Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789
Nella lotta sempre più accesa tra le piattaforme streaming Appletv+ è sicuramente qualche passo indientro a i vari Netflix, Disneyplus e amazonprimevideo ma ci sta pian piano abituando a produzioni di altissimo livello che per certi aspetti fanno anche tremare i rivali. È così, in vista degli Oscar, esce “Il canto del cigno”, opera prima del regista del regista Benjamin Cleary che, sebbene non sarà certo un frontrunner, ha tutte le carte in tavola per strappare qualche nomination, sopratutto grazie alla splendida interpretazione di Mahershala Ali.

La pellicola si colloca perfettamente in quel filone di fantascienza più intimista e introspettiva, poco volta alla spettacolarizzazione e molto più incentrata sui personaggi che ci ha saputo regalare tante piccole perle in queste anni, così come opere non perfette ma sempre molto interessanti. Immediati i rimandi visivi allo splendido Ex Machina, a partire dal viaggio del protagonista in una verde foresta del Nord America per raggiungere una isolata, lussuosa e futuristica Villa dalle ampie vetrate nascosta dagli alberi. Se, pero, nel capolavoro di Garland le vicende ruotavano attorno all’intelligenza artificiale e a ciò che ci identifica come esseri coscienti, qui l’autore ci porta altrove, verso diversi spunti di riflessione, proponendo un altro tema classico del genere, la clonazione, da un punto di vista decisamente inedito. L’intuizione alla base della sceneggiatura è a dir poco geniale. In un futuro non troppo lontano una rivoluzionaria tecnologia permettere di creare delle copie esatte di noi, sia nel fisico che nella mente, così da poterci rimpiazzare in caso di morte senza che i nostri cari si accorgano della perdita. E così Jack Cameron (Mahershala Ali) designer che ha scoperto di avere un tumore allo stadio terminale, accetterà di partecipare in segreto alla sperimentazione di questa rivoluzionaria procedura, con tutte le implicazioni morali, ma sopratutto personali che una scelta del genere comporta, dovendo affrontare un doloroso e complicato passaggio di testimone con il suo clone. Il canto del cigno è un film intensamente concentrato sul protagonista, sulla sua famiglia, sul suo amore, sui suoi dubbi e sulle sue reazioni. Non basta però una geniale intuizione a riempire due ore di pellicola e la sensazione che la storia sarebbe potuta svilupparsi benissimo anche in un una puntata di una serie tv di un ora non tarda a farsi sentire. Ciò che è su schermo non annoia, ma il ritmo lento e riflessivo del film sembra più per scelte di minutaggio che di regia. C’è poi un cliché tipico del genere a cui la pellicola ammicca più volte, per i più navigati sembrerà spesso che si andrà a finire lì, ma fortunatamente Cleary cambia rotta, ci gioca ma non lo mette mai realmente in gioco. E di questo ringraziamo. Cioè che avrebbe permesso un facile colpo di scena sarebbe stato solo uno scadere nel già visto.

Veramente ispirato il cast, sopratutto il già citato Mahershala Ali che, in quella che forse è una delle sue prime prova da protagonista assoluto, meriterebbe senza dubbio una candidatura ai prossimi premi Oscar. Molto funzionali anche i comprimari, dalla sempre ottima Glenn Close, in un ruolo molto simile ad altri a cui ci ha abituato, ad Akwafina in un ruolo insolitamente drammatico. Menzione d’onore per Naomie Harris che si conferma un volto interessante sempre più presente nelle recenti produzioni.

Per finire non posso non menzionare l’ambientazione. Mamma Apple ci porta in un futuro studiato nei minimi particolari, e risulta subito evidente l’ingerenza della casa di Cupertino nella scelta dei design e delle tecnologie messe in scena. Non mi meraviglierei se nella mente degli sviluppatori della mela ci siano in questo momento molte delle idee viste in questo film e che addirittura qualcuna di queste non sia già in sviluppo. Unica pecca, una eccessiva asetticità, non c’è un foglio fuori posto, una penna caduta per terra e per un film che vuole concentrarsi sulle dinamiche familiari, veder muovere i protagonisti in ambienti così ordinati e perfetti come neanche nelle migliori riviste di moda non fa altro che creare una ulteriore barriera di finzione tra noi e loro.
Nel complesso, comunque, Il canto del cigno raggiunge il suo obiettivo e va sicuramente ad arricchire il listino di una piattaforma streaming che senza dubbio avrà molto da dire negli anni a venire. Una più che ottima opera prima con qualche difetto ma che sa farsi apprezzare e che non mi meraviglierei di vederla con più di qualche candidatura ai prossimi Oscar. Brava Apple!
⁃ Carlo Iarossi
Voto: 8/10