Articolo pubblicato il 26 Aprile 2025 da Vittorio Pigini
Dal 24 aprile 2025 arriva in sala anche in Italia il nuovo survival-horror Until Down – Fino all’alba. Il titolo, distribuito da Sony Pictures, è l’adattamento dell’omonimo videogioco PlayStation e sviluppato da Supermassive Games nel 2015. Successivamente ai 2 capitoli della saga di Shazam!, il regista svedese David F. Sandberg torna al cinema del brivido, per un teen-horror che vede protagonista un cast corale. Ecco di seguito la recensione di Until Down – Fino all’alba.
La trama di Until Down – Fino all’alba, il film horror del videogioco PlayStation
Come precisato, il nuovo film di David F. Sandberg è tratto dall’omonimo videogioco di casa PlayStation Until Down, sebbene tendi a prenderne le distanze sotto diversi punti di vista, risultando alla fine un titolo sempre autonomo. Il film del 2025 registra in sede di sceneggiatura i nomi di Blair Butler e Gary Dauberman, con quest’ultimo che ha già collaborato con il regista in Annabelle 2: Creation del 2017, oltre ad aver scritto gli altri capitoli della saga di The Conjuring come Annabelle, The Nun – La vocazione del male e Annabelle 3.
Until Down – Fino all’alba segue Clover che, ancora incapace di “lasciare andare” la sorella misteriosamente scomparsa, sceglie di tornare a cercare qualche altro indizio sul fatto assieme ai suoi amici. Durante una sosta lungo il viaggio il gruppo viene a sapere che, in una valle remota, le persone tendono a sparire misteriosamente. Giunti sul posto, i ragazzi trovano una casa apparentemente abbandonata ed iniziano ad indagare, facendo tuttavia scattare un meccanismo che sarà per loro mortale, ripetutamente. La sfida diventa infatti quella di sopravvivere fino all’alba, con Clover ed i suoi amici che moriranno per poi risvegliarsi nel medesimo luogo, ogni volta assaliti da una minaccia diversa. Ma le chance di tornare in vita non sono illimitate.

La recensione di Until Down – Fino all’alba: l’ennesimo fallimento
Al momento dell’uscita nelle sale del nuovo film horror di David F. Sandberg, il botteghino italiano sta ancora continuando a rifarsi gli occhi con il fortunato percorso di Un film Minecraft. Il trend, di continuare a puntare su adattamenti su schermo di celebri titoli videoludici, è stato ormai introdotto da tempo ma, proprio nell’ultimo periodo storico, sta riscuotendo un notevole successo. Ecco allora arrivare la seconda stagione dell’acclamata serie di The Last of Us, nonché l’approdo in piattaforma anche dell’anime di Devil May Cry e con gli spettatori che ancora tengono vivi i ricordi della passata stagione per titoli come Arcane e Falllout. Sono solo alcuni esempi di come pubblico e critica hanno saputo ben accogliere adattamenti su schermo di titoli tratti da videogiochi, dimostrando che il trend può potenzialmente funzionare.
Tuttavia, questi ed altri esempi lodevoli vengono sostanzialmente ristretti al piccolo schermo, tirando nuovamente in ballo la difficoltà di trasporre al cinema questo speciale materiale di partenza. Restringendo infatti il campo solo al periodo più recente, sul grande schermo sono infatti arrivati film come Gran Turismo, Borderlands e proprio il già citato Un film Minecraft. Tre semplici esempi di come, il fantomatico trend, continui a registrare una gravosa difficoltà nel restituire titoli cinematografici dal decente livello tecnico ed artistico, fallendo un’idea di intrattenimento che possa andare oltre al fanservice più spicciolo. Nella fallimentare operazione ecco aggiungersi anche l’ultimo Until Down – Fino all’alba, dove regista e soprattutto sceneggiatore fanno sposare questa complessità di adattamento appena citata allo standard “dimenticabile” del cinema più commercialoide, ristagnante soprattutto nell’horror dell’ultimo decennio.
Dopo infatti aver diretto Annabelle 2 e i capitoli dello Shazam! con Zachary Levi, il regista torna a collaborare con lo sceneggiatore di alcuni dei peggiori horror usciti negli ultimi anni, dando vita ad un prodotto che avrebbe avuto un senso solo con il joystick in mano. Con David F. Sandberg ancora fresco dell’esperienza con il supereroe DC, e con la penna dello sceneggiatore dei due capitoli dell’It di Muschietti, Until Down continua a rivolgersi principalmente all’universo teenageriale, portando su schermo un gioco di gruppo ad un pigiama party che si trasforma in una casuale escape room. L’esperienza, di questo sgangherato teenhorror di sopravvivenza, fa tornare un nauseante dejavu con il Tarot dello scorso anno cinematografico, rispecchiando sostanzialmente le stesse criticità.
