Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789
Presentato fuori concorso al “Torino Film Festival”, è approdato nelle sale italiane il primo lungometraggio di finzione, dopo alcuni documentari, di Simone Aleandri : “La notte più lunga dell’anno”.
Il film racconta quattro storie, senza che mai si intreccino fra loro, che si svolgono in questa notte infinita, in una Potenza spettrale e deserta. Faremo la conoscenza di un politico che decide di scappare perché scopre che stia per essere arrestato ; tre ragazzi nullafacenti che per sentirsi vivi, decidono di rubare un carro funebre e viaggiare senza una destinazione precisa ; un ragazzo che ha come amante la sua insegnante e che deve nascondersi dal marito che rientra in casa improvvisamente ; una ballerina di “lap dance”, di mezz’età, costretta ad esibirsi contro la sua volontà pur di campare, e provvedere al padre malato.
Potevano essere tutti incipit per dei film presi a sé e ampiamente sviluppabili, ma si sceglie di unire tutto insieme, senza capire mai dove si voglia andare a parare, senza riuscire a veicolare nessun messaggio, ma facendo percepire allo spettatore solo un senso di spaesamento costante e ridondanza di dinamiche e situazioni, che non rivitalizzino mai una sceneggiatura scostante, poco brillante e senza una vera costruzione efficace.
Si vorrebbe far presagire al pubblico la durata interminabile della notte più lunga dell’anno, solo che si scelgono storie dove il ritmo dovrebbe essere incalzante e lo scorrere inesorabile di esso marcato, se si pensa a cosa ci stiano raccontando : persone che scappano, ragazzi che si nascondono dai mariti delle amanti, altri che scorrazzano su auto rubate, fino a una donna che dovrebbe salvare le sorti del posto del lavoro, con il proprietario indebitato sempre più. Un contrasto quindi che non può far altro che disorientare e non farci capire il punto focale del racconto, che ancora non capisco quale sia.

Il cast è anche ben scelto, eppure ti rendi conto che manchino dei segmenti in scrittura capaci di far risplendere queste storie molto fredde e poco coinvolgenti. Tra assurdità continue, e poca voglia di creare un finale intelligente, ci ritroviamo a vedere una stazione di servizio, che dovrebbe servire come punto di ritrovo per qualsiasi personaggio del film, sul limbo della perdizione.
Non si comprende perché non ci si potesse soffermare su una storia tesa e coinvolgente che parlasse di un politico (innocenti, colpevole?) braccato dalla polizia che decida di darsi alla fuga, o di una donna costretta a esibirsi cadendo nelle grinfie di un malavitoso, per fare due esempi.
La narrazione prosegue lentamente e svogliatamente, con una scrittura incapace di far riflettere, o raccontare davvero la perdizione morale e psicologica dell’essere umano. Due storie sono sicuramente di troppo, e per di più la stazione di benzina, sinonimo di “Purgatorio” per le anime in pena dei nostri protagonisti, non riesce ad essere sensata all’interno del racconto, risultando più inutile che altro.
Dispiacere per attori come Ambra Angiolini, Massimo Popolizio, o Francesco Di Napoli, che han dimostrato di essere all’altezza, ma che qua vengono lasciati decisamente a briglia sciolta. La storia della cubista “Luce” (Angiolini) meritava un film tutto suo, vista la passione e l’impegno che ci mette l’attrice, lavorando molto bene sul personaggio, forse in una delle prove più coraggiose della sua carriera.

Uno “Zibaldone” incomprensibile e poco coerente di situazioni che si rincorrono in quella che dovrebbe essere la notte più lunga dell’anno, ma che si trasforma nella visione più infinita di sempre.
Un vero peccato, ma auguro il meglio ad Aleandri per il futuro.
Paolo Innocenti
4/10
Andrea Barone: |
Christian D’Avanzo: |
Carlo Iarossi: |
Andrea Boggione: 4 |
Paola Perri: |
Giovanni Urgnani: |
Alessio Minorenti: |