Ciclo Orson Welles – Recensione Macbeth: La Furia Barbarica del Potere

Recensione del film Macbeth di Orson Welles, migliori film del regista di Quarto Potere

Articolo pubblicato il 15 Maggio 2023 da Bruno Santini

Da una personalità poliedrica come Orson Welles, dati anche i suoi trascorsi come regista teatrale di opere di William Shakespeare, sarebbe stato necessario aspettarsi un approdo naturale: quello di adattare prima o poi dei testi del bardo al cinema e ne avrà l’occasione con il suo quinto film, decidendo di trasporre Macbeth (1948). Gli adattamenti shakespeariani per la settima arte, fino agli anni 40’, furono poco soddisfacenti al cinema. Tutto questo cambiò con il successo dell’Enrico V di Laurence Oliver (1944), così che un piccolo produttore si offrì di finanziare la pellicola di Orson Welles. Purtroppo per il nostro genio, i suoi film al botteghino non avevano mai brillato, tranne Lo Straniero (1946) e Quarto Potere (1941), nonché smontati e rimontati dagli studios, oltre ad essere girati in condizioni produttive precarie, purtroppo Macbeth non si sottrarrà a tale infausto destino.

 

La Trama del Film Macbeth di Orson Welles

 

Dopo aver incontrato tre streghe che predicono loro un radioso futuro, Macbeth (Orson Welles) salirà sul trono ora occupato dal re Duncan, mentre Banquo genererà un re -, i due nobili tornano a palazzo assai turbati da tale rivelazione.
I tormenti del marito non sfuggono alla crudele ed ambiziosa lady Macbeth (Janette Nolan), che lo spinge ad assassinare Duncan.
Cinta la corona al capo, affinché non si avveri l’altra profezia, Macbeth paga due sicari per uccidere Banquo e suo figlio: ma le streghe hanno in serbo altri verdetti.

Macbeth - Recensione - Orson Welles

Recensione di Macbeth: il titanismo nel film di Orson Welles

 

Filmato con un budget miserrimo, negli interni di uno studios, con scenografie scarne di cartapesta ed in tempi strettissimi di appena 21 giorni; Orson Welles nonostante tutto tira fuori l’ennesimo capolavoro della sua carriera, facendo della miseria una virtù, dado al suo Macbeth un fascino furentemente barbarico nelle immagini, intrise di una primitiva violenza.

 

Vincolato dalle finanze ristrette, il regista immerge la vicenda in un grigio cupo spettrale, che dona un’efficace aura mortifera all’intero lungometraggio, ciò si combina efficacemente con delle scenografie stilizzate quanto spartane.

L’accorta regia di Orson Welles, inquadra spesso i personaggi a tre quarti dal basso, facendo risaltare la loro figura, in particolare quella dell’imponente Macbeth, rispetto alla location in cui si trovano, donando quindi una sensazione di illusoria grandezza della scenografia, mascherando al meglio la miseria produttiva.

 

Siamo innanzi all’ennesima figura titanica tipica della filmografia di Welles, impersonata come spesso accade da quest’ultimo, complice anche la sua imponente mole fisica, che riempie gran parte dell’inquadratura, emanando un gran carisma grazie alla sua presenza scenica.

 

Un titano è succube o artefice del proprio destino? Il prologo iniziale con quell’intruglio pastoso da cui le tre streghe ricavano una figura in argilla modellata sulle fattezze del viso di Macbeth, sembra suggerire che il tutto sia predeterminato fin dall’inizio e l’uomo non sia altro che un burattino in mano altrui; eppure Macbeth potrebbe benissimo sottrarsi a tutto ciò, ma l’ambizione del potere è troppo forte ed essere divenuto il nuovo signore di Cawdor non gli basta più, le sue mire sono rivolte molto più in alto.

 

La spinta decisiva viene da lady Macbeth, la quale sin dalla sua entrata in scena abbandona ogni umanità residua in lei, a favore di una personalità che non abbia alcuno scrupolo di tipo morale, così che goccia dopo goccia corrode la roccia sottostante, corrompendo l’animo del marito, incitandolo ad uccidere il re Duncan, in una sequenza tutta giocata su un piano sequenza fuori campo dell’atto delittuoso, con interminabile attesa, costruita da marcati toni espressionisti.

Macbeth - Recensione - Orson Welles

Recensione Macbeth: la corruzione del potere nel film di Orson Welles

 

Sfruttando le inquadrature e un uso accorto delle luci ed ombre, Orson Welles supera i limiti del budget, – che ammontava a tre barattoli di ceci e due di fagioli -, regalando sequenze di notevole fattura tecnica; dai lunghi piani sequenza intrisi di profondo turbamento d’animo, nonché lo sfondo della lunga scalinata in pietra che porta alla stanza in cui dorme il re, assurgendo a chiara metafora della faticosa arrampicata irta di atrocità per afferrare l’agognato potere, uscendo dal tutto cambiati da quella stanza scura, con le mani in primo piano lorde del sangue dell’assassinio compiuto.

 

Orson Welles conosce molto bene le opere di Shakespeare (fu autore di alcune regie teatrali sperimentali delle sue opere teatrali in gioventù), restituendoci nel suo Macbeth tutta la complessità linguistico-letteraria presente nei dialoghi del testo, nonché un’accortezza sublime nello scavo psicologico dei coniugi Macbeth, sempre più ebbri e corrotti dal potere, fino a scadere nella pazzia derivante dal peso delle atrocità commesse per raggiungere e poi mantenere la corona.

 

I meandri della mente si contorcono preda di dubbi, che danno vita ad allucinazioni mentali, che si esternalizzano in una scenografia dai lunghi ed intricati corridoi oscuri della dimora del sovrano, in cui poco a poco Macbeth perde sempre più ogni senno, trincerandosi dietro la rassicurazione di un’ulteriore profezia, che sembra impossibile a realizzarsi.

Da qui il crollo fragoroso del titano, poiché la nebbia enigmatica del destino, scaturisce sempre dalle azioni umane, proprio come la corona che lui ha conquistato con il sangue, in modo altrettanto violento gli sarà sfilata dal suo capo.

 

Paragonato sfavorevolmente ad Amleto di Laurence Oliver (1944), andò male alle anteprime, obbligando il regista ad un doppiaggio, che eliminasse il suo accento scozzese, oltre ad un nuovo montaggio che ridusse l’opera a poco più di 80′ minuti. Oggi il film come concepito dal regista è possibile visionarlo nel dvd nostrano il lingua originale con sottotitoli italiani e resta un piccolo capolavoro di finezza cinematografica, che riesce a sopperire al meglio alle numerose limitazioni produttive.

Voto:
4.5/5
Andrea Boggione
4.5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Alessio Minorenti
5/5
Paola Perri
4/5