Until Down non ha nemmeno una vera e propria trama, il prologo della sorella scomparsa non acquista mai un peso (con una resa dei conti più comica che tragica), il villain è impresentabile ed i piatti personaggi protagonisti danno vita ad una serie di dialoghi che si spera siano stati creati da IA. Il tutto viene infatti buttato in mezzo alla mischia unicamente come pretesto per provare a sfoggiare il fascino di questo “meccanismo” di morte, non riuscendo a trovare un nesso logico sotto praticamente nessun punto di vista, dalla ciclicità dei “risvegli” alle creature assassine, passando per la concreta influenza nella storia del dottor Hill.
Until Down è un campo minato per le voragini di trama presenti, per un film che non presenta nemmeno una particolare originalità che potesse provare a salvare la nave destinata ad affondare. Da Ricomincio da capo, passando vagamente per la saga di Saw e tutti gli affini, la reference più forte non può che essere il sorprendente Quella casa nel bosco del 2012. Oltre a tutti i meriti più strettamente tecnici, si tratta di un film folle ed anarchico quello di Drew Goddard, che nel fantastico e nel surreale del suo parco giochi dell’orrore riesce a trovare un’alchimia vincente e verosimile. Con Until Down, invece, si arriva ad una copia sbiadita ed insapore, dimenticabile appena terminata la visione che resta la vera sfida di sopravvivenza.
Voglio (provare a) fare un gioco poco con te
Until Down – Fino all’alba costituisce quindi l’ennesimo fallimento dell’operazione di portare sul grande schermo celebri titoli videoludici, rincarando la dose con le cocenti problematiche che il cinema horror si porta dietro ormai da troppi anni. Oltre alla piattezza dei protagonisti, dialoghi inconsistenti e la totale assenza di un peso emotivo, nulla nel film acquista veramente un senso, con una non-trama che vive solo ed esclusivamente come pretesto per presentare la mortale clessidra. Le criticità sopracitate, della sfortunata serie di film horror riprodotti con il reiterato stampino, riguardano tuttavia non solo la sceneggiatura ma anche la struttura stessa dell’opera.
In Until Down non si registra infatti un’idea vincente nemmeno per quanto riguarda tanto la tenuta del regista (il quale non riesce a trovare un movimento di camera interessante), quanto la concezione di un orrore continuamente spronato dai soliti jumpscare. Ma se il brivido viene praticamente appiattito dai soliti ingranaggi, ecco che l’ironia e la spettacolarizzazione prendono il sopravvento sulla messa in scena. Grazie infatti a qualche stoccata (alcune volte involontarie), il film evidenzia il terreno fertile per la splatter-comedy, per un titolo che avrebbe sicuramente conquistato il pubblico con un tasso di ironia maggiore. Si arriva infatti alla costruzione della messa in scena, facendo così registrare un importante “spreco” di mezzi nell’assistere ad una buona resa fotografica di Maxime Alexandre (Alta tensione), ad un bel cambio di location e ad effetti speciali (tra analogico e digitale) davvero ben fatti.
Spaziando dallo slasher “mascherato” alla casa infestata, passando per lo zombie-movie, streghe ed un’improbabile acqua esplosiva, le esecuzioni di Until Down riescono infatti a regalare più di qualche soddisfazione, riuscendo tuttavia a trovare nella parte centrale del film il primo ed unico momento di fascino. Forse l’intrattenimento orrorifico, nel vedere i protagonisti al macello, sta anche nel fatto di non riuscire mai a far entrare il gruppo nelle grazie dello spettatore. Oltre alle difficoltà già sottolineate in sede di sceneggiatura, il cast non riesce infatti ad incidere nel bene o nel male, passando con una fatale inconsistenza emotiva e scenica. A questo si aggiunge l’inutile easter-egg di un grande interprete come Peter Stormare, con l’attore di Fargo, Constantine e Prison Break che figura nel film giusto per riprendere proprio il suo personaggio nel videogioco.
In conclusione, Until Down – Fino all’alba di David F. Sandberg continua a registrare la titanica difficoltà nel trovare la chiave di volta per adattare sul grande schermo i celebri titoli videolidici. A tale criticità si aggiunge quell’idea fallimentare che ha contribuito ad abbassare la caratura artistica, tecnica e concettuale del cinema horror degli ultimi anni, rincorrendo ai soliti e fastidiosi supporti. Si tende a vietare tuttavia una demonizzazione totalizzante ed a priori del film, che gioca coerentemente nel suo “campionato” attraverso una costruzione della messa in scena in alcuni casi più che piacevole e divertente. Questo almeno fino all’ennesimo ed evitabilissimo suggerimento della nascita di una saga che non può promettere nulla di buono.