alieno distruttivo, di un dittatore con poteri magici o di un semplice criminale da strapazzo: il supereroe di turno deve avere una nemesi, un contraltare con il quale scontrarsi. D’altronde è la natura stessa dell’uomo a proporci questo stilema narrativo, il dualismo bene/male, notte/giorno, diavolo/acqua santa sono temi che accompagnano l’umanità sin dall’alba dei tempi. Ma cosa succede quando un cattivo, magari il più temibile di tutti, cerca di servire il bene? E se fosse un gruppo di malvagi, quanto potrebbero essere pericolosi se messi nelle giuste condizioni?

Thunderbolts: la giustizia, come un fulmine!

La prima formazione dei Thunderbolts venne concepita nel 1997 dalla penna di Kurt Busiek, in quella che era, a tutti gli effetti, una squadra decisamente anticonvenzionale. A livello cartaceo, fu il Barone Helmut Zemo a fondare i Signori del Male, una formazione da egli stesso capitanata che aveva l’intento di sconfiggere i Vendicatori una volta per tutte. Purtroppo (o per fortuna), i piani di Zemo furono bruscamente interrotti da un evento a dir poco catastrofico: l’alter-ego malvagio del professor Charles Xavier, ovvero Onslaught, mise in ginocchio il pianeta Terra costringendo gli Avengers e la maggior parte degli eroi dell’universo Marvel a sacrificarsi per sconfiggerlo. La Terra aveva perso i suoi difensori più forti, quindi a Zemo venne l’idea di modificare il nome del suo gruppo, cambiare i costumi dei suoi sodali, modificando i nickname da battaglia: nacquero così i Thunderbolts. Inutile dire che il piano del perfido Barone non era quello di servire il bene al posto dei Vendicatori, bensì di accaparrarsi il favore dell’opinione pubblica fingendosi buoni per poi colpire senza nessuna pietà. Il ritorno degli Avengers sommata ad una ribellione interna del team fecero svanire i sogni di gloria di Zemo, facendo sciogliere la squadra e determinando, di fatto, l’apparente fine del gruppo.

La genesi dei Thunderbolts

Negli anni, tuttavia, la squadra venne riformata e rimaneggiata più e più volte, ma la formazione più impattante è stata quella scritta da Warren Ellis (con i disegni di Mike Deodato Jr) in un contesto ben preciso: durante gli avvenimenti di Civil War. Gli eventi di questa terribile tragedia, scritta da Mark Millar tra il 2006 e il 2007, sono noti a tutti: a causa di un incidente causato dal supercriminale noto come Nitro, morirono centinaia di persone. L’opinione pubblica puntò il dito sui New Warriors, un giovane gruppo di supereroi intenti a dare la caccia a dei supercattivi (tra cui lo stesso Nitro) durante le riprese di un reality show. Dopo l’incidente il governo degli Stati Uniti diede il via all’atto di registrazione, al fine di controllare e segnalare gli eroi in maschera. Si creò, quindi, una spaccatura all’interno della comunità dei supereroi: chi era a favore della legge e chi contro, con Iron Man e Captain America a presiedere le due fazioni. Il resto, come si suol dire è storia. Nel corso della guerra civile fu Reed Richards a riformare i Thunderbolts, con lo scopo di farne una squadra governativa dedita alla cattura degli eroi non registrati. Con Norman Osborn come direttore del gruppo, la nuova squadra venne composta da assassini e psicopatici (come Venom e Bullseye), vecchi membri (Moonstone e Songbird) e facce nuove (Penance, Spadaccino e Uomo Radioattivo). Un mix letale pronto a creare scompiglio usando la violenza e le maniere forti pur di portare a casa il risultato: sotto la guida di un Osborn sempre più bipolare e paranoico, i T-Bolts si trasformano in un becero strumento usato per reprimere i dissidenti senza conseguenze etiche o morali. Per i Thunderbolts, quindi, il fine giustifica sempre i mezzi.

