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“Rodman for Better or Worse”: la storia di una leggenda della NBA

Rodman for Better of Worse” non è il classico documentario, con questo film il pubblico si trova di fronte più ad un ritratto appassionato ed appassionante di uno dei giocatori più grandi della storia della Nba. Un racconto che porta lo spettatore a seguire il viaggio del piccolo Dennis, dalla sua tremenda timidezza alla sua disastrosa situazione familiare. Un percorso che lo ha portato, nonostante tutto, ad essere considerato da tutti come una leggenda. La mancanza inizialmente di una guida è stato uno scoglio da superare non indifferente, il rapporto spesso conflittuale con la madre non lo ha aiutato, il suo sentirsi sempre e costantemente diverso lo ha reso però l’uomo e il giocatore che da li a poco e poi diventato. Cresciuto a Dallas, Rodman era tutto fuorché un ragazzo con l’aspirazione o un futuro nel mondo della pallacanestro. Tutto cambia quando un’evidente crescita d’altezza si manifesta portando il giovane Dennis a raggiungere l’1,98. Successivamente dopo un breve passaggio all’università ed un altro breve periodo alla Southeastern Oklahoma State University, Rodman viene notato dalla Nba e più precisamente dai Detroit Pistons. La squadra del Michigan decide durante il Draft del 1986 di puntare su di lui. Quell’anno la squadra è capitanata dal grande Isiah Thomas ed era guidata dal leggendario coach Chuck Daly. Quest’ultimo si rivela fin da subito esser una figura paterna per il giovane Dennis, i due infatti stringono un rapporto speciale che porta il ragazzo a mostrare le sue incredibili capacità, soprattutto in difesa ed a rimbalzo. Quella a Detroit è la prima esperienza all’interno del mondo della pallacanestro professionistica della durata di sette anni, condita dai titoli del 1989 e del successivo 1990. In seguito dopo un biennio in Texas col la casacca dei San Antonio Spurs, viene scambiato e si ritrova alla corte di Michael Jordan e dei suoi Chicago Bulls, acerrimi rivali dei Pistons di Rodman. Nonostante i numerosi screzi ai tempi di Detroit, Dennis, grazie anche al coach Phil Jackson, riesce a dar vita con Jordan e Pippen ad uno dei terzetti di superstar più forte di sempre. Il risultato: 3 titoli Nba di fila, record di vittorie in regular season (battuto qualche anno fa dagli incredibili Golden State Warriors) portando la squadra dell’Illinois al quarto, quinto e sesto titolo (secondo three-peat del decennio). Dopodiché comincia nel giro di quasi un decina d’anni a girare un bel po’ di squadre. La sua carriera subisce un drastico declino quando la sua popolarità e la sua personalità così eccentrica prendono il sopravvento, arrivando nel 2006 al ritiro dal mondo della pallacanestro. 

“A Detroit, negli anni dei Bad Boys, ero più famoso di Isiah Thomas…” 

Cit. Dennis Rodman

Dennis Rodman lungo la sua carriera si è quindi aggiudicato un bel po’ di riconoscimenti. Ricapitolando si è portato a casa ben cinque Larry O’Brien Championship Trophy (il trofeo consegnato dalla Nba alla vittoria del campionato), per sette volte ha guidato la classifica dei rimbalzi e per ben due volte ha vinto il premio di difensore dell’anno. Inoltre è stato selezionato per otto volte all’interno dell’All-Defensive Team, due partecipazioni all’All Star Game e dal 2011 fa parte della Naismith Memorial Basketball Hall of Fame. Nonostante questo ricco palmares spesso non viene ricordato per quanto ha vinto o per i suoi successi, ma per il suo eccentrico modo di comportarsi dentro e fuori dal campo. Dopo il ritiro si continua comunque a parlare di questo particolare personaggio, la sua vita sregolata lo ha portato ad abbandonare la sua famiglia, sia quella con cui è cresciuto sia quella che ha messo su durante la sua carriera. Sicuramente l’episodio più famoso post ritiro resta l’incontro con il leader nordcoreano King Jong-un, con il quale ha stretto inaspettatamente una grande amicizia. Un incontro che ha generato non poche polemiche e che ha dimostrato ancora una volta la personalità di un uomo fuori dal comune, capace di prendere delle scelte seguendo solamente il suo istinto. Tutto si racchiude nelle migliaia di curiosità legate attorno a Rodman: dal soprannome “The Worm” per le movenze che utilizzava da ragazzo giocando con i flipper alla partecipazione al film “Double Team” per il quale si è conquistato ben tre Razzie Award, solo per citarne alcune.

“… a Chicago, nei Bulls imbattibili degli anni ’90, ero più amato di Michael Jordan.” 

Cit. Dennis Rodman

Rodman for Better of Worse” è lo specchio di un vero e proprio personaggio che ha fatto non solo la storia della Nba, ma della storia della pallacanestro. Per anni si è considerato ed è stato a tutti gli effetti un’icona. Un uomo, un atleta che faceva e fa tuttora dell’esagerazione la sua arma vincente. Espressione che però non ama accostare alla sua carriera e alla sua vita raccontata attraverso un meraviglioso documentario, della serie “30for30” edito da ESPN, trasmesso in Italia sul canale Sky Documentaries e disponibile nella sezione on demand. Si tratta di una sorta di indagine che tenta di analizzare ed osservare ogni singolo frammento ed ogni singolo attimo di uno dei cestisti più esplosivi e controversi che la Nba, la nota lega di pallacanestro americana, ha avuto l’onore di avere all’interno della propria scuderia di campioni. Un atleta che proprio qualche giorno fa durante All-Star Weekend 2022, tenutosi al Rocket Mortgage FieldHouse la casa dei Cleveland Cavaliers, è stato inserito nel team dei 75 migliori giocatori di sempre della storia della National Basketball Association. Un documentario incredibile a cui manca un vero lieto fine, ma che riserva un’infinita serie di colpi di scena, ma con Dennis Rodman non poteva che essere così. 

Voto: 8/10

– Andrea Boggione 

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