Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789
Marcel Barrena, alla sua seconda opera, decide di raccontare la storia vera della ONG “Open Arms” : un’organizzazione umanitaria, senza scopi di lucro, impegnata a soccorrere le persone in mare, in situazioni di emergenza, spesso in fuga da guerre, e conflitti.
Il film, dal nome omonimo, porta avanti un racconto di solidarietà e di altruismo, narrandoci il reale arrivo sull’isola di Lesbo, in Grecia, di due bagnini spagnoli : Òscar Camps (futuro fondatore dell’ente) e Gerard, collega e da poco diventato padre. Ciò che spinge i due a muoversi è la foto di un piccolo bambino siriano, ritrovato morto sulle rive del Mediterraneo.
I protagonisti, inizialmente pensando di restare giusto pochi giorni, si ritroveranno di fronte ad una situazione inimmaginabile, con sbarchi continui, migliaia di persone in cerca di aiuto, e una burocrazia che non aiuta, dove guardia costiera e polizia, di continuo, si rimbalzano le responsabilità senza fare niente, con sempre più corpi dispersi nelle acque.

Barrena, facendo subito capire da quale parte sia schierato, e senza mai andare incontro alla retorica, o al patetismo, ci illustra una situazione vera, disperata, e umanamente terribile.
Il contrasto tra la bellezza territoriale del luogo, con le famiglie in vacanza, e la povertà della povera gente che sbuca dalle acque su dei gommoni di fortuna, è forse una delle scene più iconiche, descrittive, e riflessive della pellicola.
Quanto è importante la solidarietà? L’aiutare il prossimo?
Òscar e Gerard verranno presto raggiunti da altri collaboratori, fra cui la figlia del primo, ed insieme tenteranno di fare la differenza, andando contro ad insulti, pregiudizi razziali, e situazioni di estremo pericolo.

L’autore riesce proprio a veicolare il messaggio dell’unione che fa la forza, in un contesto difficile, dove vieni guardato con diffidenza, e soprattutto dove puoi essere preso di mira, nella totale indifferenza generale. L’altro lato della Grecia è rappresentato da una donna di lì, proprietaria di un ristorante, pronta a mettersi in gioco, e ad aiutare i nostri due volontari, assieme ad un’infermiera, arrivata da quelle stesse acque, e alla continua ricerca della figlia scomparsa. Con cura per i particolari, ma anche attraverso scene cruente, si mostrano i fatti agghiaccianti che, ahimè, son realmente avvenuti, potendo riflettere sull’importanza della solidarietà, e magari allontanando quegli ignobili pensieri di pancia, che spesso si sentono dire, che ci distanziano da qualsiasi moralità umana ed etica.
Sul finale del film, si sceglie di giocare la carta dell’emotività, con una svolta narrativa non richiesta, ma che può comunque essere monito di speranza e di rivalsa, seppur possa non essere apprezzata.
Come ogni biopic che si rispetti, durante i titoli di coda, verranno mostrate foto reali dei personaggi conosciuti, e una descrizione approfondita di quella che tutt’oggi è una “ONG” che, dal 2015′, ha salvato circa 50.000 persone che rischiassero di morire affogate.

Il cinema come strumento di inchiesta e di denuncia che torna a graffiare. Non possiamo rimanere inermi dopo visioni del genere, ma soprattutto, non possiamo pensare che le cose cambino da sole, se non c’è la volontà da parte nostra di modificarle.
Siamo tutti essere umani, e questo film, per quanto banale possa essere il concetto, ce lo ricorda. Un bel prodotto, che non dovreste perdervi.
Paolo Innocenti
7.5/10