Articolo pubblicato il 25 Aprile 2025 da Bruno Santini
Dopo aver fatto il suo esordio in sala, e in streaming, in Cina a partire dalla fine del 2024, Like A Rolling Stone arriva anche in Italia: l’anteprima nel nostro paese c’è grazie al Far East Film Festival 2025, in cui Yin Linchuan presenta il suo film con Yong Mei protagonista, tratto da una storia vera che si può osservare anche alla fine del film. Seguendo la scia di quel grandissimo successo che C’è ancora domani ha ottenuto in Italia e in tutto il mondo, portando ad un fenomeno di forte rappresentatività, Like A Rolling Stone si impone così come racconto estremamente delicato, in cui il desiderio di libertà non permea mai in maniera violenza attraverso lo schermo, ma conquista anzi il suo spazio emozionando lo spettatore. Tentiamo di vedere più da vicino a che cosa ci riferiamo attraverso la recensione di Like A Rolling Stone.
Perché abbiamo bisogno di film come Like A Rolling Stone
Mentre il fenomeno C’è ancora domani imperversava in Italia, con sale gremite e con un grande apprezzamento da parte della critica per il celebre esordio di Paola Cortellesi, si diffondeva contemporaneamente anche una certa ritrosia, non tanto per il film in sé quanto più per il meccanismo narrativo della tessera elettorale, un simbolo di salvezza che interessasse la protagonista in maniera più viscerale rispetto alla fuga. Questo dettaglio, unito alla rappresentazione sognante del finale con il ballo della protagonista (e di tutti gli altri personaggi in scena) ha fatto storcere più di qualche naso, soprattutto per quanto riguarda la chiave con cui veniva portata sullo schermo la storia della protagonista Delia.
Ebbene, un film come Like A Rolling Stone dimostra che la chiave rappresentativa è quanto mai giusta, soprattutto in un momento storico di questo genere: introducendo il suo film agli spettatori e parlando di un “momento molto difficile”, la regista Yin Lichuan dimostra di avere una grandissima lucidità nel momento in cui affida, pur se servendosi di una storia vera, allo spettatore una rappresentazione imponente di quello che è il bisogno viscerale di libertà femminile; un esercizio, questo, che non si affida a facinorosa violenza o a meccanismi dicotomici dove si oppone il bello o il brutto, il buono o il cattivo, ma ci si limita a portare sullo schermo una realtà plausibile, se non addirittura concreta: quella che vive la protagonista Li Hong, per tutta la vita schiava di qualcosa di più grande di lei (il padre, il marito, la necessità di crescere sua voglia, i desideri lavorativi del fratelli, i nipoti) e di una sottovalutazione della sua libertà.
È un racconto estremamente delicato, quello di Yin Lichuan, che non ha bisogno di immaginare delle chiavi di lettura o delle rappresentazioni distanti dalla realtà del nostro tempo, poiché basta semplicemente affondare le mani in quell’intricato e devastante tessuto sociale per rendersi conto di quale sia la preoccupante deriva che affrontiamo. Una situazione drammatica in cui non c’è più soltanto quel rapporto verticale tra uomo e donna, in cui quest’ultima viene totalmente schiacciata dal maschio-padrone (con la finta egida del pater familias), ma anche un costante biasimo collettivo che porta (anche) le donne stesse a giudicare le donne, additandole come traditrici o incuranti dei sani valori della famiglia.

La recensione di Like A Rolling Stone: un esempio di coraggio, rappresentatività e delicatezza
Like A Rolling Stone non è, e non vuole certamente esserlo, un film che faccia della sperimentazione e dell’estrema complessità la formula del suo racconto: parliamo di un lungometraggio tutto sommato semplice nella sua cornice tecnica, che pur aggiunge qualcosa di molto interessante nella scansione temporale della vita della protagonista Li Hong. I diversi anni della sua vita, fin dal momento in cui vorrebbe andare all’università ma non può per volere del padre, si susseguono nel segno di una volontà di essere libera: è un esercizio, questo, molto complicato nel momento in cui la libertà si ricerca sempre nell’altro, e si è costantemente tenuti ad attendere. Li Hong crede che sposarsi sia la chiave per salvarsi, ma si ritrova a passare da una realtà tossica ad un’altra, accettando così (e non potendo far altro che questo) un uomo avaro, senza stimoli, che gioca a ping pong e pesca con gli amici, non preoccupandosi mai di chi gli stia accanto e, anzi, insultando e comandando sua moglie in qualsiasi istante.
La vera intuizione di Like A Rolling Stone, però, si ritrova nel fatto che – ben presto – tutte le figure che contornano la donna cedono allo stesso meccanismo: persino la figlia, che le aveva sempre consigliato di divorziare e che l’aveva sempre difesa dal padre violento, finisce per ritenere Li Hong un’immagine ferma e stantia sullo sfondo, un aiuto e nient’altro, una persona che può attendere. L’acquisto dell’automobile e il viaggio in auto diventano così il mcguffin (proprio come la tessera elettorale di C’è ancora domani, e con la stessa valenza anche simbolica) di un racconto che esercita i temi di coraggio, libertà e rappresentatività in maniera estremamente riuscita. E non parliamo soltanto di emozione che viene suscitata, ma anche di giusta e necessaria compartecipazione alle vicende di una donna che, al termine di tutto ciò che vive, non può far altro che abbandonare tutto e dedicarsi solo ed esclusivamente a se stessa.