The Scary House è un non-horror di ironia e grande intelligenza

Habitué del Far East Film Festival, Hirobumi Watanabe presenta in anteprima al FEFF27 il suo nuovo film, un esordio horror che non manca di evidenziare le sue grandi qualità.
The Scary House è un non-horror di ironia e grande intelligenza | Recensione FEFF27

Articolo pubblicato il 26 Aprile 2025 da Bruno Santini

Presentato in anteprima internazionale al Far East Film Festival 2025, pur se nella sezione Fuori Concorso (per motivi di mancati sottotitoli ufficiali), The Scary House è l’ultima fatica di Hirobumi Watanabe – un habitué del FEFF – che torna nel contesto del Festival asiatico più importante d’Europa per la sua nuova opera. Il film, primo horror nella sua stratificata produzione artistica che lo vede spesso lavorare in collaborazione con suo fratello Yûji, permette di dare uno sguardo concreto alla grande versatilità deludere regista giapponese, qui impegnato in un’opera di sapiente decostruizione di un genere, a partire dai suoi elementi narrativi. Ma con quale risultato? Di seguito, vogliamo dare uno sguardo al film attraverso la recensione di The Scary House.

Il primo horror di Watanabe, ma pur sempre un film di Watanabe

È il primo horror di Watanabe, ma resta pur sempre un film di Watanabe. Con questa didascalica definizione, che accompagna la distribuzione di The Scary House, ci si avvicina per la prima volta ai 99 minuti di un film che sa sperimentare perfettamente il senso dell’inquietudine e dell’ironia che questa porta con sé. Che l’horror in Giappone sia un genere a sé stante, tanto da aver generato un’etichetta, non lo scopriamo certo oggi: è sempre bello, però, notare come un tema così semplice (una casa infestata e tutti i meccanismi archetipici di una rappresentazione di questo tipo) possa tramutarsi in qualcosa di altro, semplicemente affidandosi alla mano sapiente di un regista che sa mettersi perfettamente in discussione.

Il Festival di Venezia 2024 accoglieva, tra i suoi titoli Fuori Concorso, anche Broken Rage di Takeshi Kitano, un gigante degli Yakuza Movie che si divertiva a prendere in giro se stesso, riproponendo sempre lo stesso e lapidario film con chiavi rappresentative differenti, e sempre più parodistiche. Siamo entro lo stesso tipo di rappresentazione, con un regista che dichiaratamente afferma di detestare il genere horror, nel suo primo horror dietro la macchina da presa: la promessa di 300.000 yen per una settimana di lavoro (poco più di 1800 euro) lo convincono ad agire lo stesso, diventando il soggetto protagonista e infestato della Scary House che dà titolo al film. Troppo? Troppo poco? Non lo sapremo mai, poiché tra sotterfugi (Watanabe finge di percepirne 30.000 per pagare una miseria il suo collaboratore cameraman) e topoi del mockumentary, osserviamo ben presto una discesa – ma sempre orizzontale – agli inferi del nostro, che non dimentica mai di alleggerire il tono del sovrannaturale con forme di geniale ironia. Non mancano i, frequenti, jumpscare, alcuni dei quali in grado di conservare l’essenza intrinseca della loro forza (viene in mente l’amministratore nell’armadio o le figure in negativo che Watanabe osserva in sogno) e, soprattutto, di dimostrare che l’horror non è solo di passaggio per il regista, ma un elemento con cui può misurarsi con grande valore.

La recensione di The Scary House: da Aki Kaurismaki a Jim Jarmusch in un’opera di sapiente ironia

Nel momento in cui viene respinto da una collaboratrice, sensitiva e medium, Watanabe (che fino a quel momento avevamo visto soltanto di spalle) si gira, rivelando al pubblico che la sua maglietta parlava già abbastanza chiaro, data la presenza della scritta “Fuck Off”. Questo è solo uno dei tanti momenti in cui il regista mostra una grande genialità all’interno del suo film, uno spaccato importante delle sue grandi doti dietro la macchina da presa, prestare ad un simil-mockumentary in cui il paranormale non viene affrontato con quel senso di angoscia costante e archetipica del genere, bensì con una forma di parodia dello stesso.

Watanabe, così come del resto il suo collaboratore, afferma di non poter avere paura di qualcosa in cui non crede, per quanto le entità della Scary House prenderanno gradualmente possesso della casa e dei suoi ospiti. Neanche il più potente degli esorcismi, che del resto libera il male dal regista, non di certo dalla casa (pur se al costo di 50 milioni di yen), potrà farci nulla, con l’esito del destino dei tre protagonisti brevemente raccontato sullo schermo. Riprendendo il suo modo di cinema da Aki Kaurismaki e Jim Jarmusch (del primo la brevità e l’essenzialità dell’opera, del secondo il carattere ironico e meta-referenziale), Watanabe crea così un’opera molto intelligente, in cui prendersi gioco del genere horror e di se stesso in modo molto sapiente.

Il risultato è particolarmente intrigante nella sua messa in scena, in cui le reiterate soggettive si alternano alle riprese degli interni, nella scansione di una stanza (quella più infestata) in cui si susseguono degli elementi quasi sacrileghi, per quanto dissacrante: il ventilatore che si muove senza tregua, l’esercizio fisico a ritmo di musica, una palla di gomma che spaventa il protagonista. Il tutto con quella sagace ironia, mai banale e ridondante, che si ritrova in momenti di goffaggine e che trova il suo massimo compimento sul finale, in cui il regista – dopo essere stato più volte accoltellato – riesce a salvarsi magicamente come racconta nelle sue stesse didascalie. La magia del cinema, del resto, è molto spesso un fatto di invenzioni.

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The Scary House
The Scary House

The Scary House è il primo film horror diretto da Hirobumi Watanabe, dietro la macchina da presa per un mockumentary in anteprima al FEFF27.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

25/04/2025

Regia:

Hirobumi Watanabe

Cast:

Hirobumi Watanabe

Genere:

Horror, commedia, mockumentary

PRO

La destrutturazione del genere horror presente nel film
La sapiente ironia di Hirobumi Watanabe
L’impostazione da mockumentary del film