La genesi dei Thunderbolts

Fiducia nei mostri: i Thunderbolts nel Marvel Cinematic Universe

Dato che la guerra civile, cinematograficamente parlando, all’interno del MCU è già avvenuta in maniera drasticamente ridotta, nel 2016 in Captain America: Civil War, era lecito (e logico) aspettarsi l’introduzione dei T-Bolts come conseguenza al film dei fratelli Russo. Tuttavia Kevin Feige e soci avevano altri piani e i cosiddetti Accordi di Sokovia (l’atto di registrazione dei superumani) vennero messi nel cassetto durante gli avvenimenti di Avengers: Infinity War. A conti fatti, negli anni la presenza dei Thunderbolts nel grande disegno realizzato dai Marvel Studios non serviva affatto. Ma si sa, il cinema e i fumetti a volte vanno a braccetto, ma spesso e volentieri tendono a distanziarsi. Fu così che nel giugno del 2022, durante il Comic-Con di San Diego, la Casa delle Idee annunciò Thunderbolts* (rigorosamente con l’asterisco, anche se fu inserito nel titolo successivamente), trentaseiesimo film del Marvel Cinematic Universe, ultimo della Fase Cinque, per la regia di Jake Schreier e in uscita nel 2025.

Da quello che possiamo percepire dai trailer di questo nuovo prodotto, sarà la Contessa Valentina Allegra de Fontaine (già vista in svariati prodotti della Fase Quattro) ad assemblare il gruppo per una missione apparentemente impossibile. Tuttavia i personaggi che compongono questo strano ensemble non sono propriamente dei villain, sebbene alcuni di loro abbiano un passato alquanto discutibile. Anzi, si potrebbe tranquillamente affermare che si tratta principalmente di una squadra di anti-eroi, ovvero persone decisamente borderline che agiscono dentro al sottile confine che regna tra bene e male. Tra questi troviamo l’onnipresente Bucky Barnes (Sebastian Stan): con un passato da cattivo nei panni del Soldato d’Inverno, l’ex migliore amico di Steve Rogers negli anni ha avuto un ottimo percorso di redenzione, fino a farlo diventare uno dei personaggi più iconici del MCU. A fargli da spalla troviamo tre personaggi provenienti dal deprecabile Black Widow di Cate Shortland uscito nel 2021. Yelena Belova (Florence Pugh), ovvero la nuova Vedova Nera, Alexei Shostakov (David Harbour), alias Red Guardian e Taskmaster (Olga Kurylenko). A chiudere il cerchio (o meglio, le punte dell’asterisco), troviamo una rediviva Ghost (Hannah-John Kamen) già vista in Ant-Man and The Wasp (2018) e l’ex Captain America, ora U.S. Agent, John Walker (Wyatt Russell). Quest’ultimo, al netto di quello raccontato durante gli eventi di The Falcon and The Winter Soldier, è forse l’unico vero personaggio “negativo” del gruppo. Tre supersoldati, un’assassina, un mercenario capace di replicare i movimenti degli avversari ed un essere etereo: tutti loro uniti contro un nemico apparentemente invincibile in quella che, sembrerebbe, una missione ad alto rischio. Un canovaccio narrativo proposto anche nella controparte a marchio DC Comics diretta da David Ayer nel 2016, il pessimo Suicide Squad. Insomma, non un bel biglietto da visita.

Se Thunderbolts* sarà un successo commerciale oppure l’ennesimo tonfo made in Marvel Studios non ci è dato saperlo, dovremo aspettare il 30 aprile per un giudizio definitivo. Quello che è certo è che la natura fumettistica dei T-Bolts è spietata, violenta e corrotta e che difficilmente il lato estremo del team (soprattutto nel periodo Ellis-Deodato Jr) verrà riproposta al cinema. Non si può parlare di cattivi nel vero senso della parola, ma solo ed esclusivamente di personaggi al limite della legalità, a conferma del fatto che per vedere una versione virulenta ed oscura dei T-Bolts ci sarà tempo e modo. Si può solamente sperare che l’ambiguità di un supergruppo così variegato venga a galla, proponendo al grande pubblico il sempreverde dualismo tra bene e male. D’altronde è risaputo, ai buoni si vuol bene ma poi si fa il tifo per i cattivi.